LITURGIA FUNEBRE PER LA MAMMA OLINDA(Treporti, Venezia, chiesa parrocchiale della SS. Trinità, 12 marzo 2019)

Oggi siamo riuniti per consegnare nelle mani di Dio, Padre buono e misericordioso, la mamma Olinda.
 
Il Signore ce l’ha donata, il Signore l’ha chiamata a Sé, e noi diciamo con le parole di Giobbe: «Sia benedetto il nome del Signore» (Gb 1,21b).
 
In questa chiesa ha ricevuto i Sacramenti della vita cristiana e ha celebrato il matrimonio con il papà Vittorio. La mamma è stata una donna forte e generosa, ci ha insegnato la solidarietà verso ogni persona, senza distinzioni. La sua vita è stata un servizio costante verso la sua famiglia, i suoi parenti, i suoi amici e verso tutti coloro, ed erano veramente tanti, che si rivolgevano a lei, per sistemare un vestito, per avere un ricamo da conservare o regalare, per gustare un cibo o un dolce, dal sapore antico.
 
La pagina del Vangelo che abbiamo ascoltato, oggi, descrive molto bene quale deve essere lo stile, il comportamento, di coloro che appartengono alla comunità cristiana. L’Evangelista Matteo – infatti – ci offre una visione grandiosa di Cristo, re dell’universo, Signore della Storia, e ce lo fa contemplare come un essere celeste, dalle sembianze di un uomo, seduto sul trono della sua gloria per emettere il giudizio finale su tutti gli uomini, su tutti i popoli, sulla Storia del mondo.
 
Questo re glorioso opererà una divisione, una separazione, tra gli esseri umani, come un pastore che separa le pecore dalle capre. Egli pronuncerà una duplice sentenza sull’umanità: la prima positiva e la seconda negativa. In questa scena noi comprendiamo che l’ingresso nel Regno di Dio o l’esclusione da esso dipendono dal tipo di relazione che le persone stabiliscono fra di loro, in particolare verso le persone che vivono situazioni di marginalità o di fragilità come la fame, la sete, la nudità, la malattia, la condizione di straniero, la prigionia. La salvezza non dipende prima di tutto dagli atti di culto, bensì dalla relazione tra le persone, da un volto che si rivolge a un altro volto, da una mano che stringe un’altra mano, da una carne che si prende cura di un’altra carne.
 
In questo momento amo pensare come rivolte alla mamma le parole di Gesù: «Venite, benedetti dal Padre mio, ricevete in eredità il Regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere siete venuti a trovarmi» (Mt 25,34-36).
 
Il lungo pellegrinaggio della vita della mamma Olinda è stato segnato da tante gioie e consolazioni: una famiglia con due figli, le amicizie, il sentirsi amata e stimata per le sue capacità e i suoi talenti. Ma ha anche dovuto attraversare la valle oscura della guerra, della povertà, della mancanza di lavoro, della morte di alcuni fratelli e sorelle più giovani di lei. Eppure ha saputo affrontare ogni avvenimento con forza, coraggio e fiducia, come dice il salmo 22: «Anche se vado per una valle oscura, non temo alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza».
 
La morte di una persona cara, anche se sopraggiunge in un’età avanzata, genera sempre in noi un dolore intenso, soprattutto per la morte di questa persona che ci ha donato la vita, ci ha cresciuti e formati. Oltre al dolore, però, la morte suscita in ciascuno di noi interrogativi profondi e radicali sul senso della vita, della fragilità umana, del tempo che scorre inesorabile, della sofferenza fisica e spirituale.
 
L’Apostolo Paolo, nel brano della Prima Lettera ai Corinzi che abbiamo proclamato, affronta la realtà della morte e ci dà un annuncio pieno di speranza e di consolazione: Gesù Cristo è la primizia della comunità dei risorti. In Adamo, l’uomo è posto nel suo limite di creatura fragile, debole, sottoposta alla morte. In Cristo, invece, l’uomo diventa una creatura nuova, a partire dal Battesimo ed è destinato a non essere ingoiato dalla morte ma a partecipare della risurrezione di Cristo. Infatti, come a motivo del primo uomo (Adamo) la morte è entrata nel mondo, così per la morte e per la risurrezione di Cristo tutti parteciperemo alla gloria della risurrezione.
 
Il messaggio dell’Apostolo Paolo alla comunità di Corinto diventa attuale anche per noi, che siamo chiamati a fondare le nostre attese e le nostre speranze sulla risurrezione di Gesù. Tutta la nostra esistenza, le nostre gioie come le nostre fatiche, sono relative a questa meta: la partecipazione alla risurrezione di Cristo, come singoli e come umanità intera, compreso il mondo creato. Tutta l’esistenza cristiana è costantemente vissuta dentro questo orizzonte, non solo come punto di arrivo ma come motivo fondamentale del nostro pensare, del nostro agire e del nostro amare nel tempo presente.
 
Mamma Olinda, donna dalla fede semplice, la fede dei piccoli, ha fatto proprie queste convinzioni. La sua presenza e la sua vicinanza, discreta e rispettosa della libertà, fatta di consigli essenziali, di poche ma decisive parole, hanno sempre sostenuto e incoraggiato me e mio fratello Maurizio. La mamma, che noi pensiamo accanto al Signore della vita, continuerà ad assistere e ad accompagnare me, mio fratello e tutti i nostri familiari, gli amici e le amiche a lei cari con un amore e una vicinanza che non conoscono più la precarietà del tempo ma sono destinati a durare fino a quando ci ritroveremo tutti insieme, a lei e al papà, nell’abbraccio misericordioso di Dio, nostro Padre.
 
Tra poco consegneremo il suo corpo mortale alla sepoltura, in attesa del giorno glorioso in cui tutti risorgeremo in Cristo. La affidiamo all’intercessione di Maria, la mamma di Gesù, e invochiamo i Santi e i Beati delle nostre Chiese di Venezia e di Vicenza perché l’accompagnino all’incontro con Dio, Padre buono e misericordioso, nella sua dimora di luce e di pace.
 
Fin d’ora ringrazio tutti coloro che ci sono stati vicini con la preghiera, con l’affetto e nella condivisione del dolore. Amen.
 

† Beniamino Pizziol
Vescovo di Vicenza