LITURGIA FUNEBRE PER DON GIOVANNI SOLA(chiesa parrocchiale di Marano Vicentino, 28 dicembre 2017)

       Mentre la nostra Chiesa diocesana si preparava a celebrare la solennità del Santo Natale, ci è giunta la dolorosa notizia della morte di don Giovanni Sola.
 
       Subito il mio pensiero è andato a quel sacerdote, ormai sazio di anni, sempre sorridente e brioso, che ho visitato più volte nella sua abitazione, vicina alla chiesa parrocchiale di Marano.
 
       Don Giovanni fu ordinato prete dal vescovo monsignor Carlo Zinato il 29 giugno 1946 e svolse il suo ministero pastorale come vicario cooperatore a Creazzo e, come parroco, a Lumignano e poi a Tremignon, per ben 24 anni. Dopo aver rinunciato all’ufficio di parroco, prestò il suo servizio sacerdotale come collaboratore pastorale qui a Marano, dove è morto sabato 23 dicembre scorso, mentre le nostre città, i nostri paesi e le nostre contrade erano già illuminate a festa. La Liturgia del Santo Natale — con i suoi riti, le sue preghiere, i suoi canti e le celebrazioni dei primi giorni della Novena — ha come “avvolto” e accompagnato questo nostro caro confratello all’incontro definitivo con Gesù, l’Emanuele, il Dio-con-noi.
 
       Ho scelto le letture della festa di San Giovanni Apostolo ed Evangelista, che abbiamo ascoltato ieri, in memoria del santo di cui don Giovanni porta il nome.
 
       La proclamazione della Prima Lettera di San Giovanni Apostolo ci accompagnerà per tutto il tempo di Natale fino al Battesimo di Gesù. La missione dell’Apostolo Giovanni è diventata, in un certo modo, la stessa missione di ogni battezzato e in modo speciale di ogni presbitero e di ogni vescovo: «Quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita… noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. E la nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo Gesù Cristo» (1Gv 1,1.3).
 
       Questa è stata la missione di don Giovanni, nei suoi lunghi anni di vita e di ministero. Ha predicato la Parola di Dio, ha celebrato i Sacramenti, in modo particolare l’Eucaristia, ha riconciliato molti uomini e donne con Dio, Padre misericordioso, ha testimoniato la carità di Cristo verso tante persone sole, povere, lasciate ai margini della società civile.
 
       La Lettura di oggi termina con queste parole: «Vi scriviamo queste cose, perché la vostra gioia sia piena» (1Gv 1,4). La gioia era una caratteristica, quasi innata, nel volto e nel ministero di don Giovanni. Ecco come lo descrive un papà della parrocchia di Marano: “stamattina ho saputo che è mancato don Giovanni, molto anziano ma sempre sorridente. Uno o due mesi fa, non ricordo con precisione, dopo aver accompagnato i figli a scuola sono passato vicino alla sua porta di casa ed essendo aperta l’ho salutato e lui, sempre con il sorriso, ha ricambiato augurandomi buona giornata e buon lavoro. Qui a Marano penso che molti porteranno nel cuore un bel ricordo di questo sacerdote anziano, che finché ha avuto la possibilità fisica è sempre stato disponibile nella confessione e nell’ascolto”.
 
       Il Vangelo secondo Giovanni che abbiamo ascoltato ci narra gli eventi della Pasqua di Gesù, a partire da quanto successe “il giorno dopo il sabato”, “il primo giorno della settimana”, quando Maria di Magdala, insieme ad altre donne, si recarono al sepolcro per visitare e onorare il corpo di Gesù.
       Le donne — sconvolte per aver trovato il sepolcro vuoto — corsero dagli Apostoli per informarli dell’accaduto con queste parole: «Hanno portato via il Signore del sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto» (Gv 20,2b).
 
       Nella corsa trafelata di Pietro e di Giovanni verso il sepolcro avvertiamo già l’alba di un nuovo evento, un evento che cambierà per sempre la Storia dell’umanità. Sarà proprio l’Apostolo Giovanni, dopo essere entrato nel sepolcro a seguito di Pietro, «osservando i teli posati là… e il sudario avvolto in un luogo a parte» (Gv 20,6-7) ad aprirsi alla fede nella resurrezione di Gesù: «vide e credette» (Gv 20,8b).
 
       La fede in Cristo, morto e risorto, ha sostenuto e ha dato senso a tutta la vita e al ministero pastorale di don Giovanni. Un suo confratello prete lo ricorda come un uomo di comunione, intraprendente, totalmente dedito ai parrocchiani nella celebrazione dei Sacramenti e nelle opere necessarie per promuovere la crescita umana e cristiana della comunità.
       Don Giovanni ha celebrato l’Eucaristia ogni giorno per oltre settant’anni, finché le forze glielo hanno consentito. Ora l’Eucaristia — che ha trasformato la sua vita immagine di quella di Cristo — è fiorita nell’Eternità, come ci ha detto Gesù: «Chi mangia di questo pane vivrà in eterno».
 
       Carissimi, stiamo celebrando proprio l’Eucarestia, e crediamo che la morte e la risurrezione di Gesù Cristo sia attiva e operante nella morte di questo nostro confratello. E se tra poco consegneremo il suo corpo alla terra, noi crediamo e professiamo con fede che anch’esso un giorno risorgerà.
       Il cero — acceso accanto alla bara — è simbolo di Cristo risorto, la luce del mattino che sconfigge le tenebre e introduce i figli di Dio nel Giorno senza tramonto. La Chiesa, poi, onora con l’acqua, segno battesimale, e profuma d’incenso i corpi dei suoi figli morti perché crede che un giorno anche i nostri corpi risorgeranno a vita nuova ed eterna.
 
       Sia pace a don Giovanni! Noi ora lo affidiamo alle mani buone e misericordiose di Dio, nostro Padre. Lo affidiamo alla Santa Madre di Gesù, la nostra Madonna di Monte Berico, la dolcissima creatura che non abbandona mai i suoi figli che si sono affidati alla sua intercessione. Preghiamo per lui e con lui, perché il Signore benedica la nostra Chiesa di Vicenza con la grazia di numerose e sante vocazioni al Sacramento del Matrimonio, alla Vita Consacrata e al Ministero Ordinato. Amen.

† Beniamino Pizziol
Vescovo di Vicenza