ORDINAZIONE DEI DIACONI(Vicenza, Cattedrale, 10 maggio 2015)

Carissimi fratelli e sorelle,
sacerdoti, diaconi,
consacrati e consacrate,
seminaristi, amici di Radio Oreb,

è un giorno di grande festa per la nostra Chiesa diocesana, un giorno di letizia per la nostra amata comunità del Seminario e per la Comunità dei diaconi permanenti.
E’ un giorno di festa anche per le famiglie, per i parroci e le comunità parrocchiali, da cui provengono questi nostri fratelli candidati al diaconato.
Sappiamo bene che il diaconato non è un gradino per arrivare al presbiterato, anche se per otto di loro è in vista del sacerdozio ministeriale, a Dio piacendo. Mentre cinque di loro saranno diaconi per tutta la vita a significare che questo ministero è una dimensione permanente dell’esistenza cristiana: diaconi si è per tutta la vita.
E anche il Vescovo è diacono, il primo della Chiesa particolare, tant’è che, sotto la casula sacerdotale, indossa la tunicella diaconale per esprimere la dimensione costitutiva, che si configura a Cristo, servo del Signore.
Non basta, però, servire, occorre soprattutto essere servi, acquisire la coscienza di essere servitori del Signore nella diaconia della Parola, della comunione e dell’umanità.
Le letture di questa VI domenica di Pasqua ci introducono ed illuminano l’intera Eucaristia che stiamo celebrando. Nella I Lettera di S. Giovanni ci viene detto, prima di tutto, che l’amore cristiano non è il frutto di un impegno ascetico del battezzato, ma esso affonda le sue radici in Dio, perché “Dio è amore” (4,8). Ed ecco l’invito pressante: “Amiamoci gli uni gli altri perché l’amore è da Dio” (4,7a). il fondamento del nostro amore verso il prossimo sta solo in Dio.
In secondo luogo, l’amore cristiano comprende una conoscenza personale di Dio. Non si tratta di una conoscenza puramente intellettuale, ma di una conoscenza vitale: “Chiunque ama è stato generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore” (4, 7b-8). Questo immenso amore di Dio per l’umanità si è manifestato in tempi e in occasioni diverse lungo il corso della storia, ma la manifestazione piena e definitiva sta in questo: “Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio unigenito, perché noi avessimo la vita per mezzo di lui” (4,9).
La pagina evangelica attinge sempre al tesoro prezioso degli scritti giovannei e ci aiuta a definire con estrema chiarezza la natura dell’amore cristiano. L’evangelista Giovanni, in questo brano, ci offre alcuni insegnamenti in base ai quali possiamo discernere l’autenticità del nostro modo di amare. Il primo insegnamento è quello del “come”, che è il più impegnativo ed il più esigente: “Come il Padre ha amato me, anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio amore” (15,9). E ancora più avanti: “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi” (15,12). Anche l’annuncio preparato dai nostri ordinandi mette in evidenza le parole “come ho fatto io”.
Il secondo insegnamento è quello del “se”: “Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore” (15,10). Questo “se” non è una mera ipotesi, quanto piuttosto un invito pressante e persuasivo.
Il terzo insegnamento è quello del “più”: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (15,13). Qui si comprende la caratteristica fondamentale dell’amore cristiano e noi sappiamo che non si tratta solo di un più quantitativo, bensì qualitativo: “Come Gesù ci ha amato”.
La prima lettura, tratta dal libro degli Atti degli apostoli, ci offre una ulteriore caratteristica dell’amore cristiano: un amore senza esclusioni, senza discriminazioni. Mentre Pietro sta per entrare nella casa di Cornelio, un centurione romano, illuminato dallo Spirito Santo afferma: “In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga” (10,34).
Carissimi candidati al diaconato e carissimi fedeli, ecco lo “statuto dell’amore cristiano” come ci viene consegnato dalle sacre Scritture e dalla vita stessa di Gesù. Abbiamo compreso che noi abbiamo poco da dare e che poco riusciamo a fare, ma che tutto abbiamo da ricevere da Dio e che da lui dobbiamo lasciarci plasmare.
Oggi la Chiesa di Cristo, attraverso il Vescovo, accoglie la domanda di questi nostri fratelli all’ordinazione diaconale, per alcuni nel dono del celibato e per gli altri nel sacramento del Matrimonio. Per i primi, la scelta di vivere nel celibato è stata una libera risposta al Signore, che dilata il loro cuore e li arricchisce di molti figli, anche se non generati dalla carne. Il celibe trova nella Chiesa la sua sposa, trova l’umanità come sposa, soprattutto l’umanità sofferente, emarginata, bisognosa.
Per i secondi, già segnati dal sacramento nuziale, va sottolineato che hanno dovuto avere il consenso delle rispettive spose che saluto e ringrazio con gratitudine ed affetto. Questi fratelli, da oggi, sono chiamati a vivere i due sacramenti della Chiesa: il Matrimonio e l’Ordine sacro. Essi vivranno il ministero diaconale attraverso la vocazione e il vissuto familiare, coniugale e paterno.
Carissimi candidati, abbiate sempre presente nel vostro cuore e nel vostro ministero la triplice dimensione del diaconato: l’ambone, dove si proclama il Vangelo: l’altare, dove si celebra l’Eucaristia; la strada, dove si incontrano le persone. Tre realtà riassumibili nei termini: libro, pane, uomini o meglio ancora: Parola, Eucaristia, popolo. E’ in questa triplice dimensione che deve crescere, orientarsi ed esprimersi il vostro servizio diaconale, la vostra diaconia.
Nel ministero diaconale vi sia madre e modello di vita Maria di Nazaret, la nostra Madonna di Monte Berico, la serva del Signore, custode della Parola e degli avvenimenti della storia, affinché anche voi, sotto la sua protezione, possiate sempre vivere secondo la volontà del Signore. Amen.

 

† Beniamino Pizziol
Vescovo di Vicenza