SANTA MESSA “NELLA CENA DEL SIGNORE”(Vicenza, chiesa cattedrale, 29 marzo 2018)

Carissimi fratelli e sorelle, consacrate e consacrati, carissimi canonici, presbiteri, diaconi, amici ascoltatori di Radio Oreb, con questa celebrazione — nella sera del Giovedì Santo — siamo entrati in un’intensa comunione con Gesù, il Signore nostro, seguendolo nel cammino della sua Passione, Morte e Risurrezione; il cammino pasquale.
 
       La Chiesa, con la Celebrazione Eucaristica vespertina del Giovedì Santo, entra nel periodo più sacro dell’Anno Liturgico, i giorni che già Sant’Agostino chiamava “ Il Triduo di Gesù crocifisso, sepolto e risorto”.
 
       Il Vangelo secondo Giovanni che abbiamo ascoltato inizia con queste parole: «Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine» (Gv 13,1).
       L’Evangelista Giovanni ci dà una notizia mirabile, inaudita. Esiste Uno che intercetta e compie il desiderio più profondo del nostro cuore e di ogni cuore: essere amato definitivamente e per sempre, per poter — a mia volta — amare definitivamente e per sempre. La notizia ha dell’incredibile, perché tutto oggi sembra smentire l’amore stabile, l’amore per sempre a livello di amicizia, di relazioni personali, di vita matrimoniale, di promesse Sacerdotali, di voti nella Vita Consacrata, di responsabilità e impegni sociali.
 
       Carissimi giovani qui presenti in questa Celebrazione, tra poco laverò a voi i piedi, imitando il gesto di Gesù che si fece servo dei suoi discepoli. In preparazione al Sinodo dei Vescovi sui giovani, sulla fede e il discernimento vocazionale, ho desiderato incontrarvi nelle diverse zone pastorali di cui è formata la nostra diocesi. Vi ringrazio per la vostra accoglienza, per la vostra autenticità, per l’apertura dei vostri orizzonti, per la ricerca sincera di affetti stabili.
       Vi confesso, però, che ho intravisto in voi anche tratti di solitudine, di disorientamento e di delusione, soprattutto in rapporto al mondo di noi adulti e ho notato pure un desiderio e allo stesso tempo una fatica a sognare un mondo nuovo, più giusto e fraterno. Dove possiamo trovare la forza per vivere una vita piena di senso? Come possiamo essere capaci di fedeltà ai nostri impegni con un amore verso le persone, che sia autentico e per sempre? La mia risposta, che parte da una lunga e laboriosa esperienza personale, è questa: solo nell’incontro personale con Cristo dentro la comunità cristiana è possibile dare alla vita un nuovo orizzonte e una direzione decisiva.
 
       Cari amici, l’amore non è un discorso, né una passione da subire inermi, tantomeno un sentimento confuso o la reazione a un istinto. L’amore è una persona, il Figlio di Dio, Gesù Cristo che “amò i suoi fino alla fine” nonostante i loro tradimenti, i rinnegamenti, le fughe e le incomprensioni.
       Gesù è Dio che si china su di noi per lavarci i piedi: «Durante la cena… Gesù sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto» (Gv 13,2-5).
 
       Questo gesto di servizio e di amore di Gesù trova la sua massima espressione nel dono della sua persona, del suo corpo e del suo sangue, come ci ha trasmesso l’Apostolo Paolo nella Lettera ai Corinti: «Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese il pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: “Questo è il mio corpo”… Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: “Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue”» (1Cor 11,23-25).
 
       Gesù, facendoci suoi commensali alla Cena Eucaristica, realmente ci chiama a prendere parte al gesto culminante del suo amore per noi. Cibandoci del suo Corpo e del suo Sangue non siamo tanto noi ad assimilarlo ma è lo stesso Signore che ci assimila a lui e ci costituisce in una unità indistruttibile che ci rende membra gli uni degli altri. È questa potente unità che rende credibile il Vangelo di Cristo!
 
       Da qui viene a ciascuno di noi, questa sera, la più grande responsabilità nella Chiesa e nel mondo. Nell’Eucaristia — presenza reale di Gesù Cristo morto e risorto — viene continuamente rigenerata la nostra comunione con Dio e con i fratelli.
       La Celebrazione della Cena del Signore al Giovedì Santo ci chiede di rinnovare la consapevolezza di fede per far crescere il nostro stupore e la nostra gratitudine per la grandezza del dono che ci viene elargito, di rilanciare con forza e coraggio il nostro impegno a fare dell’Eucaristia il centro vero della nostra vita spirituale e morale. È nei gesti quotidiani che portiamo a compimento il comando di Cristo: “fate questo in memoria di me”. Non una memoria che occupa solo la mente, bensì una memoria viva e concreta che s’incarna nelle scelte e nelle azioni di ogni nostra giornata.
 
       Questa celebrazione termina con la Processione Eucaristica con cui il Santissimo Sacramento viene recato all’altare della reposizione per la Comunione del Venerdì Santo, giorno in cui la Chiesa, fin dalle origini, non celebra l’Eucarestia. Il Santissimo Sacramento, inoltre, viene conservato all’altare della reposizione per l’Adorazione dei fedeli.
       Possiamo concludere con le luminose parole del canto eucaristico Pange lingua il mistero che ora stiamo celebrando:
 
Nella notte della Cena
coi fratelli si trovò.
Del pasquale sacro rito
ogni regola compì
e agli apostoli ammirati
come cibo si donò.
 
Nuovo patto, nuovo rito,
nella fede si compì.
Al mistero è fondamento
la parola di Gesù.
 
       Amen.

† Beniamino Pizziol
Vescovo di Vicenza