SANTA MESSA SOLENNE AI PRIMI VESPRI DELLA TERZA DOMENICA DI AVVENTO E INAUGURAZIONE DELL’ANNO SANTO DELLA MISERICORDIA(Vicenza, chiesa cattedrale, sabato 12 dicembre 2015)

Carissimi fratelli e sorelle, provenienti da varie parrocchie della nostra diocesi,
carissimi canonici, sacerdoti, diaconi,
ascoltatori di Radio Oreb,
 
         dopo aver varcato la porta principale della nostra chiesa cattedrale, completamente spalancata, abbiamo fatto memoria del nostro Battesimo, segnandoci con l’acqua benedetta e abbiamo così inaugurato il Giubileo straordinario della Misericordia nel territorio fisico e umano della nostra amata diocesi di Vicenza.
 
         In questa liturgia della Terza Domenica di Avvento, vogliamo sentire rivolte a ciascuno di noi, alla Chiesa intera, e a tutti gli uomini e le donne del nostro mondo, le parole del profeta Sofonia: «Rallegrati, figlia di Sion, grida di gioia, Israele; esulta e acclama con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme» (Sof 3,14).
L’autore sacro, infatti, dopo aver annunciato il giudizio di Dio, nel giorno del Signore, un giudizio severo sul popolo d’Israele precipitato nella corruzione politica, nel lassismo religioso e nel degrado morale – all’improvviso esplode in un inno alla gioia. Queste parole di giubilo prendono il posto delle parole di condanna, il linguaggio dell’amore prende il posto di quello dell’ira. Tutto ciò viene operato da Dio, Salvatore potente, che si manifesta mediante un amore tenero e forte, stabile e sicuro come quello di uno sposo per la sua sposa.

         La letizia è anche il motivo ispiratore del testo dell’Apostolo Paolo ai Filippesi, « Fratelli, siate lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti. Il Signore è vicino» (Fil 4,4-5). Dio rimuove la paura nel cuore degli uomini sostituendovi la sua pace e un rapporto schietto e sincero con Lui – fatto di preghiere, suppliche e ringraziamenti. Stupendo è il versetto finale di questo brano: «La pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù». Sia questo l’auspicio per tutti in questo Anno Giubilare della Misericordia.
 
         Siamo chiamati ad aprire le porte alla misericordia di Dio, senza nulla anteporre all’amore di Dio per l’umanità. La parola più potente, più efficace della misericordia di Dio è Gesù Cristo, la Parola fatta carne nel mistero dell’Incarnazione che ci stiamo preparando a celebrare nel Santo Natale. Aprire le porte alla misericordia di Dio significa aprire le porte a Cristo, come all’amore della nostra vita. Così si espresse il cardinale Carlo Maria Martini: «Aprire le porte a Cristo significa lasciarlo entrare, lasciarsi amare, lasciarsi perdonare. Apre le porte a Cristo chi impara ad amarlo e ad amare con lui e in lui ogni altro uomo, ogni altro gruppo, razza, popolo, chi si impegna a perdonare e a fare pace. Le porte chiuse a Cristo sono le porte del razzismo, delle diffidenze, delle chiusure mentali, le porte chiuse anche di un certo elitarismo spirituale. Tenere le porte chiuse a Cristo, amore misericordioso, vuol dire entrare nella ruota dannata delle contrapposizioni, per cui io non posso definirmi se non contro qualcuno».
 
         Vi è anche un aspetto ecclesiale dell’aprire le porte a Cristo, che significa guardare tutto a partire dal cuore misericordioso di Cristo Crocifisso. Questo sguardo amoroso al cuore di Cristo, ci aiuta a superare le divisioni della Chiesa in noi: “noi stiamo da questa parte, voi state dall’altra; noi siamo di quello e voi siete di quell’altro”. C’è, poi, un aspetto cosmico dell’aprire le porte a Cristo. Che significato ha per il mondo il nostro aprire le porte all’amore misericordioso di Cristo?
         Il cuore di Cristo Crocifisso è come un osservatorio da cui guardare tutta la storia per intessere rapporti di amore e di amicizia veri, capaci di attraversare e trasformare la sanguinosa vicenda umana. Solo l’amore è credibile. Ma è credibile solo l’amore che può essere toccato con mano e verificato attraverso i suoi frutti.
 
