LITURGIA FUNEBRE PER DON LUIGI FACCIN(chiesa parrocchiale di Castelgomberto, 2 maggio 2018)

 
         Nell’anno 2002, don Luigi — con la sagacia che lo caratterizzava — scrisse nel suo testamento spirituale: “Carissimo e sempre amato buon Gesù, ti chiedo un grosso favore, quando mi chiamerai a ritornare e a vivere per sempre, in eterno nella casa del Padre tuo e mio, dammi prima un cenno, una telefonata (magari col cellulare) a qualsiasi ora del giorno e della notte, perché possa venirti incontro pregandoti, cantando le stesse preghiere con cui ti ho lodato e pregato fin da bambino”.
Non sappiamo se il Signore Gesù gli abbia concesso questa grazia, perché è stato trovato morto nella sua stanza, in modo imprevisto, a Casa San Rocco, il mattino di venerdì scorso.
 
         Don Luigi fu ordinato prete dal vescovo Carlo Zinato il 22 giugno 1958 e svolse il suo ministero pastorale come vicario cooperatore a San Pietro in Schio, a Santa Maria in Colle di Bassano del Grappa e a Ognissanti di Arzignano. Poi fu parroco a Tonezza del Cimone, ad Alte Ceccato, a Castelgomberto e Valli di Castelgomberto, e infine fu collaboratore pastorale dell’Unità Pastorale di Creazzo.
 
         Nel suo testamento spirituale ci ha lasciato tre lettere, scritte a mano e indirizzate Gesù, dove fa riferimento proprio alle letture che abbiamo ascoltato.
 
         Il Vangelo secondo Giovanni ci riporta il dialogo tra Gesù Risorto e l’apostolo Pietro. Così scrive don Luigi: “È dal 1946, quand’ero ancora chierichetto, che continuo a domandarmi — come ha chiesto Gesù a San Pietro — «mi ami più di costoro?». E ti ho sempre detto di sì, a parole e con tanta sincerità ed entusiasmo, come ha fatto l’apostolo Pietro, ma è facile a parole dire di sì, poi nella pratica mi trovo sempre come San Pietro, incontrarmi con il suo sguardo amoroso e giù a piangere, e tu a sgridarmi e a incoraggiarmi, ad avere pazienza con i miei difetti, che sono ancora tanti. Eppure mi dici spesso: «tu non puoi amare me come Io amo te». È già tanto che tu mi segua da lontano, ma sono io che ti riduco la distanza perché ti amo da Dio». Signore Gesù, non ho più paura di te perché nel tuo quotidiano perdono ho scoperto quanto grande è il tuo amore per me e per tutti”.
 
         Durante un incontro fraterno, don Luigi — raccontandomi della storia della sua vocazione e del suo ministero — mi aveva parlato di un momento critico della sua vita, quando nel 1994 fu colpito da un infarto nel campo da calcio. Eppure ha saputo leggere anche questo evento doloroso alla luce della fede, con il sorriso sulle labbra e la pace nel cuore, fisicamente compromesso.
Scrive sempre in una sua lettera: “Caro Gesù, che cosa mi stai combinando? Mi hai già chiesto 22 giorni di riposo all’ospedale di Montecchio Maggiore e sono in partenza per quello di Cittadella. Non ero abituato ad affrontare ferie così impegnative! Ad ogni modo, sono stato e sono tentato di reagire nei tuoi confronti, ma è solo una tentazione ben superata con la tua grazia”.
 
         Ecco la testimonianza di un confratello sacerdote che lo ha conosciuto: “Don Luigi  è stato un parroco profondamente  e convintamente immerso nel suo ministero, mediante una saggezza popolare ereditata da una famiglia numerosa. Aveva sempre la battuta pronta, umoristica, sagace. Era vicino alle famiglie, ai malati e agli anziani. Ha amato, in modo speciale, la Scuola paritaria dell’Infanzia ‘Don Giovanni Busato’ che è stata per lui, forse, la casa più amata. Curò con gusto e senso della bellezza le strutture necessarie alla vita della comunità: la chiesa, l’oratorio, la scuola dell’Infanzia, il cinema”.
 
