SANTA MESSA DI RINGRAZIAMENTO PER LA BEATIFICAZIONE DI PADRE GIOVANNI SCHIAVO(chiesa Cattedrale, 27 gennaio 2018)

Carissimi fratelli e sorelle,
 
       siamo riuniti insieme nella chiesa Cattedrale per celebrare l’Eucarestia di ringraziamento per il dono della Beatificazione di Padre Giovanni Schiavo. In questa chiesa, infatti, fu ordinato sacerdote il 10 luglio 1927, 91 anni fa.
 
       Porgo il mio benvenuto a tutti voi, ai consacrati e alle consacrate, ai diaconi e ai presbiteri. Un saluto fraterno va al confratello vescovo Monsignor Adelio Pasqualotto, al Padre generale Mario Aldegani e al Padre provinciale Lorenzo Sibona della Congregazione dei Giuseppini del Murialdo.
 
       La nostra celebrazione viene trasmessa da Radio Oreb e per questo intendo estendere il mio saluto a tutte le persone che ci stanno ascoltando.
 
       Vogliamo ora comprendere la vita e la missione del Beato Giovanni Schiavo alla luce della Parola di Dio che è stata proclamata oggi, ma anche nel giorno della sua beatificazione a Caxias do Sul in Brasile.
 
       Il testo che abbiamo ascoltato come Prima Lettura fa parte del capitolo XII della Lettera dell’Apostolo Paolo ai cristiani di Roma. Con questo capitolo inizia la parte esortativa, parenetica, della Lettera, ricchissima di richiami agli aspetti più pratici e concreti della vita di colui che crede in Cristo: fedeltà alla propria vocazione cristiana, ai doni-carismi ricevuti da Dio, umiltà e modestia, carità, spirito di sopportazione e di perdono.
L’insistenza principale dell’Apostolo, però, verte sulla carità fraterna che è come il sostegno, il contenuto, di tutte le altre virtù. Una carità sincera, affettuosa, sollecita, fervente, ospitale — infatti — ci fa partecipare alle gioie e ai dolori degli altri come fossero nostri: «rallegratevi con quelli che sono nella gioia, piangete con quelli che sono nel pianto» (Rm 12,15).
 
       Dentro questa esortazione dell’Apostolo noi troviamo la testimonianza concreta e credibile del Beato Giovanni Schiavo. La sua vita — per così dire — non è segnata da episodi straordinari bensì da una fede solida, incarnata nell’ordinarietà. È proprio dentro la vita di ogni giorno che Padre Giovanni sentiva di dover intravedere la volontà del Signore, cercando poi di offrire una testimonianza trasparente e genuina di quanto leggeva e meditava nelle Sante Scritture, come la pagina che abbiamo ascoltato nella Prima Lettura.
 
       Ascoltiamo la testimonianza di un suo confratello: “Padre Giovanni era umile e semplice in tutte le situazioni. Nelle prove viveva sereno. Io non notai in lui vanità. Non si metteva al centro. So che molte persone che volevano conoscerlo venivano, a causa della sua fama, e in queste occasioni lui tentava di sottrarsi”.
       Lo stesso Padre Giovanni, in una lettera dell’8 maggio 1952, scriveva ai suoi confratelli: “Miei carissimi, è soprattutto su questo punto che desidero richiamare l’attenzione di tutti e perché ognuno, con tutte le forze, cooperi affinché l’umiltà, la carità e l’obbedienza abbiano fra noi il culto che meritano, essendo esse le virtù basilari della vita religiosa e apostolica che abbiamo abbracciato”.
 
       Il Vangelo, ancora una volta, presenta alla nostra mente e al nostro cuore l’inizio del “Discorso della montagna” di Gesù, che si apre con il sublime testo delle “Beatitudini”. A fondamento delle Beatitudini ci stanno la vita, la missione, le opere e le parole stesse di Gesù. È lui, Gesù, il beato per eccellenza, la rivelazione piena di ogni singola beatitudine. In questo senso la pagina che abbiamo ascoltata diventa, per così dire, come la carta fondativa, costitutiva, della comunità dei discepoli di Cristo.
 
