SANTA MESSA NELLA NOTTE DI NATALE(Vicenza, chiesa cattedrale, 24 dicembre 2015)

Desidero porgere un cordiale augurio di Santo Natale a tutti voi, fratelli e sorelle, a voi consacrate e consacrati, canonici, sacerdoti e diaconi, e a voi carissimi ascoltatori di Radio Oreb.
 
         Il mistero del Natale ci raggiunge anche quest’anno, avvolgendoci con la sua luce, come aveva preannunciato il profeta Isaia: «Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse» (Is 9,1).
         La fatica della fede — in questo tempo di Natale — sta nel saper leggere gli avvenimenti attuali alla luce dei Vangeli della nascita di Gesù. Professare la fede nel Verbo incarnato, il Bambino Gesù, non ci estranea dalla terra ma ci chiede una appassionata fedeltà al mondo. Tutto il dramma umano è stato vissuto e assunto da Cristo e intorno a Lui vediamo sfilare le mille forme che coprono di tenebre il mondo, ma anche il cuore di tante persone.
 
         Al tempo in cui nacque Gesù, i popoli vivevano in un clima di pace relativa, la cosiddetta “Pax Romana”, ottenuta con la forza delle armi, degli eserciti, e quindi una pace fragile, sempre esposta a nuovi conflitti. Il contesto sociale e politico in cui viviamo oggi, a distanza di duemila anni da quell’evento, non è del tutto cambiato.
         Sperimentiamo, quotidianamente, quanto sia precaria la pace nel nostro mondo. Espressione delle tenebre, in cui siamo immersi, sono i focolai di guerra in tante parti del nostro pianeta, gli atti di terrorismo, falsamente giustificati da motivi religiosi, il propagarsi di sentimenti di odio e di inimicizia tra le persone, le comunità e i popoli.
         Ma se questi avvenimenti oscuri provocano un senso di impotenza e di smarrimento, l’ascolto orante del Vangelo fa sorgere in noi nuova speranza e nuovo coraggio. Accogliendo la luce di Cristo nel nostro cuore e nella nostra mente, siamo resi capaci di continuare la sua opera di misericordia e di salvezza verso il nostro mondo.
 
         I testi biblici e la liturgia di questa notte di Natale ci conducono alla grotta di Betlemme per essere illuminati dalla luce del Bambino Gesù, come dice l’Evangelista Giovanni nel prologo al suo Vangelo: «In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini, la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno accolta» (Gv 1,4-5).
         Gesù è la vera luce, che splende nelle tenebre e nel buio del mondo, luce che non può essere sopraffatta, che smaschera ogni forma di violenza e di ipocrisia. Avvolti da questa luce noi diventiamo uomini e donne di luce e così ci rendiamo conto che ogni atto di terrorismo, da qualunque parte e da qualunque ideologia provenga, è tenebra di male. Comprendiamo che la produzione, il commercio e la vendita di armi fanno grondare il mondo di sangue innocente. Comprendiamo che la violenza, sia tra le mura domestiche che tra le nazioni, può essere scongiurata disarmando il cuore delle persone, dall’odio e dall’intolleranza.
 
         Ma vogliamo fissare lo sguardo del cuore su Maria, la mamma del Bambino Gesù: «Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perchè per loro non c’era posto nell’alloggio» (Lc 2,6-7). È sorprendente rendersi conto che il primo atto salvifico, da parte del Verbo eterno, fattosi carne, è quello di chiedere asilo, alloggio, rifugio. Nel grembo di Maria prima, nella mangiatoia poi. La prima offerta di Gesù è paradossalmente una richiesta fatta a Maria e a Giuseppe e, mediante loro, a tutti noi: “accoglietemi, amatemi, prendetevi cura di me”. L’ammissione di un bisogno e il riconoscimento di una povertà, diventano nei Vangeli il luogo di un amore creativo, sempre nuovo, sollecito, imprevedibile. Andare a Betlemme significa misurarsi con il corpo del Salvatore, che nella sua fragilità si offre a noi per essere nutrito, dissetato, vestito, alloggiato, visitato, curato, e un giorno anche sepolto.
 
         I nostri occhi, così, si aprono sulla vita dei fratelli che abbiamo accanto perché la loro esistenza sia rispettata, accolta e amata. In questa notte santa desidero riproporre a voi fratelli e sorelle, ma anche a tutti gli uomini e le donne di buona volontà, tre gesti concreti di solidarietà e di condivisione da compiere in questo Anno Straordinario della Misericordia, indetto da Papa Francesco.
 
         Il primo gesto consiste nell’attuazione di sostegni di vicinanza come proposti da diverso tempo, dalla Caritas diocesana. Si tratta di un contributo economico fisso da versare per alcuni mesi o per un anno a persone o famiglie che si trovano in particolari difficoltà economiche.
         Come secondo gesto di solidarietà e di misericordia vi invito a realizzare in ognuno dei 22 vicariati — in cui è diviso il territorio della diocesi — una struttura di accoglienza per una famiglia o per una piccola comunità di profughi, mediante la formazione di un gruppo di volontari, generosi e motivati.
         Infine vi propongo di accogliere l’invito dei vescovi italiani, soprattutto per il tempo della Quaresima, a contribuire alla realizzazione di micro progetti, come pozzi, dispensari, aule scolastiche, nei paesi di provenienza di tanti immigrati, con una attenzione speciale al continente africano.
 
         Insieme ringraziamo il Signore per i segni del suo amore e della sua misericordia, che suscita in noi, anche in questo tempo così contraddittorio: la crescita di un maggior senso di solidarietà e di corresponsabilità, il rifiuto deciso della violenza, la disponibilità al dialogo serio e costruttivo tra persone di cultura, di religioni, e di storie diverse tra loro, la consapevolezza che la terra è la casa comune e per questo bisogna prendersi cura e considerarla come un organismo vivente che va difeso e rispettato.
         In questa celebrazione desidero ringraziare, anche a nome vostro, Papa Francesco per aver scelto un nuovo vescovo tra il nostro Clero, nella persona di monsignor Pierantonio Pavanello, al quale va la nostra gratitudine per il prezioso ministero svolto nella diocesi di Vicenza e a lui assicuriamo la nostra preghiera e il nostro affetto. 
 
         E ora mi rivolgo a voi giovani, che così numerosi avete voluto partecipare alla messa di Natale nella chiesa Cattedrale, per dirvi con tutto il cuore: non lasciatevi prendere dallo sconforto e non cadete nella rassegnazione per le difficoltà di realizzare un futuro lavorativo, professionale e vocazionale. Il Signore vi ha donato energie fisiche e spirituali, vi ha donato qualità mentali, affettive e creative. Egli vi donerà la luce per trovare – insieme agli adulti e ai responsabili della vita pubblica – quelle giuste opportunità affinché possiate offrire il vostro contributo per il bene comune della nostra società e anche della nostra Chiesa.
 
         A ciascuno di voi, alle vostre famiglie e alle vostre comunità auguro di cuore un Natale sereno, in cui diventare grembo accogliente per Gesù e con lui testimoni della Misericordia del Padre per ogni creatura. Amen.
† Beniamino Pizziol

Vescovo di Vicenza