Carissimi fratelli e sorelle, consacrati e consacrate,
sacerdoti, diaconi, amici ascoltatori di Radio Oreb,
gentile signor Sindaco e distinte autorità.
La fine di un anno civile ricorda al cristiano che la Storia è guidata da Dio e a Lui va il nostro ringraziamento per i doni ricevuti e la nostra preghiera per chiedere la sua protezione per il nuovo anno che sta per iniziare.
I doni ricevuti dal Signore, le gioie e le consolazioni vissute nel corso di quest’anno potranno apparire sempre più piccole e povere rispetto alle fatiche e alle sofferenze. Forse, in questo momento, portiamo nel cuore — a livello personale — il dolore per la morte di una persona cara, la preoccupazione per lo stato della nostra salute o quello di persone a noi care, la ferita per un affetto entrato in crisi. Ma a livello sociale portiamo, sicuramente, nel cuore l’afflizione e l’inquietudine per gli atti di terrorismo compiuti a Parigi nel novembre scorso, per i focolai di guerre che si accendono continuamente in diverse parti del nostro pianeta, per la sorte di tanti nostri fratelli cristiani minacciati e uccisi in odio alla loro fede.
Abbiamo ben presente quanto ci disse il Concilio Ecumenico Vaticano II, nella costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo: «Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore» (GS, 1).
Noi crediamo che la Parola di Dio — contenuta nelle Sante Scritture che abbiamo ascoltato in questa liturgia — è capace di dare un senso decisivo e una giusta direzione al Tempo e alla Storia che il Signore Gesù ci dona di vivere.
Quando Giovanni scrive l’Apocalisse si trova in esilio nell’isola di Patmos, “a causa della Parola di Dio e della testimonianza di Gesù”, dopo aver subito crudeli torture. I cristiani stanno subendo persecuzioni violente e pare che il Signore Gesù tardi a venire. C’è la tentazione dello scoraggiamento, della rassegnazione, dell’abbandono della fede. L’autore dell’Apocalisse ci fa capire che la Storia — anche nelle sue manifestazioni più oscure e preoccupanti — non sfugge alla signoria di Cristo, l’unico che è in grado di “aprire il libro e di scioglierne i sigilli”. A Lui, a Cristo, è possibile svelare il significato della Storia perché l’ha assunta totalmente, come proclama uno dei prefazi del Natale: «Il Verbo appare visibilmente nella nostra carne per assumere in sé tutto il creato e sollevarlo dalla sua caduta» (Prefazio di Natale II).
Gesù è vissuto ed è morto per ciascuno di noi e per tutti noi: «È stato immolato e ha riscattato per Dio, con il suo sangue, uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione» (Ap 5,9b). La Passione, Morte e Risurrezione di Cristo ha reso possibile l’inizio di un cielo nuovo e di una terra nuova dove verrà asciugata ogni lacrima, non vi sarà più la morte, né lutto né lamento né affanno, egli farà nuove tutte le cose (cfr. Ap 21,1-5).
Il Vangelo di Matteo ci assicura che Gesù sarà sempre con noi, «tutti i giorni fino alla fine del mondo» (Mt 28,20b). Le parole che abbiamo ascoltato sono vere, efficaci o solo consolatorie e tranquillizzanti? Possiamo già intravedere i segni della presenza del Signore nella nostra Storia presente?
Alla luce del Vangelo sento questo Tempo che stiamo vivendo gravido di prospettive nuove e, assieme, di possibilità: sta nascendo una nuova umanità e una nuova terra. Si sta sviluppando un cammino di umanizzazione, ispirato a una coscienza morale che coinvolge l’umanità seria e impegnata, quella cristiana e quella non cristiana, come quella impegnata nelle molteplici vie della spiritualità e della ricerca religiosa. In seguito agli avvenimenti drammatici che ho poco fa ricordato, sta crescendo un maggior senso di solidarietà sociale, di responsabilità personale e pubblica. Si sta facendo strada — nelle coscienze — un deciso rifiuto di ogni forma di fondamentalismo e di fanatismo, da qualunque parte e da qualunque ideologia provenga e così pure una ferma condanna della produzione, del commercio e dell’uso generalizzato delle armi.
