OMELIA NELLA SOLENNITÀ DI MARIA SANTISSIMA MADRE DI DIO(Cattedrale di Vicenza, 31 dicembre 2014)

Carissimi confratelli vescovi,
sacerdoti, diaconi, consacrati e consacrate,
carissimi fratelli e sorelle,
gentili autorità,

con questa celebrazione eucaristica concludiamo la 47a Marcia Nazionale della Pace, che abbiamo avuto l’onore e la gioia di ospitare nella Diocesi e nella città di Vicenza. Tra poco, inizieremo un nuovo anno civile, che desideriamo porre sotto la protezione di Maria, la Madre di Dio.

Veniamo da un anno drammatico, segnato da guerre, divisioni internazionali, da conflitti sanguinosi che hanno messo a dura prova migliaia di uomini e donne e – tra loro – tanti cristiani, costretti a fuggire dalle loro terre e molti anche torturati ed uccisi. (Ricordiamo suor Olga Raschietti di Sant’Urbano di Montecchio Maggiore). Per questo – stasera, tutti insieme – vogliamo riconfermare l’impegno di intraprendere ovunque cammini di pace, riconfermiamo il valore della vita, di ogni vita, riconfermiamo la volontà di educarci e di educare alla pace.

La mensa della Parola – a cui ci siamo accostati in questa celebrazione – ci offre, nella prima lettura, confortanti parole di benedizione, contenute nel libro dei Numeri: «Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace» (Num 6,24-26).
Questa benedizione racchiude il compendio, la sintesi di ogni benedizione divina che ha come suo compimento la pace. E non vi sarebbe alcuna benedizione del Signore per l’uomo, se egli non avesse posto nel suo cuore la pace. Essa è un valore che è stato donato a ciascuno di noi, e allo stesso tempo, supera la nostra persona, sta prima di noi e sarà dopo di noi, e sarà sempre sopra di noi.
L’espressione ebraica Shalom álekhem, alla lettera, significa “pace su di voi”. La pace è prima di tutto una realtà trascendente, che scende e si posa sul capo degli uomini e delle donne. Essa incorona la vita di una persona perché dall’alto giunge verso il basso. Ciò non toglie che la si debba ricercare con tutte le nostre forze, con tutto il nostro impegno, con la nostra fantasia. La corona però ha bisogno di una testa su cui posarsi.

Ciascuno di noi deve adoperarsi per accogliere questo grande dono di Dio. Come Maria, anche noi siamo chiamati a custodire la pace, meditandola continuamente nel nostro cuore e nella nostra mente. Maria ha tenuto insieme, ha conservato, ha cercato di capire gli avvenimenti in cui era coinvolta. Questa conoscenza penetrante ha luogo nel cuore: la sede dei pensieri, dei desideri e delle decisioni. Anche noi siamo chiamati a custodire nel nostro cuore pensieri e parole di pace. C’è bisogno di una rinnovata educazione degli animi per generare sentimenti nuovi, ispiratori di pace. Spesso siamo tentati di rispondere al male con il male, alla violenza con la violenza. Per interrompere questa circolarità distruttiva, abbiamo a disposizione una potente esperienza rigenerante, quella del perdono. Il perdono è umanamente una interruzione del male, un rifiuto della logica di morte. Se non riusciamo più a vedere una persona nell’altro, distruggiamo prima di tutto la nostra umanità e di conseguenza anche quella degli altri.

Il brano della lettera di Paolo ai Galati, che abbiamo letto, ci fa comprendere che la venuta di Cristo non fu un evento che toccò in modo puramente accidentale la storia dell’umanità. Il “Figlio di Dio” è entrato dentro la Storia, prendendo su di sé la totalità della natura umana: «nato da donna, nato sotto la legge». Ma questa  immersione del Figlio di Dio nella storia realizza un radicale cambiamento della storia stessa della famiglia umana.

“Nel mistero adorabile del Natale, egli, Verbo invisibile, apparve visibilmente nella nostra carne, per assumere in sé tutto il creato e sollevarlo dalla sua caduta. La nostra debolezza è stata assunta dal Verbo, e l’uomo mortale è stato innalzato a dignità perenne”: d’ora in poi ogni uomo, in virtù dello Spirito di Gesù, può rivolgersi a Dio gridando: “Abbà, Padre”. Nessuno, quindi, è più schiavo, ma figlio (cfr Gal 4,7) e fratello di ogni altro uomo. Questo è il dono che ci viene fatto nel Natale di Gesù, nell’Incarnazione del Figlio di Dio: essere un’unica famiglia di figli, di persone libere, di fratelli, che hanno lo stesso Padre.

