SANTA MESSA DI RINGRAZIAMENTO PER LA CANONIZZAZIONE DI SAN GIOVANNI ANTONIO FARINA (Roma, Basilica di Santa Maria Maggiore, 24 novembre 2014)

Carissimi fratelli e sorelle in Cristo,
un cordiale ed affettuoso saluto a tutti i fedeli della diocesi di Vicenza e delle altre diocesi della Chiesa Cattolica sparse nel mondo che, in questi giorni, sono accorsi a Roma per la canonizzazione di San Giovanni Antonio Farina. Saluto, in modo tutto particolare, gli alunni, i genitori, i maestri ed il personale delle Scuole del Farina assieme a tutti gli amici ospiti nelle comunità delle Suore Dorotee.
Un saluto, colmo di gioia e di gratitudine, alla Madre Generale Suor Emma Dal Maso, alle Madri Provinciali, alle Superiore e a tutte le Suore Maestre Dorotee, figlie dei Sacri Cuori.
Un saluto fraterno a Sua Eccellenza Monsignor Gianfranco Agostino Gardin, vescovo di Treviso, tra i successori del nuovo santo come Pastore della chiesa trevigiana.
Un saluto ai numerosi sacerdoti, ai diaconi, ai consacrati e alle consacrate, ai seminaristi del Seminario Maggiore di Vicenza.
Ed un saluto cordiale al signor Assessore, rappresentante del signor Sindaco di Vicenza.

