LITURGIA FUNEBRE PER MONS. GIUSEPPE MENEGHETTI(Chiesa parrocchiale di Bertesinella, 14 novembre 2014)

La nostra Chiesa ringrazia sinceramente il Signore che le ha donato – per così lunga vita, quasi novant’anni – un caro sacerdote come don Giuseppe Meneghetti. Don Giuseppe fu ordinato presbitero a Vicenza il 22 giugno 1952 dal vescovo monsignor Carlo Zinato. Fu vicario parrocchiale a Sarmego, a Camisano Vicentino e a San Pietro di Schio. Nel 1963 avviò la costituzione della nuova parrocchia di Santa Croce di Schio, di cui fu il primo parroco a partire dal 1964. Negli anni successivi curò la costruzione della chiesa e rimase parroco a Santa Croce di Schio fino al 2001, per ben 37 anni, quando – per raggiunti limiti di età – lasciò l’ufficio di parroco e si ritirò a Bertesinella, dove continuò ad esercitare il ministero come collaboratore pastorale.
È morto presso la “RSA Novello” lunedì scorso (10 novembre) dopo essere passato, seppur per breve tempo, attraverso la prova della malattia e della sofferenza. Lo avevo visitato in ospedale per esprimergli la mia vicinanza ed il mio conforto e mi ha accolto con grande gioia e riconoscenza.
Questo nostro fratello sacerdote ha impegnato un lungo periodo della sua vita per formare e far crescere, con la grazia di Dio, una comunità di fedeli e per costruire per loro la chiesa, la casa comune dei battezzati in Cristo. Il brano della prima lettera di Pietro che abbiamo ascoltato apre la nostra mente ed il nostro cuore alla comprensione del significato del nostro battesimo. Unirsi a Cristo significa essere incorporati in una comunità che gli appartiene, che è il tempio vivo del quale Cristo costituisce la pietra angolare, vale a dire la pietra fondamentale. Su questa pietra, su Cristo, si costruisce la vera comunità, il popolo di Dio.
Con questa immagine, Pietro presenta la Chiesa come il nuovo tempio: i suoi membri ne sono le “pietre vive” ed i sacrifici in esso offerti sono sacrifici “spirituali”. I battezzati sono, perciò, entrati a partecipare delle promesse e delle benedizioni divine; essi sono: “stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo di Dio” (1Pt 2,9). Su Cristo, pietra angolare, e per la chiesa formata da pietre viventi, ha speso tutta la sua vita don Giuseppe. Così scrive nel suo testamento: “sono stato felice di donare la mia vita per la Chiesa, una, santa, cattolica e apostolica, che ho sempre creduta Madre e Maestra e che sempre, anche se con tutti i miei limiti, ho cercato con fede, costanza e generosità di servire, di difendere e promuovere in Cristo”.
Il Vangelo che abbiamo proclamato ci mostra come Gesù, vero uomo, si sente profondamente partecipe della sofferenza umana, per la morte dell’amico Lazzaro: “Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: guarda come lo amava” (Gv 11,35). Gesù condivide questo dolore con le sorelle di Lazzaro, Marta e Maria ed accoglie il sottile rimprovero di Marta: “Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto”. Marta, la sorella di Lazzaro, riconosce in Gesù il Messia, il Figlio di Dio e confida totalmente in Lui: “so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio che la concederà” (Gv 11,22). E Gesù dona a Marta – e attraverso lei a tutti i credenti in Lui, da quel mirabile evento di Betania, fino ai nostri giorni – le parole decisive per la nostra vita di fede: “Io sono la Risurrezione e la vita, chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno” (Gv 11,25-26).
Anche noi, in questo momento, vogliamo esprimere la nostra vicinanza ed il nostro conforto alla sorella di don Giuseppe con le sue stesse parole, riportate nel testamento: “saluto con tanto affetto mia sorella che, senza risparmi, ha dedicato molto della sua vita a me sacerdote”.
Ma vogliamo anche condividere la fede di don Giuseppe nella risurrezione di Gesù e nella vita eterna. Così scrive, sempre nel suo testamento del 2012: “a tutti il mio grazie, il mio ricordo, il mio affetto, il mio fraterno arrivederci nella casa del Padre comune, là dove c’è solo luce, amore, pace e gioia, e per sempre”.
Una parola conclusiva desidero rivolgere ai numerosi sacerdoti qui presenti, convinto che i fedeli capiranno questo. Sono appena ritornato dall’assemblea dei vescovi italiani ad Assisi, dove abbiamo riflettuto sulla vita e sulla formazione continua dei seminaristi, prima, e dei presbiteri, poi. Abbiamo messo al centro della nostra attenzione e della nostra cura il presbiterio con il suo vescovo ed il vescovo con il suo presbiterio. Leggendo il testamento spirituale di don Giuseppe, ho colto il suo affetto per il nostro presbiterio, espresso con queste parole: “offro di cuore e con gioia le restanti mie fatiche apostoliche (scritto due anni fa), i miei dolori fisici e morali, il mio pregare, insomma tutta la mia povera vita, per la santa perseveranza dei sacerdoti e a quanti si sono consacrati a Dio, a servizio della Chiesa, dei fratelli e del mondo”.
Ora ci congediamo da don Giuseppe affidandolo all’infinita bontà di Dio Padre, alla festosa accoglienza di Gesù, all’intercessione della Vergine Maria, la nostra Madonna di Monteberico che egli ha tanto amato.
A don Giuseppe chiediamo di intercedere per i tanti fratelli e sorelle che ha servito nel suo ministero pastorale, per il vescovo ed il suo presbiterio, per il nostro Seminario e per la nostra Chiesa, perché il Signore la benedica con la grazia di numerose vocazioni al sacerdozio, alla vita consacrata e al sacramento del matrimonio. Amen!
† Beniamino Pizziol
Vescovo di Vicenza