LITURGIA FUNEBRE PER DON VINCENZO MATTEAZZI(Chiesa parrocchiale di Bressanvido, 9 dicembre 2016)

Don Vincenzo Matteazzi è morto mentre la Chiesa si preparava a celebrare la solennità dell’Immacolata Concezione e il suo funerale avviene il giorno dopo questa festa; possiamo così dire che il suo passaggio dalla vita terrena alla vita definitiva in Dio avviene per l’intercessione e sotto la protezione della Beata Vergine Maria.
         Nella Casa del Clero – dove don Vincenzo è vissuto per dodici anni – era ben conosciuta la sua devozione a Maria, la predilezione per il canto “Andrò a vederla un dì”, a lui era perciò riservato il compito di presiedere la recita dell’Angelus prima di pranzo.
 
         Don Vincenzo fu ordinato prete dal vescovo monsignor Carlo Zinato il 29 giugno 1950 e per dodici anni svolse il ministero di vicario cooperatore prima nella parrocchia della SS. Trinità di Bassano e successivamente a Montecchio Precalcino e, infine, a San Pietro di Montecchio Maggiore. Dopo essere stato vicario cooperatore per due anni a Friola, ne divenne parroco per ben sedici anni, quando lasciò la parrocchia per motivi di salute e prestò il suo servizio sacerdotale come cappellano della Casa di Riposo di Gambellara. Trascorse gli ultimi anni della sua vita presso la nostra RSA Novello in Vicenza.
 
         Nel brano del Vangelo di Matteo, che abbiamo appena proclamato, sembra di sentire l’eco del “discorso della montagna”. Là il genere letterario era quello delle beatitudini, qui, invece, quello della benedizione e del ringraziamento al Padre. Nel discorso della montagna vengono dichiarati beati i poveri, i miti, i perseguitati, nel Vangelo di oggi vengono lodati i piccoli, gli umili, gli oppressi, ai quali Dio rivela i segreti del suo Regno. Noi, però, sappiamo che Dio si rivela a tutti, ma non tutti lo accolgono con animo semplice e innocente, come quello di un bambino.
Gesù chiama a sé coloro che sono stanchi e oppressi, e il giogo che egli impone loro è dolce e leggero, non perché Egli sia meno esigente, ma perché è Lui a rendere leggero il peso con la sua vicinanza e la sua solidarietà. Gesù, in questo modo, è il primo dei poveri, dei semplici, dei miti, si carica la croce sulle sue spalle: è il suo esempio che rende sopportabile e leggera la croce di chi lo segue.
 
         Don Vincenzo ha portato la sua croce seguendo con fedeltà Gesù; aveva l’animo di un bambino, era dotato di un carattere sereno e gioviale. Da studente di teologia fu scelto come caudatario del vescovo Zinato,  perché mingherlino, svelto e spigliato. Da parroco curava la Liturgia, la celebrazione dei Sacramenti ed era assiduo nel ministero pastorale. Possiamo considerarlo come uno dei piccoli del Vangelo, un’anima bella e serena, fiduciosa in Dio.
 
         La morte di una persona cara, anche quando sopraggiunge in età avanzata, è sempre motivo di turbamento, e pone a ciascuno di noi interrogativi profondi e radicali sul senso della vita, della sofferenza, della morte, del nostro destino dopo l’esistenza terrena.
 
         Il brano della Lettera di san Paolo ai Romani dà un significato particolare alla morte di un cristiano, con queste parole: «Fratelli, non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte?» (Rom 6,3). L’Apostolo, fondandosi sul rito del Battesimo per immersione – ben conosciuto dalle prime comunità cristiane – spiega molto bene il significato del segno sacramentale: scendere nell’acqua è come scendere insieme a Cristo nella tomba; risalire dall’acqua, poi, è rinascere a nuova vita con Lui nella Risurrezione: «se infatti siamo stati intimamente uniti a lui a somiglianza della sua morte, lo saremo anche a somiglianza della sua risurrezione» (Rom 6,5).
Il mistero della Morte e Risurrezione di Gesù illumina ed è il fondamento della nostra fede e della nostra speranza. Questo evento – della Morte e della Risurrezione di Cristo – viene reso presente ogni qual volta partecipiamo alla celebrazione eucaristica; per questo tra poco canteremo con fede: “annunciamo la tua morte, proclamiamo la tua risurrezione, nell’attesa della tua venuta”.
 
         Don Vincenzo si è nutrito dell’Eucaristia per ben 66 anni, finché le forze glielo hanno consentito l’ha celebrata ogni giorno con fede e devozione. Ora l’Eucaristia, che ha trasformato la sua vita a immagine di Cristo, è fiorita nell’eternità: «chi mangia di questo pane vivrà in eterno», ha detto Gesù.
 
         Carissimi fratelli e sorelle, noi stiamo celebrando l’Eucaristia, crediamo che la Pasqua di Gesù sia attiva e operante nella morte di questo nostro fratello sacerdote. Il Vangelo aperto sulla sua bara contiene promesse di vita che non saranno smentite perché sono parole di Dio. Il cero acceso accanto a lui è il simbolo di Cristo Risorto: la sua luce non conosce tramonto. Tra poco aspergeremo il suo corpo mortale con l’acqua battesimale: essa è il segno dello Spirito di vita che un giorno sveglierà questo corpo per renderlo partecipe della gioia della Risurrezione. Lo avvolgeremo con il profumo dell’incenso, come di aromi è stato avvolto il corpo di Cristo da Giuseppe di Arimatea, a significare in anticipo la gloria della Risurrezione.
 
         Ora è giunto il momento di congedarci da don Vincenzo, consegnando il suo corpo alla sepoltura nella ferma speranza che risorgerà alla fine dei tempi. Lo affidiamo all’intercessione della Beata Vergine Maria, l’Immacolata, da lui tanto amata e venerata. Lo affidiamo ai Beati e ai Santi della nostra Chiesa diocesana, perché gli vengano incontro e lo conducano a Dio, Padre Buono e Misericordioso. E insieme a don Vincenzo chiediamo al Signore della vita la grazia di sante vocazioni al Ministero Sacerdotale, alla Vita Consacrata e al Sacramento del Matrimonio. Amen.
 

† Beniamino Pizziol
Vescovo di Vicenza