LITURGIA FUNEBRE PER DON TARCISIO PIROCCA(Chiesa parrocchiale di SS. Trinità di Schio, 19 dicembre 2013)


 


Don Tarcisio Pirocca ci ha silenziosamente lasciati lunedì scorso (16 dicembre 2013). Anche se la sua salute era da tempo compromessa, la sua morte ci ha colti in modo improvviso. Ho avuto modo di stabilire un rapporto quasi familiare con don Tarcisio grazie alla vicinanza tra la sua abitazione e la mia. Lo incontravo spesso e mi fermavo per uno scambio di saluti e per informarmi sulla sua precaria salute.


 


Ricordo molto bene il dialogo avuto con lui nel mese di ottobre scorso. Mi ha parlato della sua famiglia numerosa, composta da nove fratelli, dell’origine della sua vocazione e dell’ingresso in Seminario in IV ginnasio. Ha poi percorso, in modo lucido e preciso, tutte le tappe del suo ministero pastorale, come vicario parrocchiale in quattro parrocchie e come parroco in due comunità della nostra Diocesi: Perarolo e S. Anna di Rosà.


 


Quando un serio problema alla salute lo ha costretto a sospendere, per qualche tempo, il ministero pastorale, si è reso disponibile ad un servizio presso l’Archivio storico diocesano, compito svolto con fedeltà e competenza fino alle ultime settimane della sua vita.


 


Tante persone anziane dell’Istituto Salvi ricordano don Tarcisio come un sacerdote buono e paziente, disponibile all’ascolto e al ministero della consolazione.


 


Tra pochi giorni sarà Natale. Don Tarcisio lo vivrà in una luce infinitamente più intensa e più gioiosa di quella che illuminerà le nostre chiese e i nostri presepi. E’ la luce della Gerusalemme nuova, dove non c’è più pianto, né lamento, né affanno e non ci sarà più la morte, come abbiamo sentito nella prima lettura dal Libro dell’Apocalisse. L’incontro tra la città santa, che rappresenta tutta la famiglia umana composta da tanti popoli, tante culture, tante tradizioni, e il Signore Dio viene immaginato come un incontro tra lo sposo e la sua sposa: ‘Vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo‘ (21,2) e, più avanti, come l’incontro tra il Padre e il proprio figlio: ‘Io sarò suo Dio ed egli sarà mio figlio‘ (21,7b).


Per il cristiano la morte, in questa prospettiva, è vissuta come l’incontro con il Padre, con la persona amata. Il cristiano sa che quando alla porta bussa la morte, ad aprire ci sarà Cristo con le braccia protese verso di lui. ‘Non è la morte che verrà a cercarmi, è il buon Dio‘ affermava con impressionante lucidità S. Teresina del Bambin Gesù.


 


Nel Vangelo abbiamo proclamato un brano del discorso di Gesù comunemente chiamato ‘del pane di vita’ (Gv 6,37-40). Gesù dice: ‘Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me‘. Noi sappiamo che il Padre ha dato tutto a Gesù, in particolare, gli ha dato tutti gli uomini, affinché tutti siano salvi. Cosa vuol dire Gesù, quando afferma che tutti coloro che il padre gli ha dato ‘andranno da lui‘? A Gesù si va mediante la fede, la quale è apertura del cuore a Cristo ed è dono di Dio. Alla fede, però, noi dobbiamo dare la risposta della nostra libertà.


 


Continua Gesù: ‘Colui che viene a me non lo respingerò, perché sono disceso dal cielo, non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. E questa è la volontà di colui che mi ha mandato, che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma lo risusciti nell’ultimo giorno‘ (Gv 6, 37-38). Sono parole di grande consolazione per ogni istante della nostra vita, in quanto siamo sostenuti e portati dalla misericordia di Dio, il quale ci ha talmente amati da dare per noi suo Figlio.


 


A Natale noi lo vedremo e sapremo che al mondo è stato dato un Salvatore. Uomo come noi, uomo che ama, gioisce, soffre e muore come noi per risuscitare e dare a tutti la grazia di risorgere, un giorno, con lui, anche con il nostro corpo.


 


Questa infatti è la volontà del Padre mio, che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna: io lo risusciterò nell’ultimo giorno‘ (Gv 6,39). Questo Vangelo dell’amore di Dio don Tarcisio lo ha predicato e celebrato per tutta la vita, aiutando i fratelli a vivere secondo la fede; per cinquantatré anni, finché le forze glielo hanno consentito, ha celebrato l’Eucaristia. Il Vangelo, aperto sulla sua bara, contiene promesse di vita, che non saranno smentite, perché sono Parola di Dio. Il cero acceso accanto a lui è simbolo di Cristo risorto: la sua luce non conosce tramonto.


 


Tra poco aspergeremo la bara con l’acqua battesimale: essa è segno dello Spirito di vita che un giorno sveglierà questo corpo, affinché, a somiglianza di quello di Cristo, sia partecipe della felicità della risurrezione.


 


Ora affidiamo don Tarcisio alla Vergine Maria, la nostra Madonna di Monte Berico. Invochiamo tutti i nostri santi, gli angeli e i martiri. E noi riprendiamo il nostro cammino con le lampade accese: le lampade della fede, alimentate dall’olio delle buone opere. Insieme chiediamo al Signore, per la nostra Chiesa di Vicenza, la grazia di vocazioni sacerdotali, religiose e al sacramento del Matrimonio.


 


Amen.


‘ Beniamino Pizziol


Vescovo di Vicenza