       Ogni riconoscimento di un Beato — nella Storia della Chiesa — si fonda proprio sul testo delle Beatitudini. Il Beato Giovanni Schiavo ha meditato tante volte questa pagina evangelica e — nella sua azione missionaria  e nel suo ministero — siamo certi abbia cercato di realizzarla, di metterla in pratica.
 
         Mi soffermo sulla prima beatitudine: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli» (Mt 5,3). Secondo molti studiosi della Bibbia questa beatitudine costituisce la porta d’ingresso di tutte le altre. Alcuni testimoni, che hanno conosciuto e lavorato con Padre Giovanni, ci offrono questa testimonianza: “Era esemplare nella povertà, di spirito e materiale. Era molto distaccato dalle cose e aveva, soprattutto, la povertà di spirito. Era molto disinteressato per se stesso per interessarsi agli altri. Visse la povertà in alto grado. Ci insegnò ad essere soddisfatti di quel poco che avevamo. Ci esortava a non sprecare le cose. Visse sempre con pochi soldi. Spendeva ciò che aveva a beneficio della comunità”.
 
       Il messaggio che ci viene dalla vita e della testimonianza del Beato Giovanni Schiavo è di una sorprendente luminosità evangelica: “la strada per la santità passa per quella che comunemente chiamiamo vita normale. Non siamo chiamati a diventare Santi nonostante la quotidianità ma a partire da essa”.
C’è — in questa prospettiva — quasi una purificazione dell’idea stessa di santità. La santità, infatti, non è una chiamata per poche e scelte persone eccezionali, quasi degli eroi, una specie di traguardo irraggiungibile per i più; la santità è la vocazione fondamentale di ogni cristiano a partire dal Battesimo. Il “rosario di santità” della nostra Chiesa diocesana — ricevuto come grazia del Signore — ci richiama a questa vita semplice, ordinaria ma affascinante che tutti possiamo percorrere.
 
       Ora possiamo chiederci: quale rilevanza e quale importanza può offrire la testimonianza del Beato Giovanni per la nostra Chiesa e per la nostra società?
 
       La Chiesa, che per sua natura è santa in rapporto a Cristo, nato-morto-risorto per la nostra salvezza, è pure costituita da uomini e da donne peccatori. La Chiesa oggi è ferita e macchiata da tante infedeltà, anche gravissime, da parte dei pastori e dei fedeli. La testimonianza del Beato Giovanni Schiavo diventa uno stimolo per lottare contro il proprio peccato e contro tutte quelle che chiamiamo “strutture di peccato”, generate dalla nostra società. Egli diventa così un testimone prezioso, un sacerdote fedele al suo ministero,  amante della preghiera, zelante per la salvezza delle anime, per la promozione umana e cristiana della gioventù, specialmente la più povera.
 
       Ammirevoli sono pure la sua dedizione e il forte senso di responsabilità nella cura delle vocazioni, sia alla vita religiosa sia a quella sacerdotale. Un altro aspetto del suo esempio è racchiuso nel motto “fare il bene e farlo bene”. Padre Giovanni è straordinario nell’ordinario, egli ci insegna, con la sua vita, a coniugare insieme vita di fede e impegni di ogni giorno, contemplazione e azione.
 
       Un altro esempio che ha lasciato in eredità alla società di oggi è la fiducia nella Divina Provvidenza che agisce ed è presente pure in un mondo che a causa delle disuguaglianze e di una ingiusta distribuzione dei beni, ha prodotto e produce povertà estreme e ha generato così tanti uomini e donne bisognosi, emarginati, scartati.
 
       Padre Giovanni ci insegna la libertà in relazione al consumismo e all’attaccamento ai beni materiali, ci stimola alla legge dell’amore, della solidarietà con i poveri, specialmente tra le persone più giovani. E, da ultimo, ci mostra che la devozione filiale alla Madonna e a San Giuseppe — che formano con Gesù la Santa Famiglia — è il mezzo più efficace per salvare e proteggere tutte le famiglie, cellule vive di una Chiesa in una società che si rinnova e riprende a sperare in un mondo più giusto e fraterno. Amen.
 

† Beniamino Pizziol
Vescovo di Vicenza