LITURGIA FUNEBRE PER DON OTTORINO VOLPATO(Chiesa parrocchiale di Almisano, 18 agosto 2015)

Alla vigilia della solennità dell’Assunzione della Beata Verine Maria, il Signore ha chiamato a Sé don Ottorino Volpato. Vogliamo oggi ricordare il suo lungo ministero sacerdotale, svolto con generosità e mitezza come vicario parrocchiale a Recoaro, come rettore, prima, e come parroco, poi, a Parlati e quindi parroco a Sant’Anna di Rosà, a Roveredo di Guà e, infine, a Monticello di Lonigo.
Ha trascorso l’ultimo periodo della sua vita presso la Casa Novello di Vicenza, per 13 anni, vivendo la malattia in serenità e pazienza, con grande spirito di fede e di fiducioso abbandono a Dio.

Don Ottorino è stato un prete umile e mite, zelante nel suo ministero, ha avuto cura delle vocazioni al presbiterato. I fedeli delle parrocchie, in cui ha svolto il ministero pastorale, lo hanno amato e sostenuto proprio per questa sua semplicità e bontà. Egli può essere annoverato tra i piccoli di cui ci parla Gesù nella pagina del Vangelo che abbiamo ascoltato.

Gesù ringrazia il Padre perché la sua missione, rifiutata dai sapienti e dagli intelligenti è stata accolta dai piccoli, dai semplici. E dopo essersi presentato come l’unica via per una conoscenza piena del Padre – “nessuno conosce il Padre se non il Figlio” (Mt 11,27) – Gesù invita ciascuno di noi alla sua scuola e, precisamente, alla scuola del suo cuore mite e umile.
L’umiltà e la mitezza di Gesù riguardano innanzitutto la sua relazione filiale nei confronti del Padre, per cui egli agisce non in base a un proprio progetto, ma nella totale obbedienza al Padre, obbedienza non subita, ma vissuta come un figlio, che ama e ascolta il Padre.

Don Ottorino è stato fedele alla promessa di obbedienza riposta nelle mani del Vescovo Carlo Zinato nel giorno della sua ordinazione presbiterale, avvenuta il 27 giugno 1948 e rinnovata ai vescovi che si sono succeduti nel corso dei suoi 67 anni di sacerdozio.
Ha sempre accettato di servire piccole parrocchie, annunciando il Vangelo, celebrando i Sacramenti, testimoniando l’Amore di Dio verso i fratelli e le sorelle che il Signore ha posto nel suo cammino. Possiamo scorgere un segno di questa genuina semplicità e sincera riconoscenza in alcuni passaggi del suo testamento spirituale, soprattutto quando ricorda la famiglia.

«Nel nome della Santissima Trinità intendo ringraziare i miei genitori per avermi dato la vita, avermi educato con tanto amore alla fede in Dio. Ricordo i sacrifici da loro sostenuti. Ringrazio il Signore per il dono della vocazione al sacerdozio, e ringrazio la mia famiglia e tutte le persone che mi hanno aiutato a sostenere la retta del Seminario. Domando perdono a Dio per le tante mancanze compiute nel mio ministero».

La morte di una persona, anche se giunge ad una età avanzata genera sempre una ferita e suscita una salutare inquietudine su coloro che continuano a vivere. Anche noi, spesso, abbiamo gli stessi sentimenti dei cristiani della comunità di Corinto, di cui ci parla la prima lettura.
In quella comunità vi erano alcuni molto scettici circa la risurrezione, altri negavano la risurrezione dei morti, altri ancora pensavano più ad una immortalità dell’anima.
Mediante la contrapposizione tra Adamo e Cristo, l’ apostolo Paolo afferma che, come è inevitabile la morte per tutti gli esseri umani, così sarà altrettanto sicura la risurrezione per quelli che sono di Cristo.
Paolo offre in sequenza gli eventi che precedono la fine della Storia: prima le risurrezione di Cristo, “primizia di coloro che sono morti”, poi nella sua venuta finale la risurrezione di coloro che sono di Cristo, che credono in Lui e vivono secondo lo Spirito, l’ultimo nemico ad essere annientato sarà la Morte. L’Apostolo non si limita all’immortalità dell’anima, ma parla della risurrezione dei corpi.
La risurrezione di Cristo fonda la speranza del cristiano: Cristo risorto è la nostra speranza, la primizia della nuova umanità dei credenti. La nostra morte non è una caduta nel nulla, ma il passaggio verso la pienezza insieme con Cristo. Annunziare la risurrezione, allora, non è solo annunciare un’altra vita, ma mostrare che questa nostra vita può diventare ancora più intensa e che tutte le situazioni di morte che attraversiamo possono trasformarsi in risurrezione.
Siamo chiamati a diventare uomini e donne di risurrezione, testimoniando con la vita e l’impegno di ogni giorno – nelle nostre famiglie, nelle nostre comunità ecclesiali e civili – che questo mondo è destinato ad essere progressivamente trasfigurato dall’evento della morte e risurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo.

Questa fede nella risurrezione è espressa, sempre con uno stile semplice, da don Ottorino attraverso le parole del suo testamento spirituale: «Spero di ritrovarci tutti un giorno nella casa del Padre per l’eternità».

Noi, ora, lo affidiamo a Gesù, il Crocifisso per amore, risuscitato dal Padre. Lo affidiamo alla Santissima Madre di Gesù, la nostra Madonna di Monte Berico. Lo affidiamo a tutti i Santi e Beati della nostra Chiesa, perché gli vengano incontro festosi per accompagnarlo davanti a Dio, ricco di bontà e di misericordia.

E tu, don Ottorino, ricordati di noi, ricordati della nostra Chiesa vicentina, affinché il Signore la benedica con la grazia di numerose e sante vocazioni alla vita consacrata, al ministero ordinato e al Sacramento del Matrimonio. Amen.
 

† Beniamino Pizziol
Vescovo di Vicenza