SANTA MESSA NELLA NOTTE DI NATALE(Vicenza, chiesa cattedrale, 24 dicembre 2016)

         Desidero porgere un cordiale augurio di Santo Natale a tutti voi, fratelli e sorelle, a voi consacrate e consacrati, canonici, sacerdoti e diaconi e a voi carissimi ascoltatori di Radio Oreb.
 
          La notte di Natale suscita nei nostri cuori, e nei cuori di tanti uomini e donne, sentimenti di pace, di fraternità, di bontà. Ma, chiediamoci, da dove nascono e si nutrono questi sentimenti? Nascono da un evento unico e irripetibile, un evento che ha segnato e cambiato la Storia: l’incarnazione del Figlio di Dio, disceso dal cielo per la nostra salvezza, fatto uomo come noi, venuto in mezzo a noi, venuto per noi.  Sta qui la sorgente vera dei sentimenti di bontà, di pace e di fraternità, caratteristici del Natale.
 
         Il motivo della festa e della gioia è racchiuso nelle parole pronunciate dagli angeli ai pastori nella notte di Natale: “Non temete, ecco, vi annuncio una grande gioia che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un salvatore che è il Cristo Signore” (Luca 2,10-11).
 
         Con la nascita di Gesù si accende in noi la luce della speranza, del senso della vita, del coraggio di vincere ogni forma di paura: “Non temete”, dicono gli angeli, non abbiate paura. Quante paure dentro di noi! Paura del domani, paura della malattia e della fragilità del corpo, paura della crisi economica, paura della violenza e del terrorismo e tante altre paure.
 
         Ma in quale modo Gesù, nostro Salvatore, ci insegna e ci dà la forza per affrontare e superare queste paure? Prima di tutto perché lui assume e sperimenta in sé le nostre paure e ci indica la via per affrontarle e vincerle. Già la nascita avviene in un contesto di precarietà, povertà, emarginazione e subito i genitori devono migrare in Egitto per salvare il Bambino Gesù dalla furia omicida di Re Erode e anche da adulto dovrà sperimentare le sofferenze del rifiuto, della condanna e della morte violenta in Croce.
 
         Il Natale ci rivela che Dio non è lontano e indifferente alla nostra vita, ai nostri problemi ma è un Padre che ci ama fino al punto da donarci il suo Figlio: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio Unigenito”.
Dal momento che Dio si è fatto uomo, ogni uomo, anche il più povero e il più fragile, ha un valore infinito. Il Natale di Gesù illumina anche la storia umana, che nonostante la drammaticità degli eventi e delle vicende dolorose è comunque in cammino verso la luce vera, verso Cristo, il senso profondo della nostra esistenza, come ha annunciato il profeta Isaia “Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce, su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse” (Isaia 9,1).
 
         L’incarnazione del Figlio di Dio è il più grande dono che ci è stato fatto, e noi davanti a questo dono siamo chiamati a prendere una decisione: possiamo accogliere Gesù nella nostra vita, oppure rifiutarlo, o peggio ancora, restare indifferenti.
 
         Siamo chiamati ad accogliere nella nostra esistenza il piccolo Gesù, nelle persone dei piccoli di questo mondo, ricordando quello che ci ha detto: “In verità io vi dico: tutto quello che avrete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli l’avete fatto a me” (Matteo 25,40). Ma teniamo conto anche del severo ammonimento: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me” (Matteo 25,45).
 
         Sono molto forti le parole che troviamo nel prologo del Vangelo di Giovanni: “Venne fra i suoi e i suoi non l’hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio” (Giovanni 1,11-12). Queste parole dell’evangelista Giovanni mi hanno molto impressionato a tal punto che ho proposto alla comunità cristiana e civile una riflessione comune in ordine all’accoglienza, attraverso una lettera. Ho scritto che essere aperti all’accoglienza non è mai semplice perché ci espone al rischio di uscire dalle nostre certezze e comodità. E poi il clima culturale in cui viviamo ci spinge decisamente verso il ripiegamento nella sfera del privato, sia esso familiare, religioso o sociale.
         Accogliere significa ricevere qualcuno riconoscendogli la sua dignità di persona, creando una relazione solidale, ponendosi in un atteggiamento di empatia, accorciando le distanze. Nella lettera troverete anche delle indicazioni concrete su come attuare l’accoglienza verso i fratelli e le sorelle che il Signore pone sul nostro cammino.
 
         In questo momento desidero rivolgermi a voi giovani che partecipate a questa Santa Messa nella notte di Natale, ma attraverso voi vorrei arrivare anche a tanti altri vostri amici che incontrate a scuola, all’università, nei molteplici luoghi di ritrovo.
         Voi chiedete di essere accolti con premura e competenza nel tempo della formazione negli studi e poi nel mondo del lavoro per poter dare il meglio di voi. Siete per età e per natura aperti alla novità, alle relazioni nuove e significative, alla conoscenza e all’accoglienza di altre persone, di altre culture e altri mondi.
         In questi ultimi tempi, dal 13 novembre dell’anno scorso tre giovani italiani hanno pagato con la loro vita la decisione di superare le frontiere geografiche, culturali e religiose, aspirazione tipica di una generazione cosmopolita. Li voglio ricordare: Valeria Solesin di Venezia, uccisa nella strage del teatro Bataclan a Parigi, il 13 novembre 2015, aveva 28 anni; Giulio Regeni di Udine, ucciso in Egitto tra la fine di gennaio e i primi di febbraio di quest’anno, aveva 28 anni; Fabrizia di Lorenzo, di Sulmona, travolta dal tir lanciato da un terrorista contro un mercatino di Natale a Berlino, mercoledì scorso, aveva 31 anni.
 
         Non lasciatevi prendere dallo sconforto e non cadete nella rassegnazione. Il Signore vi ha donato energie fisiche e spirituali, vi ha donato qualità mentali, affettive e creative perché possiate offrire il vostro contributo per il bene comune della nostra società e anche della nostra Chiesa.
 
         Auguro che la luce del Natale illumini le menti di tutti i governanti e i responsabili della politica e dell’economia, rendendoli capaci di individuare quello che è bene per la nostra società civile; auguro che la pace del Natale si diffonda nel cuore delle nostre città, del nostro paese e di tutti i suoi abitanti per una rinnovata stagione di solidarietà, di amore fraterno, di attenzione, soprattutto ai nostri giovani e alle nostre famiglie, che hanno bisogno di lavoro, di serenità e di guardare al futuro con fiducia.
         Auguro un buon Natale ai malati, che per guarire, insieme alle cure mediche, necessitano della nostra vicinanza e del nostro sostegno. Auguro un buon Natale di cuore agli anziani, che costituiscono una straordinaria risorsa di saggezza e di fede per le nostre comunità. Auguro un buon Natale ai sacerdoti e ai diaconi, ai religiosi e alle religiose, ai seminaristi e a tutti i fedeli laici, affinché continuino ad annunciare — con tenacia e convinzione — la buona notizia che «il Verbo di Dio si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi». Amen.

 

† Beniamino Pizziol
Vescovo di Vicenza