Nello stesso mondo islamico sta emergendo una dissociazione da qualsiasi forma di violenza e di terrorismo, falsamente giustificata da motivi religiosi. Così non possiamo non vedere l’emergere di una nuova cultura aperta all’accoglienza, all’attenzione dei deboli e dei meno garantiti, una cultura della prossimità che crea un ambiente sempre più propenso alla riconciliazione e al perdono. In questo nostro Tempo assistiamo, pure, a una presa di coscienza ecologica, che ci spinge a impegnarci nella cura della casa comune, come ci ha chiesto Papa Francesco nella lettera enciclica “Laudato sì”. Scrive il priore di Bose, Enzo Bianchi: «Vorremo essere voce anche degli alberi che ci stanno accanto sussurrando al soffio del vento, degli animali che piangono e cantano, delle piante immobili che hanno la sola vocazione di restare là dove sono».
Nell’anno nuovo che sta per iniziare siamo sollecitati dal Santo Padre a vivere, a pensare, ad agire partendo dalla consapevolezza che il Dio in cui crediamo è un Padre ricco di Misericordia e di Perdono, e questo ci mette affratella con le gradi tradizioni ebraica e musulmana che pregano Dio come “Il Misericordioso”.
Tra poco canteremo Te Deum laudamus, “Noi Ti lodiamo, o Dio”. La Chiesa ci invita a non terminare l’anno senza rivolgere al Signore il nostro ringraziamento per tutti i suoi benefici. Con l’animo colmo di gratitudine ci disponiamo a varcare la soglia dell’anno 2016, ricordando che il Signore veglia su di noi e ci custodisce. A Lui, questa sera, vogliamo affidare il mondo intero, il nostro paese, il nostro territorio e la nostra diocesi.
Deponiamo questi voti e queste suppliche nelle mani di Maria, la Madre di Gesù, la nostra Madonna di Monte Berico, che invochiamo come Madre di Misericordia. Amen!
sacerdoti, diaconi, amici ascoltatori di Radio Oreb,
gentile signor Sindaco e distinte autorità.
La fine di un anno civile ricorda al cristiano che la Storia è guidata da Dio e a Lui va il nostro ringraziamento per i doni ricevuti e la nostra preghiera per chiedere la sua protezione per il nuovo anno che sta per iniziare.
I doni ricevuti dal Signore, le gioie e le consolazioni vissute nel corso di quest’anno potranno apparire sempre più piccole e povere rispetto alle fatiche e alle sofferenze. Forse, in questo momento, portiamo nel cuore — a livello personale — il dolore per la morte di una persona cara, la preoccupazione per lo stato della nostra salute o quello di persone a noi care, la ferita per un affetto entrato in crisi. Ma a livello sociale portiamo, sicuramente, nel cuore l’afflizione e l’inquietudine per gli atti di terrorismo compiuti a Parigi nel novembre scorso, per i focolai di guerre che si accendono continuamente in diverse parti del nostro pianeta, per la sorte di tanti nostri fratelli cristiani minacciati e uccisi in odio alla loro fede.
Abbiamo ben presente quanto ci disse il Concilio Ecumenico Vaticano II, nella costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo: «Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore» (GS, 1).
Noi crediamo che la Parola di Dio — contenuta nelle Sante Scritture che abbiamo ascoltato in questa liturgia — è capace di dare un senso decisivo e una giusta direzione al Tempo e alla Storia che il Signore Gesù ci dona di vivere.
Quando Giovanni scrive l’Apocalisse si trova in esilio nell’isola di Patmos, “a causa della Parola di Dio e della testimonianza di Gesù”, dopo aver subito crudeli torture. I cristiani stanno subendo persecuzioni violente e pare che il Signore Gesù tardi a venire. C’è la tentazione dello scoraggiamento, della rassegnazione, dell’abbandono della fede. L’autore dell’Apocalisse ci fa capire che la Storia — anche nelle sue manifestazioni più oscure e preoccupanti — non sfugge alla signoria di Cristo, l’unico che è in grado di “aprire il libro e di scioglierne i sigilli”. A Lui, a Cristo, è possibile svelare il significato della Storia perché l’ha assunta totalmente, come proclama uno dei prefazi del Natale: «Il Verbo appare visibilmente nella nostra carne per assumere in sé tutto il creato e sollevarlo dalla sua caduta» (Prefazio di Natale II).
