LITURGIA FUNEBRE PER DON LUIGINO PERETTI(Chiesa parrocchiale di Arcole, 14 febbraio 2015)

Questa mattina siamo qui – addolorati ma anche pieni di speranza – per consegnare a Dio, Padre buono e misericordioso, il nostro fratello sacerdote don Luigino Peretti.
Ordinato sacerdote dal vescovo monsignor Arnoldo Onisto, all’età di 36 anni, dopo un intenso periodo di esperienza lavorativa, fu assegnato come vicario parrocchiale a Lonigo e, quindi, nominato parroco di Pedemonte e Casotto, poi a Roncà e, infine, ad Arcole per 7 anni. Dopo una dolorosa malattia, affrontata con il coraggio e la speranza che nascono dalla fede, ha terminato il suo pellegrinaggio terreno martedì 11 febbraio presso l’Ospedale di San Bonifacio, nel giorno in cui la Chiesa celebrava la Giornata Mondiale del Malato.

Mi piace contemplare nella luce pasquale la morte di don Luigino, che più volte ho incontrato e sentito per telefono, soprattutto in questi ultimi mesi. Era sempre fiducioso di riprendere il suo ministero, autentico uomo di fede, pastore buono del gregge che il Signore gli aveva affidato. Possiamo applicare anche a don Luigino le parole di Giobbe che abbiamo ascoltato nella prima lettura.

Queste parole danno voce alla sofferenza di ogni persona, in ogni luogo e in ogni tempo. Giobbe ricorda gli anni della sua giovinezza, quando godeva di buona salute, era un uomo di una certa autorità e aveva un posto di riguardo tra gli anziani della città. La sua statura morale si manifestava nel servizio al povero, nel prendersi cura dell’orfano e della vedova: «Padre ero per i poveri, al cuore della vedova infondevo gioia. Ero gli occhi per il cieco, ero i piedi per lo zoppo» (Gb 29,15).
Nel corso del suo ministero pastorale, don Luigino si è dedicato con grande generosità a servizio degli ammalati, dei piccoli, delle persone indigenti, con una attenzione speciale al mondo del lavoro e alla realtà sociale, di cui aveva fatto parte, prima dell’ordinazione, come operaio e rappresentante sindacale.
Il tempo passato accanto al malato, a chi è solo, a chi è povero e indigente è un “tempo santo”, che ci conforma sempre più alla persona di Cristo, «che non è venuto per essere servito ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Mt 20,28). Gesù dice di se stesso: «Io sto in mezzo a voi come colui che serve» (Lc 20,27). Questo era il modo di essere di don Luigino e questa è anche la vocazione di ogni cristiano.

Nel Vangelo abbiamo letto un brano dell’episodio della risurrezione di Lazzaro. L’evento fu davvero sconvolgente: dare la vita a un morto significa decretare la vittoria sul nemico ultimo dell’uomo: la morte (cfr 1Cor 15,26).
È vero che Lazzaro morirà ancora, ma il suo ritorno alla vita indica che la morte non è più padrona dell’uomo ed è segno della Risurrezione, in quanto comunione piena e definitiva con Dio Padre, Signore della vita.
La risurrezione significa accogliere la parola di Gesù e credere in Lui: Gesù è la Risurrezione e la vita di coloro che credono in Lui: «Chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita» (Gv 5,24).

Molti giudei erano venuti da Maria e Marta, le sorelle di Lazzaro, per consolarle. La solidarietà nel lutto è principio di “umanità”, ognuno si riconosce partecipe del destino dell’altro, si sente vicino ai familiari e agli amici di colui che è morto, come stiamo facendo oggi anche noi. La notizia della venuta di Gesù a Betania fa uscire Marta dal villaggio per andare incontro al Signore che viene. Marta si aspetta un miracolo, sa che Gesù – se fosse stato lì – avrebbe guarito suo fratello, ma sa che egli è in grado di farlo tornare in vita, perché Gesù può ottenere tutto dal Padre suo. Ma la risposta di Gesù si pone a un livello ancor più alto del desiderio di Marta.
Ciò che ha chiesto le sarà concesso, ma la fede in Gesù non ci salva dalla morte, ma ci salva nella morte, e ci dà fin da qui e ora il dono della vita eterna: «Chi ascolta la sua parola è già passato dalla morte alla vita» (Gv 5,24).

Credere in Gesù è già vivere oltre la morte: si muore fisicamente, ma si vivrà in lui perché egli è «la risurrezione e la vita, chi crede in lui, anche se muore, vivrà» (Gv 11,26).
Marta, come del resto ognuno di noi, deve passare da una fede nel potere miracolistico di Gesù a quella fede che consiste nell’incontro personale con il Signore, mediante la sua parola e mediante l’amore verso i fratelli.

Don Luigino aveva ereditato questa fede dalla sua famiglia e dalla sua comunità e – poi – l’ha vissuta e trasmessa nel ministero sacerdotale. Mi ha molto colpito la riservatezza con cui ha affrontato la sua malattia, evitando di sentirsi al centro dell’attenzione, manifestando, invece, la voglia di vivere nella speranza di superare questo momento di dura prova.
Don Luigino per 27 anni ha predicato la Parola di Dio, ha celebrato l’Eucaristia, ha distribuito il perdono e la misericordia, si è fatto guida buona dei fratelli, aiutandoli a camminare e a crescere nella fedeltà del Vangelo. La stessa sofferenza e la morte, accettate e vissute nella fede pasquale, nel prete, in forza della sua unione con Cristo, Buon Pastore che dà la vita per i fratelli, assumono un valore singolare per gli altri, come fu della sofferenza e della morte di Cristo.

Consegniamo don Luigino all’infinita misericordia di Dio. Ogni persona che muore nel Signore viene accolta nella comunione dei Santi. In questo momento noi invochiamo al Santa Madre di Gesù, la Madonna di Monteberico, i Santi e i Beati della nostra Chiesa, perché gli vadano incontro e lo introducano nella casa del Padre, dove Gesù ci ha preparato un posto.

E tu, don Luigino, ricordati di noi, intercedi per la nostra diocesi, affinché il Signore le dia la grazia di numerose e sante vocazioni al Sacerdozio, alla Vita Consacrata e al Sacramento del Matrimonio.

Desidero concludere con le stesse parole di don Luigino, tratte dal suo testamento spirituale di un anno fa: “Ringrazio Dio, unico e sommo bene, di avermi chiamato al sacerdozio e di avermi accompagnato in ogni giorno della mia vita e di avermi posto accanto persone che mi hanno voluto bene. A Lui onore e gloria nei secoli dei secoli. Amen!”.

 

† Beniamino Pizziol
Vescovo di Vicenza