SANTA MESSA AI PRIMI VESPRI DELLA SOLENNITÀ DEL SANTISSIMO CORPO E SANGUE DEL SIGNORE CON L’ORDINAZIONE DEI PRESBITERI(Vicenza, chiesa cattedrale, sabato 6 giugno 2015)

Carissimi fratelli e sorelle,
 presbiteri, diaconi, consacrati e consacrate,
 amici ascoltatori di Radio Oreb.

 Questo è un giorno di gioia e di grazia per la nostra Diocesi, giorno in cui il Signore, nella sua benevolenza, ci fa dono di sette, nuovi, presbiteri. È motivo di gioia grande per me Vescovo e per tutto il nostro presbiterio; una gioia condivisa dai parroci, dalle comunità di provenienza e da quelle dove questi nostri fratelli hanno svolto il loro servizio pastorale. Gioia vissuta e testimoniata dall’intera comunità del Seminario, con il suo rettore, il padre spirituale, gli educatori e i docenti: a loro va la nostra stima e la nostra gratitudine. Desidero rivolgere un saluto affettuoso e riconoscente ai genitori di questi ordinandi, ai familiari, ai parenti e agli amici.

 L’ordinazione presbiterale di questi sette nostri amici viene oggi illuminata dalla solenne liturgia del Corpo e del Sangue di Cristo. “Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue” (Mc 14,22b.24). Le parole che Gesù pronunciò nell’Ultima Cena vengono ripetute ogni volta che si rinnova il sacrificio eucaristico. Esse ci conducono, idealmente, nel Cenacolo e ci fanno rivivere il clima spirituale di quella notte quando, celebrando la Pasqua con i suoi discepoli, il Signore Gesù anticipò nel mistero il sacrificio che si sarebbe consumato il giorno dopo sulla Croce. L’istituzione dell’Eucaristia ci appare, così, come un’anticipazione e l’accettazione da parte di Gesù della sua morte.

 “Questo è il mio sangue” (Mc 14,24). In questa espressione troviamo un chiaro riferimento al linguaggio sacrificale di Israele. Gesù, infatti, presenta se stesso come il vero e definitivo sacrificio nel quale si realizza l’espiazione dei peccati. L’Antica Alleanza era stata sancita sul Sinai con un rito sacrificale di animali, come abbiamo ascoltato nella prima lettura, mentre la Nuova Alleanza è fondata sulla fedeltà e sull’amore infinito del Figlio fatto uomo, un’alleanza, perciò, più forte di tutti i peccati dell’umanità.
 Questo viene ben evidenziato nella seconda lettura, tratta dalla Lettera agli Ebrei, dove l’autore sacro dichiara che Gesù è “il mediatore di una alleanza nuova” (Eb 9,15). Lo è diventato grazie al suo sangue o, più esattamente, grazie al dono di se stesso, che dà pieno valore allo spargimento del suo sangue. La Croce, così, diventa mistero di amore e di salvezza e ci santifica scolpendo l’Alleanza Nuova cuore di ciascuno di noi: è a questa alleanza che noi partecipiamo nell’Eucaristia.

 E ora mi rivolgo a voi, carissimi ordinandi, Daniele, Fabio, Luca, Matteo, Riccardo, Simone e Raffaele. Cristo vi ha scelto perché insieme a Lui possiate vivere la vostra vita come un sacrificio di lode per la salvezza del mondo. Solo dall’unione con Gesù potete trarre quella fecondità spirituale che è generatrice di speranza nel vostro ministero pastorale.
Ci ricorda San Leone Magno: “la nostra partecipazione al Corpo e al Sangue di Cristo non tende a nient’altro che a farci diventare ciò che riceviamo” (Sermo 12, De Passione). Divenire Eucaristia! Sia proprio questo il nostro costante desiderio e impegno, perché l’offerta del Corpo e del Sangue del Signore che facciamo ogni giorno sull’altare, si accompagni al sacrificio dell’intera nostra esistenza.

 In forza del sacramento dell’Ordine Sacro, il presbitero si immedesima più profondamente nel Cristo: egli agisce in persona Christi Capitis, nella persona di Cristo Capo, che presiede non solo l’assemblea radunata a celebrare l’Eucaristia, ma tutta la vita della Chiesa. Ciò risulta evidente dall’espressione che risuona al centro del racconto dell’Istituzione, durante la celebrazione della Messa. Il presbitero, infatti, non dice: “Questo è il corpo di Cristo”, ma “Questo è il mio corpo”. Tutta la vita del prete è centrata sulla celebrazione dell’Eucaristia, è — perciò — una “messa continua”. La vostra vita diventa una liturgia della Parola quando, nella predicazione, annunciate il Vangelo e nella catechesi spezzate ai piccoli e ai grandi la Parola del Signore. È un offertorio continuo quando con il pane e il vino il prete dona se stesso, il suo tempo, le sue energie, per servire il Signore nei fratelli, specie nei più poveri e nei meno garantiti. È una liturgia eucaristica quando consacra la sua esistenza al Signore e ai fratelli, rinunciando a una famiglia propria per assumere la responsabilità di tutta la famiglia di Dio. È una solenne preghiera eucaristica quando, presso l’altare, supplica il Padre per tutto il suo popolo, per i vivi e per i morti. Infine, è missione, perché il sacerdote viene scelto tra gli uomini per essere costituito “a favore degli uomini” (Eb 5,1). L’evangelista Giovanni ci ricorda le parole di Gesù: “Vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga” (Gv 15,16).

 Carissimi amici, questa è la vostra e la nostra missione: recare il Vangelo a tutti, perché tutti sperimentino la gioia di Cristo e ci sia gioia in ogni città. Che cosa ci può essere più bello di questo: essere i servitori della gioia che viene dal Vangelo di Cristo, da portare in ogni luogo dove ci troveremo a svolgere il nostro ministero?
Chi entra in Seminario per diventare prete di una diocesi deve sapere che questa sua chiamata non è solo diocesana,  interdiocesana, o per la Chiesa del suo paese, ma è per la Chiesa Cattolica sparsa in ogni parte del nostro pianeta. L’ordinazione presbiterale di Raffaele, dell’Operazione Mato Grosso, documenta in modo concreto la vocazione comune della missio ad gentes.

 Carissimi ordinandi, insieme a tutti i sacerdoti qui presenti vi dò il benvenuto nel nostro presbiterio. Non sarete preti da soli, ma sarete preti dentro a un presbiterio. L’unità di esso non è una esigenza funzionale o di efficienza organizzativa ma un dato sacramentale del presbiterato. È necessario, quindi, custodire la comunione presbiterale fondata sulla comune imposizione delle mani e sull’invocazione dello Spirito Santo. L’abbraccio di pace — che tra poco scambierete con il Vescovo — vi rimanga impresso nel cuore e nella mente come segno di una comunione profonda e autentica.

 Affidiamo, ora, il dono del vostro sacerdozio a Maria, la nostra Madonna di Monteberico, madre di ogni vocazione alla sequela del Signore. Sappiate trovare sempre in lei, Madre tenerissima, la sorgente del conforto e della consolazione, soprattutto quando sentirete il peso della fatica apostolica, e — allora — essa diventerà feconda. Amen!

 

† Beniamino Pizziol
Vescovo di Vicenza