LITURGIA FUNEBRE PER DON PIERANGELO RIGON(Sandrigo, chiesa parrocchiale, 19 febbraio 2016)

Don Pierangelo era consapevole del suo cagionevole stato di salute, proprio per questo teneva in grande considerazione le parole del Vangelo: «Sint lumbi vestri praecincti, et lucernae ardentes in manibus vestris», Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese (Lc 12,35).
       Alla fine del funerale di monsignor Venanzio, celebrato in questa stessa chiesa, aveva confidato un suo confratello sacerdote: “il prossimo a morire, in questo modo, sarò io”. E così è avvenuto.
      
       Don Pierangelo Rigon è stato ordinato presbitero il 9 aprile del 1983 dal vescovo Monsignor Arnoldo Onisto. Ha compiuto gli studi in Sacra Liturgia presso l’Università Pontificia Sant’Anselmo a Roma, conseguendo la licenza e in seguito il dottorato. Fu segretario dell’Ufficio Liturgico della diocesi e per molti anni insegnante di Religione Cattolica nelle scuole pubbliche. Esercitò il ministero come vicario parrocchiale a Povolaro e, infine, come amministratore parrocchiale ad Ancignano e collaboratore dell’Unità Pastorale di Sandrigo.
 
       Porto nel cuore l’ultimo incontro avuto con lui e la piccola comunità che celebra nella liturgia secondo l’antico rito romano. Mi ha rivolto parole cordiali e affettuose – anche a nome dei presenti – e poi abbiamo visitato insieme un ammalato nella sua casa. Conservo un consistente materiale, costituito dagli appunti dei frequenti incontri che ho avuto con lui, delle lettere ricevute, dei numeri del foglio settimanale Placeat. Emerge la figura di un prete intelligente, un po’ timido, molto devoto, rispettoso verso la persona del Vescovo, amante della forma liturgica tradizionale.
 
       Il Signore ha chiamato a sé questo nostro sacerdote mentre, insieme a tutta la Chiesa, stava compiendo il cammino della Quaresima, segno sacramentale di conversione. Per questo desidero comprendere la sua vicenda umana e sacerdotale alla luce della Parola di Dio che ascolteremo Domenica prossima nella Seconda Domenica di Quaresima, la Domenica della Trasfigurazione.
 
       Paolo, nella lettera ai Filippesi, ci esorta a levare in alto lo sguardo della fede: non è la terra la nostra patria, ma il cielo, dove dimora Dio, nostro Padre, di là attendiamo la venuta gloriosa del Salvatore. La stessa Parola del Signore ci fa tenere lo sguardo rivolto alla mèta dell’umano pellegrinare: la nostra vera patria è nei cieli, ad essa dobbiamo protendere il cuore e dirigere decisamente i passi del cammino, fatto di scelte quotidiane. Ogni giorno il Signore ci conduce fuori dalle nostre false sicurezze, in cui cerchiamo invano tranquillità e appagamento. Cristo viene ad aprirci la strada e ce ne fa intravedere il compimento nel suo volto trasfigurato nella preghiera.
       Il colloquio orante di Gesù con il Padre, Lo trasfigura, il suo aspetto diviene “altro”, il suo fulgore lo fa conoscere come il Figlio dell’Uomo profetizzato e atteso. L’Apostolo Paolo ci dice, nella lettera ai Filippesi, che Gesù Cristo «trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso» (Fil 3,21).
       Resi figli di Dio nel Sangue del Figlio diletto, giorno dopo giorno saremo trasfigurati, ascoltando la sua Parola, obbedendo alla sua voce, raccogliendoci in preghiera per essere in comunione vitale con lui. Nella sua luce vedremo La Luce, affidandoci con cuore semplice alla sua guida. Egli solo conosce la via che condurrà alla Vita e non ci lascerà venir meno nel cammino, fino a che, di esodo in esodo, giungeremo alla Gerusalemme eterna, patria di ogni uomo e di ogni donna, e saremo ammessi, per grazia, alla comunione dell’amore trinitario.
 
