LITURGIA FUNEBRE PER DON SEBASTIANO CRESTANI(chiesa parrocchiale di Longare, 20 marzo 2018)

       Oggi, siamo convocati in questa chiesa per congedarci nella fede da don Sebastiano Crestani, che il Signore ha chiamato a sé. In questo momento ci sentiamo partecipi al dolore di don Sigfrido e dei suoi familiari, e assicuriamo loro la nostra preghiera e la nostra fraterna vicinanza.
 
       Don Sebastiano è partito dal nostro Seminario a 19 anni per rispondere all’invito del vescovo di Montevideo venuto a Vicenza per chiedere una collaborazione pastorale. Lì ha completato gli studi teologici dai Padri Gesuiti ed è stato ordinato sacerdote il 15 agosto del 1958. Dopo aver svolto i primi anni di ministero pastorale, nel 1962 venne a Roma per accompagnare il suo vescovo al Concilio Ecumenico Vaticano II. In quegli anni — oltre a prestare il suo aiuto in una comunità parrocchiale — si iscrisse all’università conseguendo la laurea in teologia e in filosofia. Per vent’anni fu poi cappellano militare a Lecce, continuò poi il suo servizio pastorale nella Città di Guatemala come cappellano dei militari e come insegnante.
       Nel luglio del 1998 ha subito un attentato da parte di un commando di guerriglieri riportando diverse ferite, per fortuna non mortali. Ritornato a Vicenza, da allora fu accolto dal fratello don Sigfrido nelle parrocchie di cui fu parroco, compresa l’Unità Pastorale di Colzé-Longare.
 
       Lo studio serio e l’insegnamento furono il suo modo originale di amare il Signore e di servire la Chiesa e le persone. Il suo percorso di studio e di approfondimento si è concentrato, in modo speciale, sul filosofo francese Cartesio, a partire dalla tesi con cui si è laureato alla Cattolica di Milano nel 1977 dal titolo: “Soggettivismo ignaziano in Cartesio”. Fu anche tra i fondatori del circolo Ignazio-Cartesiano a Vicenza.
 
       Don Sebastiano, per il Battesimo in cui è stato immerso, per l’Eucaristia che ha celebrato e di cui si è nutrito, per la fede nella morte e risurrezione di Cristo, oggi vive nel Signore e il suo corpo riposa nella pace in attesa dell’ultimo giorno, in cui i nostri corpi risorgeranno.
       In quel giorno anche il corpo di don Sebastiano sarà riscattato dalla corruzione e sarà avvolto nella grazia dei figli di Dio. Per questo noi credenti, pur piangendo sulla morte dei nostri cari, «non continuiamo ad affliggerci come quelli che non hanno speranza» (1Ts 4,13). Così, infatti, ci ammonisce l’Apostolo Paolo — nel brano della Seconda Lettera ai Corinzi che abbiamo ascoltato: «Siamo convinti che colui che ha resuscitato il Signore Gesù, risusciterà anche noi con Gesù e ci porrà accanto a lui. Per questo non ci scoraggiamo, ma, se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore invece si rinnova di giorno in giorno» (2Cor 4,14.16).
 
       Il Vangelo secondo Marco che abbiamo ascoltato ha proclamato la morte di Gesù, una morte sofferta per la crudeltà del supplizio della Croce e per lo strazio interiore di una umanità, quella di Gesù, che si era fatta carico del peccato dell’uomo e ora ne sentiva tutto il peso.
       Una morte però, che è stata un atto supremo di amore per il Padre e per i fratelli: «perché il mondo sappia che io amo il Padre e faccio tutto quello che egli mi ha comandato» (Gv 14,31). Per questo il Padre gli ha risposto risuscitandolo. Dice l’angelo alle donne accanto al sepolcro il mattino del primo giorno dopo il sabato: «non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il Crocifisso. È risorto, non è qui» (Mc 16,6).
 
       La risurrezione di Gesù è la grande certezza cristiana proclamata a noi dalla Pasqua del Signore, continuamente celebrata nell’Eucaristia. Don Sebastiano per quasi sessant’anni ha celebrato quotidianamente l’Eucaristia, si è nutrito del Corpo e del Sangue del Signore che sono il germe reale della risurrezione. Dice infatti Gesù: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno» (Gv 6,54).
 
       Il Vangelo aperto sulla bara contiene promesse di vita che non saranno smentite, perché sono Parola di Dio. Il cero acceso accanto a lui è simbolo di Cristo risorto: la sua luce non conosce tramonto. Tra poco aspergeremo la sua bara con l’acqua battesimale: essa è segno dello Spirito di vita che un giorno sveglierà questo corpo perché sia partecipe della gloria della risurrezione. Poi lo avvolgeremo con i profumi dell’incenso, come di aromi è stato avvolto il corpo di Cristo da Giuseppe di Arimatea, a significare la gloria del Risorto che un giorno avvolgerà anche il corpo di don Sebastiano.
 
       Ora lo affidiamo all’intercessione della Vergine Maria, di cui don Sebastiano ebbe una grande e acuta devozione, perché lo accolga tra le sue braccia e lo presenti a Dio, Padre buono e misericordioso.
       Invochiamo l’intercessione dei Santi e dei Beati della nostra Chiesa vicentina perché il Signore doni alla nostra diocesi numerose e sante vocazioni al Sacramento del Matrimonio, alla Vita Consacrata e al Ministero Ordinato.
       Amen.

† Beniamino Pizziol
Vescovo di Vicenza