         Facciamo nostra questa sera la domanda che le folle, i pubblicani e i soldati hanno posto a Giovanni Battista: «che cosa dobbiamo fare?». A questo interrogativo, Giovanni risponde attraverso tre tappe.
 
         La prima è quella dell’amore verso i poveri, che significa instaurare un regime di vita che abbia al centro la condivisione e la solidarietà verso i più bisognosi. La seconda tappa è quella della giustizia nelle relazioni sociali. Giovanni dà questa risposta ai pubblicani, esattori delle tasse: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato» (Lc 3,13).
Nella terza tappa entrano in scena i soldati, ai quali il Battista chiede di mettere al bando la violenza, la brutalità e l’avarizia: «non maltrattate e non estorcete niente a nessuno, accontentatevi delle vostre paghe» (Lc 3,14).
 
         Dopo aver contemplato il volto misericordioso di Dio, che si fa visibile nella persona del suo Figlio Gesù, anche noi – all’inizio di questo Anno Santo –  chi chiediamo: “che cosa dobbiamo fare?”. Prima di tutto dobbiamo prendere coscienza di essere un popolo di peccatori perdonati da Dio, dobbiamo essere consapevoli di essere tutti – nessuno escluso – i destinatari della misericordia di Dio, e quindi di essere, a nostra volta, misericordiosi come è misericordioso il nostro Padre Celeste.
         E come testimonianza concreta della misericordia ricevuta, vogliamo aprirci ad alcuni gesti di solidarietà e di condivisione. Ve ne propongo tre come segni comunitari, altri li potrete scegliere voi nelle vostre famiglie e nelle vostre comunità.
 
         Il primo gesto consiste nell’attuazione dei “sostegni di vicinanza”, come proposti, da diverso tempo, dalla Caritas Diocesana. Si tratta di un contributo economico fisso da versare per alcuni mesi, o per un anno, a persone o famiglie che si trovano in particolari difficoltà.
Come secondo gesto di misericordia vi invito a realizzare in ognuno dei 22 vicariati – in cui è diviso il territorio della diocesi – una struttura di accoglienza per una famiglia o per piccole comunità di profughi mediante un gruppo di volontari, generosi e motivati; già metà dei nostri vicariati hanno attuato questa proposta.
Infine, vi propongo di accogliere l’invito dei Vescovi italiani, soprattutto per il tempo di Quaresima, a contribuire alla realizzazione di micro progetti, come pozzi, dispensari, scuole, strade, nei paesi di provenienza di tanti immigrati, con una attenzione particolare al continente africano.
 
         Alla fine della Santa Messa varcheremo ancora una volta la porta della cattedrale, questa volta non per entrare ma per uscire, come ci verrà ricordato nella parabola del padre misericordioso: «suo padre usci a supplicarlo» (Lc 15,28).
         Sia questo il nostro autentico pellegrinaggio: camminare verso Cristo che si fa incontrare nelle periferie. Ci sono momenti nei quali in modo più forte siamo chiamati a tenere fisso lo sguardo sulla misericordia per diventare noi stessi segno efficace dell’agire del Padre. Questo Giubileo Straordinario della Misericordia – tempo favorevole per la Chiesa – renda più forte e incisiva la nostra testimonianza di credenti.
 
         Approfittiamo di questo tempo santo che ci è donato per rinnovare la nostra esistenza cristiana, personale e comunitaria. Ci siano di modello i Santi e i Beati della nostra Chiesa diocesana e – in particolare – ci tenga per mano Maria, la Madre di Misericordia, la nostra Madonna di Monte Berico; la dolcezza del suo sguardo ci accompagni affinché tutti possiamo riscoprire la gioia della tenerezza di Dio. Amen.

† Beniamino Pizziol

Vescovo di Vicenza