LITURGIA FUNEBRE PER MONSIGNOR GIUSEPPE BAGGIO(chiesa parrocchiale di Carmignano di Brenta, 3 giugno 2019)

 
       Monsignor Giuseppe Baggio è passato da questo mondo al Padre e noi siamo qui per consegnarlo all’infinita misericordia di Dio, con sicura speranza che, oltre la morte, egli riposerà nella sua dimora di luce di pace.
 
       La morte di una persona cara — come la morte di questo confratello sacerdote — è sempre un’esperienza dolorosa e sofferta, e suscita in ciascuno di noi un interrogativo forte sul senso della vita terrena e di tutto quello che caratterizza la nostra esistenza.
       La Parola di Dio, però, dà senso alla nostra vita e illumina anche la nostra morte. Abbiamo ascoltato le parole dell’Apostolo Paolo rivolte ai cristiani della comunità di Corinto: «Fratelli, siamo convinti che colui che ha risuscitato Gesù, risusciterà anche noi con Gesù e ci porrà accanto a lui insieme con voi» (2Cor 4,14). I morti sono destinati a partecipare alla risurrezione di Cristo e a vivere accanto a lui.
 
       Don Giuseppe fu ordinato presbitero dal vescovo Carlo Zinato il 26 giugno 1960. Prete novello, fu inviato come vicario cooperatore a Valli del Pasubio, poi a Barbarano Vicentino e ai Santi Felice e Fortunato in Vicenza. Nel 1971 fu nominato parroco a Lovertino, dove rimase per 13 anni. Nel 1984 divenne parroco di Chiampo, per ben 26 anni. Nel 2010 si trasferì a Carmignano di Brenta come collaboratore pastorale.
 
       In questi anni ho avuto modo di incontrarlo diverse volte, in occasione delle congreghe dei presbiteri o per qualche celebrazione, fino all’ultimo incontro presso la RSA “Botton”, gestita dall’Opera Immacolata Concezione. Don Giuseppe fa parte di quella schiera di nostri sacerdoti vicentini che — oltre a prendersi cura della formazione della comunità cristiana — si sono adoperati con grande intraprendenza per dotare la comunità di tutte le strutture necessarie per l’azione pastorale, liturgica, e anche sociale.
       Non capiremo però don Giuseppe se ci fermassimo soltanto sulle molte cose che ha fatto e non sottolineassimo con forza l’orizzonte di riferimento della sua attività. Egli è stato un pastore dedito pienamente alla sua comunità, guidandola per il giusto cammino, attraversando insieme, con fede e speranza, anche la “valle oscura” delle inevitabili prove della vita, riservate a ciascuno di noi.
 
       Possiamo applicare a don Giuseppe l’immagine evangelica del chicco di grano, che, caduto in terra, è destinato a morire così da produrre molto frutto. Egli, infatti, ha saputo perdere la vita per il Signore in questo mondo e, come dice il Vangelo, per questo la conserverà per la vita eterna. Scrive un suo confratello che lo ha accolto, seguito e accompagnato fino alla morte: “Don Giuseppe ha aderito pienamente al suo Signore, lo ha pensato e desiderato, creduto e amato come sommo bene. Ha servito Dio e la comunità ecclesiale in diverse parrocchie, compresi gli anni della collaborazione pastorale a Carmignano di Brenta”.
 
       Desidero ricordare il mio ultimo incontro con don Giuseppe, il 27 aprile scorso, presso la casa di riposo Opera Immacolata Concezione a Carmignano. Ancora lucido e consapevole della gravità della sua malattia, accettò con grande pazienza e serenità gli ultimi giorni della sua vita terrena. Il tempo della sofferenza, pur nella fatica del dolore, può diventare un tempo di purificazione e un tempo di rinnovamento interiore. A questo riguardo suonano molto preziose le parole dell’Apostolo Paolo: «Per questo non ci scoraggiamo, ma, se anche il nostro uomo esteriore si fa disfacendo, quello interiore invece si rinnova di giorno in giorno. Noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili, perché le cose visibili sono di un momento, quelle invisibili invece sono eterne» (2Cor 4,16-18).
 
       Don Giuseppe per 59 anni ha predicato la Parola di Dio, amministrato i Sacramenti — in persona Christi — offrendo le sue mani, il suo cuore, la sua voce a Cristo, perché agisse ancora nella Chiesa, per salvare gli uomini. Per 59 anni don Giuseppe ha celebrato l’Eucaristia. Per un prete l’Eucaristia è tutto: è il pane che dà forza, l’appuntamento quotidiano atteso che dà senso al faticare, al soffrire, al morire. L’Eucaristia ci sostiene nelle esperienze di amarezza e di delusione, proprie di ogni padre, e il prete è un padre e un pastore di una comunità cristiana. L’Eucaristia fa della vita di un prete un corpo donato e un sangue versato.
 
       Tra poco noi consegneremo alla sepoltura il corpo di questo nostro fratello sacerdote. Noi crediamo che la sua anima vive già in Dio. Sappiamo pure che anche il suo corpo, un giorno, risorgerà. Come sigillo di questa nostra fede abbiamo posto il Vangelo della risurrezione sulla sua bara e aspergeremo il suo corpo mortale con l’acqua benedetta, in ricordo del suo Battesimo, germe di vita immortale.
 
       Ieri abbiamo celebrato la solennità dell’Ascensione del Signore e, in questa settimana, raccolti come gli Apostoli — perseveranti e concordi nella preghiera insieme ad alcune donne e a Maria, la Madre di Gesù — ci disponiamo ad accogliere nel nostro cuore e nella nostra vita il dono del Consolatore, lo Spirito Santo. Invochiamo proprio lo Spirito Santo perché susciti nel cuore dei giovani, uomini e donne, la grazia della vocazione al Sacramento del Matrimonio, alla Vita Consacrata, al Ministero Ordinato.
       Ringraziamo il Signore per il dono fatto alla nostra Chiesa della ordinazione di tre diaconi e, tra poco, sabato prossimo, il dono di un nuovo presbitero. Amen.
 

† Beniamino Pizziol
Vescovo di Vicenza