SANTA MESSA NEL GIORNO DI NATALE(Vicenza, chiesa cattedrale, 25 dicembre 2015)

Desidero porgere l’augurio di Santo Natale a ciascuno di voi e a tutti voi, fratelli e sorelle, consacrati e consacrate, canonici, sacerdoti, diaconi e a voi carissimi ascoltatori di Radio Oreb.
 
         In questa celebrazione del giorno di Natale — a partire dal Vangelo di Luca che abbiamo ascoltato — vorrei porre l’attenzione sui pastori, apparentemente personaggi secondari e marginali nella narrazione evangelica. In realtà essi rappresentano ciascuno di noi e anche tutti coloro che nella Chiesa hanno il compito di pastori. Essi sono i primi a contemplare il mistero di Dio fatto uomo, fanno parte della gente umile e semplice, provata da una vita dura, una vita di privazioni e di sacrifici, ma anche di gioie e di consolazioni.
 
         Il Vangelo li descrive attraverso un duplice movimento: l’andare verso Betlemme per incontrare il Bambino che è nato e ritornare annunciando quello che avevano visto. Sono i verbi del nostro cammino di fede. Dopo aver ascoltato l’annuncio dell’angelo, i pastori si dissero l’un l’altro: «Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere» (Lc 2,15b). E partirono, senza indugio, senza tentennamenti o ritardi. Sono essi i destinatari del grande annuncio, e già anticipano quelli che saranno i destinatari privilegiati dell’annuncio del Vangelo operato da Gesù: i peccatori, gli esclusi, i malati, i piccoli, i poveri.
         I pastori, che in quel lontano tempo non avevano alcun peso nella società, diventano, nel progetto di Dio, i primi testimoni della Rivelazione. Essi, poveri, sanno riconoscere Dio in un segno povero: «Un bambino avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia» (Lc 2,16).
 
         Lo stupore del Natale sta in questo: delle persone umili e povere sanno riconoscere un Dio che si fa umile e povero. E allora noi siamo chiamati a imitare i pastori, recandoci con gioia e premura verso la grotta di Betlemme per vedere Gesù e adorarlo.
         Per fare questo dobbiamo rivestirci di sentimenti di umiltà e di bontà, dobbiamo sentirci bisognosi di salvezza, di tenerezza e di amore autentico. Se rimaniamo chiusi nella nostra autosufficienza e nella nostra presunzione non riusciremo a incontrare il Salvatore. Il Natale è l’incontro con il bambino Gesù per accoglierlo nella nostra vita e lasciarci guidare da lui. In lui possiamo trovare la forza interiore per affrontare le fatiche e le difficoltà quotidiane senza cedere allo sconforto e alla desolazione.
 
         I pastori sono l’immagine di quanti proteggono e nutrono il fratello senza cedere alla fatica del vivere, alla tentazione dell’egoismo. Essi vegliano, sopportano, tengono gli occhi e le orecchie aperte affinché nulla accada di male a quanti sono stati loro affidati. Essi rappresentano le tante persone che ogni giorno, in famiglia come nel posto di lavoro, dalla strada all’ufficio, da sole o in compagnia, spendono energia e vita per non abbandonare il fratello al gelo del calcolo, al buio dell’indifferenza, al torpore del qualunquismo. Riconoscere le tante persone buone, serie e impegnate che innervano il tessuto sociale, permette poi di vivere un impegno più deciso per promuovere la giustizia che sola può garantire una pace autentica e duratura in tutti gli ambiti dell’esistenza umana: personale, sociale, religiosa, economica e ecologica.
 
         Ma l’incontro dei pastori con il Bambino Gesù si apre alla testimonianza: «E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro» (Lc 2,17). I pastori diventano i primi evangelizzatori e così anche ciascuno di noi, dopo aver sperimentato la gioia dell’incontro personale con il Signore Gesù dentro la comunità cristiana, è chiamato ad essere testimone gioioso del Vangelo.
 
         In questo momento vorrei ringraziare i tanti catechisti, animatori ed educatori della nostra diocesi che — accanto agli impegni lavorativi, professionali e familiari — si spendono per trasmettere la fede alle nuove generazioni. Un grazie vivissimo anche alle numerose religiose che testimoniano la maternità spirituale della Chiesa, con la loro generosa e fattiva presenza nelle nostre parrocchie. Un ringraziamento speciale ai tanti sacerdoti diocesani e religiosi che si prodigano con l’esempio e la parola per l’annuncio del Vangelo nella Chiesa diocesana e universale. E in questo momento vorrei esprimere, anche a nome vostro, un fervido augurio di Buon Natale ai nostri sacerdoti fidei donum in Brasile e in Thailandia e a tutti i missionari vicentini.
          Desidero, inoltre, ringraziare Papa Francesco per aver scelto tra i nostri sacerdoti un nuovo vescovo, nella persona di monsignor Pierantonio Pavanello, cancelliere vescovile. A monsignor Pierantonio va la nostra gratitudine per il prezioso ministero svolto in diocesi di Vicenza e a lui assicuriamo la nostra preghiera e il nostro affetto in attesa della sua ordinazione episcopale.
 
         Il Natale inaugura il tempo della misericordia, quel tempo che siamo chiamati a vivere nel Giubileo Straordinario voluto da Papa Francesco. Nella lettera dell’Apostolo Paolo abbiamo letto che: «Gesù ci ha salvati, non per le opere giuste da noi compiute, ma per la sua misericordia» (Tt 3,5). La misericordia e il perdono ricevuto da Dio ci salva, ci fa uomini e donne liberi e ci chiede di vivere lo stesso atteggiamento verso ogni fratello, a qualsiasi popolo e nazione appartenga. La misericordia lega la Chiesa e l’umanità tutta nella pratica di relazioni nuove. La misericordia, infatti, è un sentimento generativo, è partire dalla commozione per la vita perché la promessa di bene che Dio vi ha seminato giunga al suo frutto. Costi quel che costi, senza calcoli. L’agire che sorge da viscere compassionevoli, viene sempre dall’alto, da Dio.
 
         Auguro che la luce del Natale illumini le menti di tutti i governanti e i responsabili della società, rendendoli capaci di individuare quello che è bene per la nostra società civile; auguro che la pace del Natale si diffonda nel cuore delle nostre città, del nostro paese e di tutti gli abitanti per una rinnovata stagione di solidarietà, di amore fraterno, di attenzione soprattutto ai nostri giovani e alle nostre famiglie, che hanno bisogno di lavoro, di serenità e di guardare al futuro con fiducia.
         Auguro un buon Natale ai malati, che lottano e che per guarire, insieme alle medicine, necessitano della nostra vicinanza e del nostro sostegno. Auguro un buon Natale di cuore agli anziani, che costituiscono una straordinaria risorsa di saggezza e di fede. Auguro un buon Natale ai sacerdoti e ai diaconi, ai religiosi e alle religiose, ai seminaristi e a tutti i fedeli laici, affinché continuino ad annunciare — con tenacia e convinzione — la buona notizia che «il Verbo di Dio si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi». Amen.
† Beniamino Pizziol

Vescovo di Vicenza