VEGLIA PASQUALE(Basilica di Monte Berico, 11 aprile 2020)

Porgo l’augurio cristiano di Santa Pasqua a tutti voi, fratelli e sorelle, consacrate e consacrati, diaconi e presbiteri.
Questo augurio vi raggiunge, in un modo singolare, non direttamente dal vescovo, come ogni anno, riunito con i fedeli e i catecumeni nella chiesa Cattedrale, non direttamente dai vostri sacerdoti riuniti con le loro comunità nelle nostre chiese parrocchiali. Vi raggiunge, attraverso Telechiara e Radio Oreb, che ringrazio, mentre siete raccolti nelle vostre case con le vostre famiglie.
E mentre sentiamo l’umana nostalgia delle celebrazioni nelle nostre comunità, dei volti dei nostri fratelli e sorelle, della mancanza dell’abbraccio di pace e soprattutto dell’impossibilità della comunione sacramentale, possiamo comunque ringraziare il Signore che continua a essere realmente presente in mezzo a noi: “Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro” (Mt 18,20). Anche chi è solo vive la comunione con il Signore Risorto nella preghiera  e nell’ascolto della sua Parola.
I mezzi di comunicazioni, in qualche modo, allargano la dimensione della comunità cristiana, perché la rendono inter-parrocchiale, diocesana, inter-diocesana e attraverso le celebrazioni, presiedute da Papa Francesco, a cui ci sentiamo profondamente uniti, assumono pure la dimensione mondiale.
In questa Veglia pasquale vorrei partire da alcune domande che i vostri figli più piccoli vi possono rivolgere, mentre state partecipando spiritualmente a questa celebrazione:
“Che significato hanno questi segni diversi dal solito: il fuoco, la luce del cero, e le letture così numerose che narrano gli eventi più importanti della storia del popolo di Dio? Perché rinnoviamo le promesse del nostro battesimo, cosa significa “Fare Pasqua?”.
Con il vostro aiuto, di mamme e papà, di nonni e nonne, cerchiamo di rispondere ai nostri ragazzi, recuperando anche noi adulti il significato fondamentale e decisivo di cosa significa “celebrare la Pasqua del Signore”.
Pasqua significa: passaggio, passare oltre, oltrepassare un territorio, un confine chiuso, ma anche una situazione umana, sociale, spirituale di peccato e di limite, di dolore, come quello che stiamo sperimentando.
Le prime tre letture ci hanno narrato i grandi eventi pasquali, i grandi passaggi di Dio nella storia dell’umanità.
Il primo grande passaggio di Dio si è manifestato nella creazione del mondo. Attraverso le parole di amore, pronunciate da Dio (per 10 volte nel libro della Genesi si ripete questa espressione: “Dio disse…”, Gen 1,3.6.9.11.14.20.24.26.28.29)  si compie il passaggio dal caos al cosmo ordinato secondo il disegno di Dio, dalle tenebre alla luce, dalla edificazione della casa comune, il mondo creato, alla creazione di coloro che ne devono essere i custodi responsabili e avveduti, l’uomo e la donna:
E Dio creò l’uomo a sua immagine, a immagine di Dio lo creò, maschio e femmina li creò” (Gen 1,27).
Un secondo evento pasquale di cui si fa memoria riguarda la drammatica prova a cui è stato sottoposto Abramo, nostro padre nella fede.
Il passaggio dalla struggente richiesta di sacrificare il suo unico figlio, all’indicibile gioia della restituzione ad Abramo del figlio suo Isacco, il figlio della promessa.
Ma l’evento pasquale decisivo per la storia del popolo eletto è la liberazione dalla schiavitù dell’Egitto e il passaggio del mar Rosso.
Questa pasqua di liberazione viene celebrata ogni anno nella tradizione religiosa ebraica.
Gesù fedele alla tradizione del suo popolo, prima di morire ha celebrato la Pasqua, conferendo però ad essa un significato pieno e definitivo, durante la sua ultima cena e nella sua morte e risurrezione: il mistero pasquale.
Quest’anno l’annuncio della Pasqua di Risurrezione ci raggiunge mentre come singoli, come comunità e come famiglia umana siamo ancora immersi  nella via della Croce.
Questa “via crucis” è popolata dall’ immensa schiera di persone risultate positive al coronavirus e dai numerosi fratelli e sorelle, soprattutto anziani, che hanno concluso il cammino della loro vita terrena.
Questa via è attraversata dal personale sanitario che teme di non farcela più a resistere di fronte a così tante gravi situazioni, ma anche dagli scienziati alla ricerca di un vaccino capace di difenderci da questo male.                                           Lungo questo doloroso cammino si incontrano tanti “cirenei”, uomini e donne generosi, che si offrono di portare pesanti croci.
Nelle cadute a terra di Gesù, sfinito dal peso della croce, vediamo riflessa la stanchezza e lo sfinimento di tanti fratelli e sorelle.
Nel volto doloroso di Maria, la mamma di Gesù, si rispecchia il volto straziato di tante donne che soffrono e piangono la morte di una persona cara.
Il dramma della passione del Signore Gesù non è mai stato così reale e tangibile come in questo triduo pasquale e la nostra vita non è mai stata così piena della speranza di Risurrezione.
Gli eventi pasquali che abbiamo ricordato hanno generato fiducia in Dio e hanno dato forza al popolo per continuare il cammino di speranza e libertà, ma tutti si sono fermati sulla soglia della morte: eredità comune di ogni uomo e di ogni donna.
Noi sappiamo però, che l’uomo Gesù di Nazareth, il Figlio di Dio, ha assunto tutto della nostra natura umana ed ha assunto su di sé anche il dramma del dolore e della morte: l’ha sperimentata, ha varcato quella soglia, l’ha attraversata, oltrepassata e vinta, come canta la sequenza pasquale:
Morte e vita si sono affrontate in un prodigioso duello, il Signore della vita era morto, ma ora vivo trionfa”.
L’annuncio pasquale della Risurrezione di Cristo, accompagnato dal canto festoso dell’Alleluia, porta a compimento, in modo pieno e definitivo, tutti gli eventi pasquali che abbiamo ricordato.
La morte non è più il termine ultimo e conclusivo della nostra vicenda umana, della nostra esistenza terrena.
In Cristo risorto la morte diventa un passaggio, un varco, un andare oltre, diventa l’inizio di una vita nuova, definitiva, una vita per sempre, una vita in Dio e con Dio.                                 
Papa emerito Benedetto XVI ha definito la Risurrezione di Cristo “la più grande mutazione della storia dell’umanità”.
Noi siamo stati immersi, con il nostro battesimo, dentro a questo processo, a questo dinamismo di morte e risurrezione, come ci ha detto l’Apostolo Paolo nella lettura ai Romani:
Fratelli, non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte? Ma se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui, sapendo che Cristo, risorto dai morti non muore più, la morte non ha più potere su di lui”. (Rm 6, 3.8)
E allora, anche di fronte e dentro a questa situazione di dolore e di preoccupazione, che tutti ci riguarda e ci tocca, mi sento di annunciarvi, in forza della Pasqua di Cristo, parole di speranza, di una speranza affidabile, la speranza che anche noi, con l’aiuto di Dio, sapremo andare oltre, oltrepassare questa pandemia. Voglio concludere con le parole dell’angelo alle donne che si recano al sepolcro, all’alba del primo giorno della settimana:
Voi non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso. Non è qui. È risorto, infatti, come aveva detto” (Mt 28, 5-6a).
Un augurio di Santa Pasqua, con tutto il cuore.

† Beniamino Pizziol
Vescovo di Vicenza