         Il brano tratto dal Libro dell’Apocalisse che abbiamo proclamato come Prima Lettura ci descrive una liturgia celeste.
La lode parte dall’alto e scende fino alle profondità della terra e del mare: «Una miriade di miriadi di angeli canta a gran voce: “l’Agnello, che è stato immolato, è degno di ricevere potenza e ricchezza, sapienza e forza, onore, gloria e benedizione”» (Ap 5,12). L’Amen conclusivo associa il popolo, radunato nella lode, e si prolunga nell’atto di adorazione da parte degli anziani, che rappresentano il popolo: «E i quattro esseri viventi dicevano: “amen”. E gli anziani si prostrarono in adorazione» (Ap 5,14).
 
         Don Luigi era un sacerdote dotato di una bella voce ed era appassionato del canto liturgico. Così scrive in una sua lettera a Gesù: “Ti ringrazio soprattutto per il dono della voce, con la quale ho cominciato a lodarti cantando con gioia e tanto gusto fin dalla Scuola materna. Sono 66 anni che canto il tuo amore, l’amore di Maria, tua e mia madre”.
         Don Luigi — ne danno buona testimonianza le monache Clarisse dell’Immacolata di Creazzo — ha continuato a cantare con questo spirito durante liturgie celebrate presso il loro monastero. Le monache, che ho incontrati ieri, mi hanno espresso il loro il ringraziamento e il loro cordoglio.  Scrive: “Fino a quando, Signore, potrò lodarti e cantarti ancora su questa terra per poi continuare in eterno, lassù in paradiso, con la schola cantorum dei tuoi angeli e dei tuoi santi? Il canto liturgico mi ha sempre sostenuto nelle prove della vita e mi ha dato le più grandi soddisfazioni”.
 
         Carissimi, don Luigi ci ha insegnato che la vita viene da Dio, è il suo più grande dono, la vita è sempre grazia e per questo va offerta a Dio nella preghiera e spesa come dono d’amore per i fratelli.
         La vita ha senso se segnata dalla lode di Dio, e dall’amore al prossimo. Se viviamo così, servendo Dio e i fratelli, anche la nostra morte diventa un passaggio da questo mondo al Padre. È una Pasqua: e la Pasqua è un mistero di morte, ma è sempre anche grazia di Risurrezione. Con questa consapevolezza di fede è vissuto ed è morto don Luigi.
 
         Tra poco noi porteremo il corpo mortale di questo nostro fratello al sepolcro, sapendo che quella non sarà la sua stabile dimora: anche il suo corpo, infatti, risorgerà nell’ultimo giorno, chiamato dalla voce del Signore Risorto che trasformerà il nostro corpo mortale a immagine del suo corpo glorioso. Che la Vergine Santa, i Santi e i Beati della nostra Chiesa lo accolgano e lo accompagnino all’incontro pieno e definitivo con Dio, Padre buono e misericordioso.
 
         Desidero concludere questa omelia ancora una volta con le parole di don Luigi rivolte a Gesù. “Ciao e grazie per tutte le gioie sacerdotali che mi hai donato in tutti questi anni, al cui confronto le sofferenze e le croci sono niente. Se i nostri giovani sapessero quanto è bello e gratificante seguirti, dopo una tua particolare chiamata, non saremmo qui a soffrire per la mancanza di sacerdoti! Spero che tanti giovani abbiano la gioia di capirlo”.
         Preghiamo per lui e con lui affinché il Signore doni alla nostra diocesi numerose e sante vocazioni al Sacramento del Matrimonio, alla Vita Consacrata e al Ministero Ordinato. Amen.

† Beniamino Pizziol
Vescovo di Vicenza