       La morte di don Pierangelo, e poco prima di don Venanzio, avvenute in modo così inatteso e imprevisto, ci hanno profondamente turbato come comunità diocesana e hanno turbato in particolare le comunità dell’Unità Pastorale di Sandrigo, Ancignano e Lupia. Siamo tutti chiamati, ragazzi, giovani e adulti a interrogarci su cosa il Signore intenda dirci attraverso questi eventi, certo dolorosi, ma sempre segni dell’amore di Dio per la sua Chiesa.
       Cerco una risposta a questo nostro turbamento attraverso alcune sapienti riflessioni che ho trovato in un numero del foglietto settimanale Placeat, in occasione della Commemorazione dei fedeli defunti.
 
       La certezza della morte deve farci riflettere, affinché possiamo essere pronti all’incontro con essa senza alcuna paura. E ricordiamo che la morte può arrivare senza alcun preannuncio, improvvisamente. Il pensiero di trovarci soli, faccia a faccia con la morte, può produrre disagio e paura mentre si è in vita. Eppure per i cristiani non dovrebbe essere così. La vita è un cammino che comporta il passaggio da una condizione all’altra, si passa dall’infanzia alla fanciullezza, dalla fanciullezza alla giovinezza, alla maturità, alla vecchiaia e dalla vecchiaia all’eternità, attraverso la morte. Per questo, vista alla luce della fede in Dio, la morte diventa o dovrebbe diventare, un sereno incontro, il contemporaneo chiudersi e aprirsi di una porta, laddove si incontrano la terra e il cielo. Del resto il pensiero della morte ritorna ogni volta che ci rivolgiamo a Maria, la madre di Gesù, con la preghiera del Rosario: “Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi, adesso e nell’ora della nostra morte”.   
       Il richiamo alla realtà della nostra morte ci invita, pure, a dare importanza alle cose essenziali, ai valori perenni e universali che elevano lo spirito e resistono al tempo: «Accumulate invece per voi tesori in cielo, dove né tarma né ruggine consumano» (Mt 6,20) consiglia Gesù ai suoi discepoli. Se tutto passa, l’amore di Dio resta. La certezza della morte deve farci riflettere affinché possiamo essere pronti all’incontro con essa senza alcuna paura.
 
         Tra poco il corpo di don Pierangelo verrà consegnato al sepolcro, un corpo che ha sofferto ma che è destinato alla Risurrezione; il corpo di un credente che è stato fin dal Battesimo tempio e casa dello Spirito Santo e il suo strumento nell’operare il bene: per questo aspergeremo il suo corpo con l’acqua del Battesimo e avvolgeremo la sua bara con l’incenso.
 
         O Maria, Santa Madre di Gesù, accogli nelle tue braccia questo nostro confratello sacerdote e conservalo nella speranza della Risurrezione. Tu che sei rimasta sola, consola e sostieni la mamma, il papà e la sorella di don Pierangelo; Madre Santa di Gesù, consola questa Chiesa che soffre per la morte di un altro suo figlio, intercedi presso tuo Figlio perché ci doni santi sacerdoti, uomini pieni di luce interiore, ministri di riconciliazione, di perdono, consacrati che siano segno di gioia e di gratuità nel dono totale della propria vita, famiglie capaci – con la tua grazia – di dare testimonianza di un amore fedele, duraturo, aperto alla vita, e solidali con i poveri della nostra società.
         A tutti noi concedi di vivere con intensità, nella preghiera, nell’ascolto della Parola e nella penitenza, questo cammino quaresimale verso la Pasqua del nostro Signore Gesù Cristo, per partecipare con lui, un giorno, alla Pasqua che non conosce tramonto. Amen!
 

† Beniamino Pizziol

Vescovo di Vicenza