TE DEUM DI FINE ANNO(Vicenza, Tempio di San Lorenzo, 31 dicembre 2016)

         Carissimi fratelli e sorelle, consacrati e consacrate, sacerdoti, diaconi, amici ascoltatori di Radio Oreb, gentili autorità.
 
         Al termine di questo anno 2016 – che è stato pieno di eventi di gioia e di dolore, di speranza e di angoscia, ci ritroviamo insieme per elevare un inno di ringraziamento a Dio, Signore del Tempo e della Storia.
 
         L’ultimo giorno dell’anno è un giorno speciale, è tempo di bilanci, di resoconti, di valutazioni, un tempo che richiede un sano realismo, ma che apre anche a sogni, speranze e progetti. Nello stesso giorno, vecchio e nuovo si incontrano come in un abbraccio e l’uomo per alcuni istanti è messo di fronte al tempo che passa, al ricordo del passato e alla gioia del nuovo. Le vicende liete e positive vissute nel corso di quest’anno potranno apparire sempre più piccole e povere rispetto alle fatiche e alle sofferenze che abbiamo sperimentato.
 
         Nei giornali, nei telegiornali e in molteplici programmi, dibattiti, interviste, persone autorevoli in campo politico, sociale ed economico cercano di valutare l’anno trascorso e di prevedere nuovi, possibili, scenari a livello locale, nazionale e internazionale. Questa sera anche il Presidente della Repubblica darà il suo prezioso contributo a questo scopo.
Questi interventi sono utili e, per certi versi, anche necessari perché appartengono alla responsabilità e al compito di tutti coloro che hanno a cuore il bene delle persone, della società e della Chiesa, ma sono sempre e comunque delle letture parziali, limitate, sempre penultime e mai definitive. Ma a chi spetta, allora, una lettura ultima e definitiva della Storia?
 
         Il brano dell’Apocalisse che abbiamo letto ci parla – attraverso un linguaggio simbolico – del libro della Vita, della Storia, che è chiuso con sette sigilli. Nonostante i nostri potenti mezzi informatici, che rendono facilmente conoscibili le notizie che coinvolgono l’intera famiglia umana, non riusciamo a comprendere pienamente il senso degli eventi, spesso essi si fondono e si confondono, rendendo sempre più complessa l’interpretazione e anche la direzione in cui ci orientano.
L’Apocalisse – che significa “rivelazione, svelamento” – ci dice che solo «Gesù, l’Agnello immolato è degno di prendere il libro e di aprirne i sigilli», perché «Egli ha riscattato (resi liberi) con il suo sangue (con la sua vita) uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione (l’intera famiglia umana)». «Egli asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate, ecco io faccio nuove tutte le cose». E poi aggiunge: «queste parole sono certe e vere».
 
         Immagino l’interrogativo che sorge dal vostro cuore e dalla vostra mente: ma queste parole saranno vere e certe solo alla fine del mondo, solo nel giorno del giudizio, sono parole “utopiche”, “apocalittiche”, che non trovano luogo e spazio, perlomeno un riscontro nel tempo presente. Possono addirittura essere parole capaci di generare “frustrazione” nelle persone, che è la distanza tra la realtà e l’ideale.
E invece sono parole certe e vere nella misura in cui noi le leggiamo, le accogliamo e le testimoniamo a partire da Gesù, Colui – come ci ha detto il Vangelo – che «è con noi  tutti i giorni, fino alla fine del mondo». In Cristo, queste parole possono diventare realtà, stile di vita, testimonianza di una vita buona e bella.
 
         Pensiamo all’Anno Giubilare della Misericordia, ai tanto uomini, donne, famiglie, comunità religiose, associazioni di volontariato che quotidianamente si spendono per i più poveri, gli emarginati, gli scartati dalla società. Essi appartengono alle “cose nuove che Dio crea ogni giorno dentro la nostra storia”. Ho ancora impresso nel mio cuore l’incontro con 345 giovani, provenienti anche da altre diocesi (Padova, Lecco, Bergamo, Como) denominati “Quelli dell’Ultimo” che ora stanno incontrando persone anziane, disabili, disagiate, in 44 strutture del nostro territorio.
Voglio anche ricordare il messaggio del Papa per la Cinquantesima Giornata Mondiale della Pace: “La nonviolenza, stile di una politica per la pace”. Vi invito a procurarvelo e a leggerlo, è un discorso altamente politico, concreto, stimolante.
 
         Con l’animo colmo di gratitudine ci disponiamo a varcare la soglia dell’anno 2017, consapevoli che il Signore Gesù, l’Agnello Immolato per noi, veglia su di noi e ci custodisce, ed è con noi tutti i giorni sino alla fine del mondo.
A Lui, questa sera, vogliamo affidare il mondo intero, il nostro paese, il nostro territorio, la nostra città e la nostra diocesi. Deponiamo questi voti e queste suppliche nelle mani di Maria, la Madre di Dio e di Gesù, la nostra Madonna di Monte Berico, che invochiamo come Madre di Misericordia.
 
 

† Beniamino Pizziol
Vescovo di Vicenza