Carissimi amici, i Santi ed i Beati di una Chiesa sono la nostra storia, sono i nostri Padri e le nostre Madri, attraverso loro, nella catena delle generazioni, ci è stata trasmessa la Fede.
Tutti noi, quindi, apparteniamo ad una storia dalla lunga memoria, ed i Santi che ci hanno preceduto nel segno della fede, sembrano dirci: “vi abbiamo consegnato Cristo e la sua speranza, non sprecate questo dono e siatene degni!”.
Da quando ci è stata annunciata la canonizzazione del vescovo Giovanni Antonio Farina, non solo le Suore Maestre Dorotee, da lui fondate, ma anche tante persone appartenenti al popolo di Dio e desiderose di dare un senso alla propria esistenza, hanno volto mente e cuore alla conoscenza di questo Santo uomo, sacerdote e vescovo che ha attraversato – con forte impegno e decisa passione, anche nel senso di sofferenza, tutte le vicende complesse dell’Ottocento italiano, e in particolare del Veneto, dalle guerre d’Indipendenza all’unità d’Italia. Giovanni Antonio nacque l’11 gennaio 1803 a Gambellara, un laborioso paese della diocesi berica, e morì a Vicenza il 4 marzo 1888.
Lo Spirito del Signore ha suscitato nel Farina molti carismi, tra i quali vorrei metterne in evidenza due in particolare, due doni che egli ha saputo mettere a frutto per il bene e l’utilità della nostra Chiesa e della società civile: il carisma dell’educatore e del pastore.
Data la presenza di alunni, genitori, maestri, animatori e del personale impegnato nella cura dei più deboli, vorrei far emergere, qui con voi, oggi, la figura di Giovanni Antonio Farina come grande educatore, dentro, comunque, l’orizzonte della Parola di Dio che è stata proclamata.
La prima lettura riporta le parole con cui il profeta Isaia si presenta agli israeliti, scoraggiati e delusi, dopo essere tornati dall’esilio di Babilonia nell’anno 538 a.C. La città di Gerusalemme è priva di difese, senza mura, le case cadenti, i terreni ereditati dai padri tutti occupati e perdura un periodo di siccità.
Quante volte, nella storia dei popoli e della famiglia umana, si sono vissuti periodi simili, più o meno lunghi di crisi sociale, economica, culturale, etica e religiosa. Per certi versi, è così anche il nostro tempo. Eppure Dio, Padre buono e misericordioso, non abbandona mai gli uomini e manda sempre il suo Spirito affinché susciti, in mezzo al suo popolo, profeti capaci di infondere coraggio e speranza a chi è deluso e sfiduciato.
Questo stesso Spirito, lo Spirito di Dio, Fonte dell’Amore, ha suscitato nella Chiesa e nella società vicentina e veneta del 1800 alcune persone, uomini e donne, perché si prendessero cura di coloro che il profeta Isaia ci descrive come miseri, dal cuore spezzato, prigionieri, schiavi ed afflitti da tanti problemi di ordine sociale e personale.
Tra questi, possiamo riconoscere – perché rifulge di una luce tutta particolare – la personalità di San Giovanni Antonio Farina.
Le qualità del nuovo Santo, ed in particolare le qualità che sostanziano la sua figura come educatore, trovano il loro sorgere ed il loro comporsi nella figura dello zio paterno, don Antonio, sacerdote molto zelante, di vasta cultura e di vita integerrima, che riuscì a trasmettere al nipotino Giovanni l’amore per lo studio e per la carità verso il prossimo, in particolare verso i più poveri e meno garantiti.
Compiuti, quindi, gli studi primari sotto la guida dello zio Antonio, all’età di 14 anni entrò nel Seminario di Vicenza. Dotato di vivace ingegno e di fervida fantasia, stante la valutazione dei suoi maestri, Giovanni Antonio eccelleva nel possesso della lingua italiana, latina e greca, ma ciò che lo distingueva maggiormente era la profonda pietà manifestata nelle parole, negli atteggiamenti e nella condotta morale.
Per questo il vescovo Monsignor Giuseppe Maria Peruzzi, che lo osservava e ne apprezzava le doti non comuni, già dal secondo anno di teologia gli assegnò l’incarico di insegnare grammatica ai seminaristi più piccoli.
Diventato prete il 14 gennaio 1827, a 24 anni, fu assegnato alla parrocchia di San Pietro, la più popolosa e problematica della città, come aiuto del parroco e del cappellano, svolgendo contemporaneamente il compito di professore nel Seminario diocesano.
Cominciò, così, la sua missione di educatore assumendo la direzione della “Pia Opera di Santa Dorotea”, fondata dal prete bergamasco don Luca Passi, per l’educazione cristiana delle giovinette. Ma ben presto si accorse che, pur essendo un’opera meritoria, essa tagliava fuori le giovinette più povere, costrette a vagabondare per le strade. Per far fronte a questa emergenza, istituì a Vicenza nel 1828 la “Casa di Istruzione” per fanciulle povere.
Solo nel 1836, però, don Giovanni Antonio stese una regola per le sue maestre, impegnandole ad una vita comune per dedicarsi alle fanciulle povere. Con l’approvazione del vescovo, l’11 dicembre di quell’anno, 1836, le prime tre maestre indossarono l’abito religioso: erano nate le Suore Maestre di Santa Dorotea, Figlie dei Sacri Cuori di Gesù e di Maria.
Nel 1840 don Farina accolse nel nuovo Istituto la prima bambina sordomuta, preludio di un grande progetto portato a compimento grazie ad un mirato metodo di istruzione.
Nel 1849 cominciò pure l’istruzione delle bambine cieche, per le quali organizzò un corso specifico di formazione, al termine del quale esse sapevano scrivere con rapidità e lavorare perfettamente a maglia. Si aggiunsero, inoltre, le fanciulle disabili psichiche e le civili, quindi il campo si allargò all’assistenza degli ammalati e degli anziani a domicilio, negli ospedali e nei ricoveri. Si può, a ragione, parlare così dell’“intelligenza della carità”, che il nostro Santo seppe mettere a servizio, con lungimiranza, per un bene più grande.
Il 16 febbraio 1841 arrivò la nomina da parte dell’Imperatore di direttore del Regio Liceo di Vicenza.
Ma, in fondo, come può essere caratterizzato lo stile educativo di San Giovanni Antonio?
Senz’altro – con l’immersione in una preghiera profondamente collegata alla vita – è dal rapporto intimo e personalissimo con il Signore che Giovanni Antonio seppe imparare e scoprire il suo stile educativo. E questo dice anche a tutti noi, impegnati in vari fronti e a vario titolo nella missione educativa, che per essere veri educatori occorre unire ascetismo e dolcezza, austerità e dominio di sé al fine di purificare ogni intenzione, ogni atto ed ogni slancio verso il nostro prossimo. Ecco perché le sue figlie spirituali, le nostre Suore Dorotee, sono le testimoni più autentiche di un amore semplice ed incisivo, distante dal clamore delle apparenze. Ma non solo.
Giovanni Antonio seppe far lievitare in sé ed attorno a sé una dimensione contemplativa della vita cristiana capace di tenere la mente ed i pensieri costantemente rivolti a Dio, restando tuttavia attenti e aperti alle esigenze del suo tempo, del quale fu acuto osservatore. Un nuovo stile educativo quindi, improntato alla dolcezza e alla affabilità unita alla fermezza. Di ciò rimane, a nostra e loro memoria, il motto delle Suore Dorotee inciso sul medaglione del loro abito: suaviter et fortiter.
Tutto questo sta a dirci che se l’istruzione non è riscaldata dall’amore, non basta ad educare. La cosa più lodevole per una maestra, per un animatore ed educatore, è l’imperturbabile mansuetudine, la costante amabilità, la continua pazienza, la serenità della vita che avviene e nasce dall’incontro con Gesù Cristo.
Il vero sapere – come disse un altro grande educatore, San Giovanni Bosco – sta nell’educazione del cuore, nella purificazione della coscienza: è da qui che nasce l’educazione globale della persona umana.
La prima responsabilità educativa – e Giovanni Antonio Farina l’aveva capito sin dall’inizio della sua attività caritativa, così intelligente – appartiene alla famiglia e non può essere delegata. Ecco perché ci vuole uno scambio costante tra famiglia ed insegnanti, fra parenti ed educatori, perché tutti abbiamo lo stesso obiettivo: la formazione globale della persona.
Desidero concludere questa omelia e queste brevi note con una preghiera, scritta da un altro vescovo di Vicenza, mio predecessore, Monsignor Pietro Nonis: “Tu, Signore, hai fatto della lunga vita di San Giovanni Antonio la misura di una universale carità, gli hai dato l’arte di donarsi ai piccoli, ai poveri, ai malati. Ed Egli ha risposto, attuando con coraggio umile il Tuo Vangelo, divenendo nella Tua Chiesa, immagine vivente del Tuo Amore. Amen”.
 

† Beniamino Pizziol
Vescovo di Vicenza