Purtroppo fin da tempi immemorabili, le diverse società umane hanno conosciuto il fenomeno della schiavitù, dell’asservimento dell’uomo da parte dell’uomo. Ce lo ricorda Papa Francesco nel suo messaggio per la Giornata Mondiale della Pace: “Non più schiavi ma fratelli”.
Egli afferma: “Malgrado la comunità internazionale abbia adottato numerosi accordi al fine di porre un termine alla schiavitù in tutte le sue forme e avviato diverse strategie per combattere questo fenomeno, ancora oggi milioni di persone – bambini, uomini e donne di ogni età – vengono private della libertà e costrette a vivere in condizioni assimilabili a quelle della schiavitù”.
Il Papa ricorda tutte le forme moderne di schiavitù: i minori asserviti in modo illegale nei diversi settori di lavoro, i migranti che nel loro drammatico tragitto, vengono privati della libertà, spogliati dei loro beni o abusati fisicamente, le persone costrette a prostituirsi, le donne forzate a sposarsi o vendute in vista del matrimonio, i minori e gli adulti fatti oggetto di traffico per l’espianto di organi e, infine, tutti coloro che vengono rapiti e tenuti in cattività da gruppi terroristici, come è successo ai nostri sacerdoti fidei donum in Camerun, don Gianantonio  e don Giampaolo, rapiti insieme alla suora canadese, suor Gilberte, nel mese dell aprile scorso e tenuti prigionieri per 57 giorni e poi rilasciati.

Chi ha ricevuto il dono dello Spirito di Gesù non si sente più schiavo ma – invocando Dio con il nome di Padre – non può che sentirsi fratello di tutti gli uomini e diventare così un costruttore di pace. Ma per costruire una pace mondiale sono necessari il rispetto della dignità degli uomini e dei popoli, la pratica della fratellanza umana, lo scambio equo e fiducioso delle ricchezze spirituali e materiali.
Coloro che hanno responsabilità politiche, sociali ed economiche sono chiamati a provvedere ai bisogni fondamentali delle persone: l’alimentazione, la salute, la famiglia, l’educazione e il lavoro. Per raggiungere questi obiettivi è necessaria una autorità pubblica universale, da tutti riconosciuta, dotata di un efficace potere per garantire ai popoli sicurezza, giustizia e rispetto dei diritti di tutti gli uomini e di tutte le donne, membri dell’umana famiglia.

All’inizio di questa celebrazione abbiamo cantato: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini che egli ama” (Lc 2,14).
Questo canto esprime l’anelito perenne ed insopprimibile del cuore umano di accogliere e costruire la pace dentro di noi e fuori di noi, fino a raggiungere tutti i territori umani e le periferie geografiche del nostro pianeta.

Per questa 47a Marcia Nazionale della Pace è stata scelta la Diocesi e la città di Vicenza anche per fare dolorosa memoria del centenario dell’inizio della Prima Guerra Mondiale che ha segnato profondamente e drammaticamente la vita e la storia delle nostre popolazioni. In questo momento vogliamo fare nostro l’invito rivolto da Papa Francesco, nel settembre scorso a Redipuglia, a pregare per tutti i caduti dell’inutile strage e per tutte le vittime della follia della guerra. Ma vogliamo anche ricordare i nostri fratelli e sorelle coinvolti, loro malgrado, in guerre assurde, che stanno insanguinando diverse parti del mondo: Iraq, Siria, Libia, Ucraina; oltre a quelli di cui le cronache riferiscono notizie ormai scarne e ripetitive: Afghanistan, Sud-Sudan, Nigeria, Centrafrica, con la loro tragica sequenza di stragi, massacri, esodi di massa e atti terroristici.
Di fronte a queste situazioni – che continuano a generare odio, morte e disperazione nei singoli individui e in popoli interi, non possiamo rassegnarci alla fatalità e alla inesorabilità della violenza e della guerra.

Vogliamo ricordare le accorate parole contro la guerra, a cominciare da Benedetto XV che definì la Prima Guerra Mondiale “una inutile strage”, a Pio XII che invitò a ricordare che “nulla è perduto con la pace, ma tutto può essere perduto con la guerra”, sino al grido angosciato di Giovanni Paolo II, “mai più guerra, mai più!”. E – da ultimo – la riflessione di Papa Francesco, “con la violenza, uomini e donne continueranno a vivere da nemici, ma con la pace potranno vivere da fratelli e sorelle”.

Dobbiamo convincerci, con tutta la mente e con tutto il cuore, che la pace è l’unica via possibile per la soluzione dei nostri problemi personali, sociali, politici ed economici. Dobbiamo amare la pace, dobbiamo conformare la nostra mente ed il cuore a pensieri di pace. Chi ama la pace, ama il genere umano senza distinzione di razza, di cultura e di religione.
La pace è un compito che si attua di giorno in giorno, di mese in mese, di anno in anno, attraverso azioni concrete che modificano i nostri pensieri, demoliscono lentamente i vecchi muri e creano silenziosamente nuove aperture.
Ancora una volta invochiamo da Dio il compimento della profezia di Isaia: «Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci; una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra» (Is 2,4).

Che il Signore ci conceda di vedere presto gli arsenali d’armi trasformati in parchi pubblici, in campi da gioco, le basi militari – comprese quelle del nostro territorio – trasformate in scuole e in  laboratori di umanità, dove tanti giovani, uomini e donne, americani e russi, cinesi ed europei, israeliani e palestinesi possano esercitarsi nell’arte della pace, del dialogo e nella promozione della giustizia a servizio delle popolazioni più povere, più sfruttate e meno garantite.

O Maria, Madre di Dio, mostrati madre provvida e misericordiosa per il mondo intero, perché nel rispetto dell’umana dignità e nel ripudio di ogni forma di violenza e di guerra, vengano poste le fondamenta per una convivenza basata sulla giustizia, che sola può garantire una pace autentica e duratura.  

Cristo, nostra Pace, ascoltaci!

 

† Beniamino Pizziol
Vescovo di Vicenza