TESTIMONI DELLA GIOIARiflessione del Vescovo mons. Beniamino Pizziol all’inizio del nuovo anno pastorale 2014-2015(Piazzale della Vittoria a Vicenza, sabato 6 settembre 2014)

Un saluto cordiale e riconoscente a tutti voi, fedeli laici, sacerdoti, diaconi, consacrati e consacrate. Un saluto grato alle autorità presenti, al signor Sindaco, agli organizzatori di questo pellegrinaggio e a coloro che vigilano sulla salute e la sicurezza dei partecipanti. Un saluto affettuoso agli ascoltatori di Radio Oreb.
Siamo lieti di accogliere, per il secondo anno consecutivo, il gioiello di Vicenza, che riproduce l’ex voto fatto dai vicentini nel 1578 alla Madonna, per invocare la guarigione dalla peste. Oltre a una pregevole opera d’arte, vuole essere un segno di fede del nostro popolo. In questo momento desidero ricordare il compianto vescovo monsignor Pietro Nonis che ha dato inizio a questo gesto diocesano così significativo, nel 1991 con la presenza di Papa Giovanni Paolo II: ben 23 anni fa!
Questa sera vogliamo porre sotto la potente intercessione di Maria, il nuovo anno pastorale che iniziamo qui, davanti alla basilica di Monte Berico. Ho voluto intitolare la lettera pastorale dell’anno 2014-2015 con queste parole: “Testimoni della gioia”. Questa espressione può sembrare paradossale di fronte a una situazione mondiale che provoca una grave inquietudine e un forte turbamento nel cuore di ognuno di noi, a causa di numerosi focolai di guerra divampati in Iraq, in Siria, in Ucraina e in altri paesi del nostro pianeta, con la drammatica conseguenza di centinaia di migliaia di profughi costretti a fuggire dalle loro case e dalla loro terra. E molti di loro li incontriamo nel nostro territorio! Anche la situazione sociale ed economica del nostro paese appare in affanno, provocando un aumento di persone e di famiglie che entrano nella soglia della povertà: lo sanno bene gli operatori della Caritas ed i responsabili delle istituzioni pubbliche e private. E allora una domanda sorge nel nostro cuore: “come è possibile essere testimoni di gioia in questa situazione così complessa e agitata?”.
Il racconto evangelico delle nozze di Cana ci aiuta a comprendere l’intreccio della gioia e della sofferenza nella nostra vita personale e comunitaria. Questo brano ci indica dove dimora il Signore e la sua gloria: nella gioia e nell’amore. Si parla di nozze, di vino che viene a mancare, di servi, di sei giare di pietra, di acqua e di vino buono e abbondante, ma non si nomina la sposa, e lo sposo appare indirettamente solo alla fine della narrazione. Le nozze rappresentano l’alleanza tra Dio e il suo popolo, tra Cristo – che è lo sposo – e la Chiesa, sua sposa. Il vino che viene a mancare significa il venir meno della gioia e dell’amore. È questa assenza di gioia, di amore, di fratellanza e del valore della vita che sembra contrassegnare la fase storica che stiamo attraversando.
Eppure non siamo lasciati soli in questa situazione. Dice il testo evangelico che in quella festa di nozze “c’era la madre di Gesù” che dice al figlio “non hanno più vino”, e ai servi: qualsiasi cosa vi dica Gesù, fatela.
Per la premura di Maria, la festa di nozze, invece di spegnersi, trova la sua pienezza. La madre di Gesù, chiamata donna, appare qui – nelle nozze di Cana di Galilea – e ai piedi della croce, quando giunge l’ora in cui il Signore Gesù porta a compimento il suo amore per noi. L’evangelista Giovanni in questi due episodi, ci indica la Madre di Gesù come Madre nostra e Madre di tutta l’umanità.
La maternità di Maria è il modello più bello e più alto che ci possa essere, dice Papa Francesco, e la maternità della Chiesa si pone in continuità con quella di Maria. Afferma ancora il Papa: “la Chiesa è davvero nostra madre, una madre che ci dà la vita in Cristo e ci fa vivere in comunione con tutti gli altri fratelli, nella comunione dello Spirito Santo. La Chiesa, nella fecondità dello Spirito, continua a generare nuovi figli in Cristo. La Chiesa è nostra madre perché ci ha partoriti nel Battesimo e da quel giorno come madre premurosa ci fa crescere nella fede e ci offre il nutrimento spirituale che alimenta e fa fruttificare la vita cristiana: la parola di Dio e i sacramenti”.
La Chiesa di Cristo che è in Vicenza, si è impegnata fin dall’anno scorso, a partire dagli adulti e dalle famiglie, a “generare alla vita di fede” i piccoli, i catecumeni e a ravvivare la fede di tanti fratelli e sorelle che non partecipano più alla vita e alla missione della comunità cristiana.
