LITURGIA FUNEBRE PER DON PIETRO BERNARDI (chiesa parrocchiale di Bertesinella, lunedì 28 settembre 2015)

Don Pietro Bernardi è passato da questo mondo al Padre e noi siamo qui per consegnarlo alla infinita misericordia di Dio, con la sicura speranza che – oltre la morte – egli sarà accolto da Gesù risorto nel posto che ha preparato per lui.
 Don Piero nacque in una famiglia benedetta dal Signore per la fede in Dio e per la piena fiducia che riponeva nella Provvidenza del Signore. Questa famiglia, infatti, ha donato alla Chiesa tre figli preti, due diocesani e uno religioso dei Servi di Maria, una figlia suora missionaria in Africa. Don Piero fu ordinato presbitero il 27 giugno 1948 dal vescovo monsignor Carlo Zinato e svolse il suo ministero pastorale come vicario cooperatore a Bertesina per 11 anni e come parroco a Bertesinella per 33 anni, più altri 17 come collaboratore pastorale, sino al giorno della morte. Dedicò le sue migliori energie spirituali e fisiche per formare la comunità parrocchiale di Bertesinella, una comunità di pietre vive per le quali s’impegnò a costruire il luogo santo, la edificio-chiesa per la celebrazione dei Sacramenti e per l’incontro della famiglia dei figli di Dio.

 Il brano della prima lettera di San Pietro che abbiamo ascoltato ci illumina sulla vera natura della Chiesa. A fondamento di tutto sta la fede, come adesione incondizionata a Cristo “pietra viva, rifiutata dagli uomini ma scelta e preziosa davanti a Dio” (1Pt 2,4). L’adesione a Cristo, pietra viva, rende gli stessi credenti pietre vive. Essere pietre vive significa progredire dalla adesione iniziale al Signore fino alla responsabilità nel costruire la vita comunitaria di cui viene delineato lo statuto e la dignità: “diventare edificio spirituale e sacerdozio santo” (1Pt 2,5). La comunità è “edificio spirituale” in quanto viene a costituire un nuovo tempio, nel quale si offrono “sacrifici spirituali”. Per questa comunità definita “stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa”, don Pietro ha donato tutta la sua vita, seguendo le orme e l’insegnamento di Cristo.

 Don Pietro agli inizi del primo anno di teologia ha sperimentato nella sua persona le parole del Salmo 22 che abbiamo pregato: “Anche se vado per una valle oscura, non temo alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza”. Durante la Seconda Guerra Mondiale fu catturato dai tedeschi Domenica 17 settembre 1944 e condotto immediatamente nella Villa Ca’ Dolfin a Rosà e lì subì un interrogatorio, colpito a botte, pugni e nerbate per farlo parlare. Poiché nonostante tante sofferenze continuava a tenere la bocca chiusa, fu trasferito nella chiesetta della Villa e in ottobre nelle prigioni della Caserma Reatto (già caserma Montegrappa) a Bassano e, infine, nelle prigioni della Misericordia a Vicenza. Uscì dal carcere il 26 aprile 1945. Lui non si è mai gloriato e non ha raccontato troppo questa sua drammatica e terribile esperienza. Dirà più tardi: “Il Signore proporziona sempre le nostre forze alle prove che ci manda”.

 La morte di una persona, anche quando sopraggiunge dopo una lunga vita, crea sempre nel cuore delle persone un profondo turbamento, specie nei familiari e negli amici.
 Gesù, nel Vangelo che abbiamo ascoltato, accenna al turbamento che la sua partenza provoca nei discepoli (Gv 14,1), Egli stesso era stato turbato di fronte alla morte. Per rassicurare i discepoli riguardo alla sua partenza, Gesù dice loro che ci sono molte dimore nella casa del Padre suo, dove egli va a preparare un posto per loro. Gesù precede i discepoli nella terra promessa per preparare loro un posto. Rispondendo all’obiezione di Tommaso, spiega come egli sia la via che conduce al Padre, il canale attraverso il quale fa giungere gli uomini alla vita stessa del Padre.

 Don Pietro ha percorso la via indicata da Gesù attraverso vicende liete e dolorose della sua esistenza, attraverso un lungo ministero, esercitato con bontà e semplicità, soprattutto nella cura spirituale degli ammalati e delle persone sole e abbandonate. Per 67 anni ha celebrato, ogni giorno, l’Eucaristia, finché le forze gliel’hanno consentito. È ancora impresso nella mia mente il ricordo della sua partecipazione alla Santa Messa del 5 gennaio scorso quando ha celebrato il rito della dedicazione dell’altare nella chiesa di San Benedetto Abate in Bertesinella. Sostenuto dai sacerdoti più giovani è salito all’altare e ha pronunciato, con voce tremante ma chiara, la parte della preghiera Eucaristica a lui riservata. È mirabile la grandezza di una vita che – piccola in sé – celebra ogni giorno per i fedeli l’evento più grande della storia, l’evento salvifico per eccellenza: la Morte e la Risurrezione di Gesù di Nazareth.
 L’Eucaristia è il cuore della vita di un prete, è la sorgente della sua forza, è il suo conforto, la sua speranza affidabile. Ma è anche il dono più grande che un prete possa fare alla sua gente e alla storia degli uomini. Siano benedetti, allora, i 67 anni di Messa di don Pietro!

 È molto bello che noi possiamo celebrare il congedo cristiano di questo confratello presbitero qui, nella chiesa di Bertesinella; egli l’ha pensata e l’ha costruita, l’ha amata e custodita con gelosia.     Ora è giunto il momento di congedarci da lui, consegnando il suo corpo alla sepoltura nella ferma speranza che risorgerà alla fine dei tempi.

 Affidiamo don Pietro all’intercessione della Vergine Maria, la nostra Madonna di Monte Berico, ai Santi e ai Beati della nostra Chiesa perché gli vengano incontro e lo conducano a Dio, Padre Buono e Misericordioso.
Insieme chiediamo al Signore la grazia di sante vocazioni alla Vita Consacrata, al Ministero Ordinato e al Sacramento del Matrimonio. Amen.

 

† Beniamino Pizziol
Vescovo di Vicenza