SANTA MESSA PER IL PELLEGRINAGGIO DIOCESANO AL SANTO DI PADOVA NEL CORSO DELLA “TREDICINA”(Basilica del Santo, martedì 7 giugno 2016)

Carissimi pellegrini della diocesi di Vicenza e pellegrini qui convenuti da tante parrocchie della Regione Ecclesiastica Triveneto, carissimi Frati Minori Conventuali, sacerdoti, diaconi, consacrati e consacrate, amici ascoltatori di Radio Oreb,
 
         in questo Anno Giubilare della Misericordia il nostro pellegrinaggio alla Basilica del Santo acquista un significato particolare, perché si innesta nell’esperienza dei pellegrinaggi che sono stati proposti da Papa Francesco e dai Vescovi delle nostre diocesi come segno di conversione e di penitenza.
 
         Durante questo mese di giugno i cari Frati Minori Conventuali stanno proponendo ai pellegrini la scoperta degli “spazi simbolici della Misericordia” presenti in questa Basilica e così pure hanno già offerto una riflessione a partire dagli scritti del Santo ‘sulla Misericordia e le sue conseguenze nella vita dei credenti’. Per questo li ringrazio.
         La vita e l’opera di Sant’Antonio sono così ricche di avvenimenti e di aspetti, che mi sento quasi obbligato – ogni volta che presiedo l’Eucaristia nella Tredicina in suo onore – a scegliere un tratto significativo della sua vita perché possiamo farne tesoro: per ciascuno di noi, per le nostre comunità e per la Chiesa intera. Quest’anno vorrei riflettere con voi su Sant’Antonio come insigne predicatore.
 
         Il brano della Prima Lettera di Paolo ai Corinzi mette bene in luce la figura del missionario, chiamato a predicare il Vangelo di Cristo. L’Apostolo sente come dovere, come obbligo la predicazione del Vangelo, egli infatti afferma: «Guai a me se non predicassi il Vangelo» (1Cor 9,16b). Si tratta di un compito che gli è stato affidato e che deve compiere come servizio gratuito, senza esigere alcuna ricompensa, anche se gli è riconosciuto il diritto di ricevere quanto gli occorre per vivere. In questo brano vi è anche un secondo aspetto che riguarda il modo in cui Paolo è chiamato a predicare il Vangelo: «farsi tutto a tutti» (1Cor 19.22), anzi farsi servo di tutti, rinunciando alla propria libertà per guadagnare tutti al Vangelo.
         E ora ci chiediamo: come il Santo di Padova ha accolto questo dovere, questa necessità di predicare il Vangelo di Cristo?
 
         Antonio, dopo aver partecipato al celebre “Capitolo delle Stuoie” del 1221, quando davanti a Francesco si radunarono più di tremila Frati – venuti da ogni parte del mondo – riprese la strada del ritorno verso la città di Forlì, in Emilia Romagna. E lì, un giorno, durante una Sacra Ordinazione, venne a mancare il predicatore. Il Ministro Provinciale ordinò ad Antonio di dire quello che Dio gli ispirava. Fu la prima occasione per scoprire in lui un insospettato e geniale predicatore. Dopo quella rivelazione, Antonio venne scelto come predicatore itinerante e come maestro di teologia dei suoi confratelli. Francesco stesso gli scrisse un biglietto di approvazione e quasi di “nomina”: «A frate Antonio, mio Vescovo (così lo chiamava Francesco, per esprimere venerazione davanti alla sua autorevolezza). Mi piace che tu insegni teologia ai Frati, purché in tale occupazione tu non estingua lo spirito della santa orazione e devozione, come è scritto nella Regola».
         Sostenuto dall’approvazione di Francesco, Antonio percorse prima l’Italia, poi la Francia nei territori degli Albigesi, dedicandosi alla formazione teologica dei suoi Frati e alla predicazione incessante: parlava ai poveri e ai ricchi, a popolani e prelati, agendo da paciere, riempiendo le piazze e i mercati, perché non bastavano le chiese, tanta era l’attrazione che esercitava.
 
         Il Vangelo di Luca, che abbiamo ascoltato, ci dice che il Signore Gesù sceglie non solo i Dodici per annunciare il suo Vangelo, ma anche altri 72 discepoli. E la prima cosa che chiede è la preghiera. La missione deve iniziare con la preghiera, originata dalla consapevolezza della  sproporzione esistente tra l’ampiezza della messe e l’esiguità degli operai.
“Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe” (Lc 10, 2b). La preghiera educa gli inviati a vivere la missione come il lavoro di Dio: la messe non appartiene ai discepoli ma a Dio. Inoltre, attraverso la preghiera, il discepolo è educato a conformare desideri, pensieri, sentimenti, ai desideri, ai pensieri e ai sentimenti di Dio.
 
         I versetti conclusivi del Vangelo di oggi ci indicano anche la modalità, lo stile che deve accompagnare chi è inviato a evangelizzare: «Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà messo innanzi, curate i malati che vi si trovano e dite loro: è vicino a voi il Regno di Dio» (Lc 10,8-9). Antonio ha trascorso gli ultimi anni della sua vita nella città a cui è legato il suo nome, a Padova. Padova era allora una città nuova, appena ricostruita dopo l’incendio che l’aveva distrutta nel 1174: i mercati erano fiorenti, celebri le industrie della lana e del lino, prestigiosa l’Università (fondata nel 1222), numerosi gli studenti, forte l’esercito, notevole l’afflusso dei nuovi ricchi e l’avvento dei nuovi nobili. Quando Antonio vi giunse “potente in opere e in parole” la sua vita stava per compiersi. Vi predicò la Quaresima, che secondo alcuni autorevoli studiosi “costituì la rifondazione cristiana di Padova, la sua rinascita nello spirito”. Dopo le prime prediche, qualsiasi chiesa si rivelò insufficiente a contenere la folla che – secondo le stime dei primi biografi – raggiunse la cifra di circa trenta mila uditori. Fu necessario riversarsi nelle piazze. Parlava di Dio, correggeva i vizi, esortava al bene, interveniva sui più concreti problemi della città.
 
         Facendo memoria di questo Santo, dottore evangelico, sublime predicatore, il Santo dei miracoli, ci poniamo alcune domande, a livello personale e a livello ecclesiale: noi siamo preoccupati di testimoniare il Vangelo con la nostra vita in mezzo ai nostri fedeli, nelle periferie della nostra diocesi, dove c’è sofferenza, solitudine, degrado umano? Siamo animati, come il Santo di cui oggi facciamo memoria, dal desiderio insopprimibile di far conoscere Cristo e il Suo Vangelo nei luoghi dove trascorriamo le nostre giornate, sul posto di lavoro, a scuola, in famiglia, nella comunità, nel mondo?
 
         Sant’Antonio si è lasciato illuminare dallo Spirito Santo, ha permesso a Cristo di abitare nel suo cuore ed è stato condotto da Dio Padre sulle strade del mondo. Chiediamogli di aiutarci a riporre sempre la fiducia in Dio, specialmente nei momenti della prova e del dolore e di benedire il nostro ministero, il nostro lavoro e le nostre famiglie. 
† Beniamino Pizziol

Vescovo di Vicenza