LITURGIA FUNEBRE PER DON GUIDO PETRIN(chiesa parrocchiale di Belvedere di Tezze sul Brenta, 27 marzo 2017)

       Don Guido ha concluso la sua esistenza terrena dopo aver sperimentato una grave malattia, fino al punto di perdere l’uso della parola e di non riuscire a riconoscere le persone a lui care, che lo hanno assistito con premura e affetto. Sin dai primi sintomi ha affrontato tutto in modo sereno e dignitoso, da vero credente, sempre nella fiducia e nel silenzio, con il sorriso sulle labbra e la pace nel cuore.
 
       Don Guido Petrin fu ordinato prete dal vescovo Carlo Zinato il 29 giugno 1951 e svolse il suo ministero pastorale come vicario cooperatore a Tremignon, Arsiero e come parroco a Pedemonte, Cartigliano e Marsan. Nel 2006 venne nominato cappellano della casa di riposo “Giovanni Botton” di Carmignano di Brenta.
 
       La pagina del Vangelo che abbiamo proclamato si apre con un meraviglioso inno di lode che Gesù rivolge al Padre perché ha manifestato ai piccoli il regno dei cieli: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli» (Mt 11,25). I piccoli sono gli umili di cuore, quelli che sono aperti all’ascolto della Parola di Gesù senza arroganza e senza preclusioni. Tra questi piccoli possiamo annoverare anche il nostro fratello sacerdote Don Guido.
       Egli, nel suo servizio sacerdotale, è stato un pastore buono, semplice e dimesso, senza enfasi, con naturalezza. Si è posto accanto alle comunità e alle singole persone con carità discreta e amorevole, con saggezza ed equilibrio, ascoltando e incoraggiando, dicendo parole semplici.
 
       Gesù nel Vangelo che abbiamo letto, al rendimento di grazie fa seguire un’affermazione straordinaria, che esprime con parole di grande consolazione: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita» (Mt 11,28-29).
       Gesù — nella sua vita e con il suo insegnamento — ha annunciato la verità con sentimenti di compassione e di misericordia verso gli uomini, si è mostrato mite e umile di cuore, senza imporre loro pesi insopportabili. Egli è un maestro capace di dare conforto e pace a quanti si sentono stanchi oppressi dal peso delle sofferenze e delle fatiche della vita.
       Don Guido ha cercato, nel suo ministero pastorale, di imitare Cristo “mite e umile di cuore”. Egli entrava volentieri nelle case e nelle famiglie, si metteva ad ascoltare e capire mettendo da parte le convenienze formali, esteriori. Offriva la sua umanità semplice al dialogo e all’accoglienza delle persone. È stato veramente un segno limpido ed eloquente del pellegrino del Vangelo.
 
       La morte di una persona cara, anche quando sopraggiunge in età avanzata, crea sempre un profondo turbamento, pone delle domande radicali sul senso del vivere, del soffrire e del morire.
       Il brano tratto dalla Seconda Lettera ai Corinzi, ci parla dell’Apostolo Paolo, che dopo anni di fatiche e sofferenze, sopportate per amore di Cristo, comincia anche a sentire le proprie forze venir meno, e ci offre una commovente riflessione sulla sua situazione interiore.
       Egli dichiara: “non mi scoraggio anche se mi rendo conto che il mio corpo si fa disfacendo”. All’indebolimento fisico, verifico ogni giorno la crescita in me dell’uomo nuovo destinato a rimanere per sempre, e contrappone alla tribolazione presente, che è leggera e momentanea, la gloria futura che invece è eterna e smisurata.
Da questa constatazione deriva l’invito a distogliere lo sguardo dalle cose visibili e a fissarlo su quelle invisibili che sono eterne. Alla fine l’Apostolo proclama la sua gioiosa certezza: quando verrà disfatto questo corpo, ne riceveremo uno nei cieli, non costruito da mani d’uomo.
 
       Anche Don Guido ha attraversato la prova della sofferenza fisica e spirituale, con fede e cristiana sopportazione.
Tre anni fa la morte del fratello Camilliano, fratel Giovanni, che seguiva da vicino i malati e i lebbrosi nell’isola di Formosa, ha segnato profondamente la sua vita. Da qui ha avuto inizio anche l’aggravarsi della sua malattia. Un giorno sapremo quanto ha sofferto interiormente per l’incapacità di esprimersi, fosse pure con qualche parola, in questi ultimi tempi.
 
       Don Guido è stato un prete dal cuore limpido e trasparente, sapeva soprattutto ascoltare, guardare con gli occhi di un bambino che sa stupirsi e sa addolcire gli altri con il suo sorriso. A imitazione di Cristo buon pastore si dedicò in modo particolare a due ministeri: quello della Riconciliazione e  quello della Carità verso i malati, gli anziani, non solo della casa di riposo ma dell’intera comunità.
 
       Prima di congedarci da lui, consegnando il suo corpo alla sepoltura, nella ferma speranza che risorgerà alla fine dei tempi, desidero leggere alcuni passaggi del suo testamento spirituale.
       «Finché il Signore mi darà salute, cercherò di dire sì alle richieste di servizio per il bene delle anime. Ho conservato la fede dei miei genitori, specialmente della mamma, che spero di incontrare in paradiso. Il Signore mi aiuti ad aumentare la mia fede. Accetto, o Signore, con rassegnazione la malattia e la morte, come, quando e dove tu vorrai, perché tu Signore, mi vuoi bene. Aiutami a prepararmi bene all’incontro con te. Ringrazio tutte le persone che mi hanno voluto bene. Ringrazio la sorella Livia che è stata tanti anni con me, la ringrazio per il bene che mi ha voluto. Chiedo perdono alle persone che posso aver offeso e disgustato».
 
       Affidiamo ora Don Guido all’intercessione della Vergine Maria, la nostra Madonna di Monte Berico. Lo affidiamo ai Santi e Beati della nostra Chiesa diocesana, perché gli vadano incontro e lo conducano a Dio, Padre buono e misericordioso, e tutti insieme chiediamo al Signore la grazia di sante vocazioni al Sacramento del Matrimonio, alla Vita Consacrata e al Ministero Sacerdotale. Amen.
 

† Beniamino Pizziol
Vescovo di Vicenza