Anche nell’anno pastorale – che iniziamo questa sera – vogliamo porre una rinnovata attenzione e soprattutto una forte passione missionaria nell’educare e nel generare alla vita di fede i nuovi cristiani. Questo compito riguarda prima di tutto i genitori e la famiglia. L’educazione alla fede che avviene in famiglia è l’unica capace di collocare efficacemente nell’intimo del fanciullo l’annuncio del Vangelo che genera la fede. Sul tema degli adulti e della famiglia sosteremo ancora durante quest’anno pastorale chiedendo un ulteriore approfondimento per giungere alla piena consapevolezza che se vogliamo una Chiesa che genera la vita di fede dobbiamo partire dagli adulti. Ora non si tratta di abbandonare l’educazione cristiana dei fanciulli ma di aggiornare il modo in cui la facciamo. Siamo chiamati ad aiutare i genitori a superare la delega alla parrocchia, per fare in modo che il primo annuncio avvenga nelle case, in famiglia, per portarlo a compimento poi nella comunità parrocchiale mediante l’azione dei catechisti, degli animatori e dei sacerdoti.
In questo cammino ci aiutano i nuovi orientamenti per l’annuncio della catechesi in Italia che portano il titolo “Incontriamo Gesù”, a cura della Conferenza Episcopale Italiana.
Vi invito inoltre a proporre la “Settimana della comunità”, che può essere svolta in diversi modi ma sempre con l’intento di mettere al centro dell’azione pastorale la preghiera, l’ascolto della Parola di Dio, la comunione fraterna e la condivisione del proprio cammino di fede.
L’anno pastorale che ci sta davanti si presenta ricco di stimoli, opportunità ed eventi ecclesiali.
Ricordo anzitutto l’esortazione apostolica di papa Francesco Evangelii gaudium che ci invita a ripensare la nostra fede personale e le proposte pastorali delle nostre comunità e della Chiesa diocesana in chiave missionaria e ci domanda che cosa ci trattiene dall’uscire, dall’andare là dove la gente vive, lavora, ama e soffre. Per un’autentica conversione missionaria, siamo chiamati a correggere le storture che sovraccaricano e impoveriscono la vita comunitaria e rendono difficili le relazioni, che rischiano di non essere più capaci di esprimere la gioia del Vangelo.
La Chiesa universale ha inteso dedicare il nuovo anno pastorale alla preghiera e alla riflessione sulla Vita Consacrata. Guardiamo con gratitudine alla presenza e alla testimonianza preziosa delle consacrate e dei consacrati nella nostra chiesa diocesana, che grazie a Dio sono ancora numerosi. La loro testimonianza di un’esistenza radicalmente offerta al Signore arricchisce la vita delle nostre comunità e si traduce in un servizio inestimabile anche in tanti ambiti della pastorale diocesana.
La Chiesa universale, inoltre, sarà chiamata nel prossimo mese di ottobre a riflettere sulle sfide pastorali della famiglia nel contesto dell’evangelizzazione. Tutta la Chiesa è chiamata a mettersi in ascolto dei problemi e delle attese che vivono oggi tante famiglie, manifestando ad esse vicinanza e proponendo loro in maniera credibile la misericordia di Dio.
Con la Chiesa italiana, poi, siamo invitati a preparare il V Convegno Ecclesiale di Firenze sul tema “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo” che ci interroga su quale sia la visione dell’uomo e della società che nasce dal Vangelo di Cristo.
Da ultimo, la nostra diocesi è chiamata ad accogliere un grande dono di grazia che proviene dal Signore attraverso la sua Chiesa: la canonizzazione del beato Giovanni Antonio Farina, un santo vescovo che attraverso “una carità acuta e intelligente” si è impegnato per l’educazione, la promozione umana e cristiana della gioventù del suo tempo. Il suo carisma continua oggi nella nostra diocesi e in tanti paesi del nostro pianeta attraverso le Suore Dorotee Figlie dei Sacri Cuori.
Vi annuncio anche, con grande gioia, che la Chiesa italiana ci ha chiesto – attraverso l’Ufficio della pastorale sociale e attraverso il coordinamento nazionale di Pax Christi – di accogliere la 47ª marcia per la pace. La nostra diocesi è stata scelta per un duplice motivo: da un lato il centenario dell’inizio della prima Guerra Mondiale – che ha segnato profondamente il territorio vicentino – dall’altra la recente e drammatica vicenda dei due nostri sacerdoti missionari fidei donum rapiti in Camerun e poi liberati.
Tutti questi eventi ecclesiali e sociali troveranno il loro vero significato e il loro naturale sviluppo dentro l’alveo dell’Anno Liturgico, che ci offre ogni giorno, con i suoi tempi forti, le feste del Signore, della Vergine Maria e le memorie dei Santi, il nutrimento della Parola di Dio, la celebrazione dei sacramenti e le energie necessarie a costruire la città di Dio, fondata sulla giustizia e sulla pace.
Affidiamo ora a Maria, Stella della nuova evangelizzazione, la nostra Madonna di Monte Berico, il proposito di testimoniare la comunione, attraverso un servizio ardente e generoso alle nostre comunità, in modo particolare agli ultimi, ai poveri, ai non garantiti, perché la gioia del Vangelo giunga sino ai confini della terra e nessuna periferia sia priva di questa luce e di questa gioia. Amen.