Gesù è vissuto ed è morto per ciascuno di noi e per tutti noi: «È stato immolato e ha riscattato per Dio, con il suo sangue, uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione» (Ap 5,9b). La Passione, Morte e Risurrezione di Cristo ha reso possibile l’inizio di un cielo nuovo e di una terra nuova dove verrà asciugata ogni lacrima, non vi sarà più la morte, né lutto né lamento né affanno, egli farà nuove tutte le cose (cfr. Ap 21,1-5).
Il Vangelo di Matteo ci assicura che Gesù sarà sempre con noi, «tutti i giorni fino alla fine del mondo» (Mt 28,20b). Le parole che abbiamo ascoltato sono vere, efficaci o solo consolatorie e tranquillizzanti? Possiamo già intravedere i segni della presenza del Signore nella nostra Storia presente?
Alla luce del Vangelo sento questo Tempo che stiamo vivendo gravido di prospettive nuove e, assieme, di possibilità: sta nascendo una nuova umanità e una nuova terra. Si sta sviluppando un cammino di umanizzazione, ispirato a una coscienza morale che coinvolge l’umanità seria e impegnata, quella cristiana e quella non cristiana, come quella impegnata nelle molteplici vie della spiritualità e della ricerca religiosa. In seguito agli avvenimenti drammatici che ho poco fa ricordato, sta crescendo un maggior senso di solidarietà sociale, di responsabilità personale e pubblica. Si sta facendo strada — nelle coscienze — un deciso rifiuto di ogni forma di fondamentalismo e di fanatismo, da qualunque parte e da qualunque ideologia provenga e così pure una ferma condanna della produzione, del commercio e dell’uso generalizzato delle armi.
Nello stesso mondo islamico sta emergendo una dissociazione da qualsiasi forma di violenza e di terrorismo, falsamente giustificata da motivi religiosi. Così non possiamo non vedere l’emergere di una nuova cultura aperta all’accoglienza, all’attenzione dei deboli e dei meno garantiti, una cultura della prossimità che crea un ambiente sempre più propenso alla riconciliazione e al perdono. In questo nostro Tempo assistiamo, pure, a una presa di coscienza ecologica, che ci spinge a impegnarci nella cura della casa comune, come ci ha chiesto Papa Francesco nella lettera enciclica “Laudato sì”. Scrive il priore di Bose, Enzo Bianchi: «Vorremo essere voce anche degli alberi che ci stanno accanto sussurrando al soffio del vento, degli animali che piangono e cantano, delle piante immobili che hanno la sola vocazione di restare là dove sono».
Nell’anno nuovo che sta per iniziare siamo sollecitati dal Santo Padre a vivere, a pensare, ad agire partendo dalla consapevolezza che il Dio in cui crediamo è un Padre ricco di Misericordia e di Perdono, e questo ci mette affratella con le gradi tradizioni ebraica e musulmana che pregano Dio come “Il Misericordioso”.
Tra poco canteremo Te Deum laudamus, “Noi Ti lodiamo, o Dio”. La Chiesa ci invita a non terminare l’anno senza rivolgere al Signore il nostro ringraziamento per tutti i suoi benefici. Con l’animo colmo di gratitudine ci disponiamo a varcare la soglia dell’anno 2016, ricordando che il Signore veglia su di noi e ci custodisce. A Lui, questa sera, vogliamo affidare il mondo intero, il nostro paese, il nostro territorio e la nostra diocesi.
Deponiamo questi voti e queste suppliche nelle mani di Maria, la Madre di Gesù, la nostra Madonna di Monte Berico, che invochiamo come Madre di Misericordia. Amen!
† Beniamino Pizziol
Vescovo di Vicenza
Vescovo di Vicenza