Anche il Seminario apre le porte all’accoglienza dei profughi per dare risposta all’emergenza continua

 
Da un lato un letto comodo e stanze riscaldate con una struttura adeguata per accogliere persone che hanno affrontato un viaggio di speranza rischiando la propria vita.

Dall’altro lato il freddo della stazione e la negazione della dignità. Tutto nella stessa città: Vicenza. Da un lato una ventina di posti messi a disposizione dalla Diocesi in quella che fino a poco tempo fa è stata la Comunità Vocazionale del Mandorlo, in un’ala del Seminario di Borgo Santa Lucia. «Sarà un luogo di prima accoglienza capace di ospitare i richiedenti asilo all’arrivo in città quando ancora non sono state decise le loro destinazioni. I tempi certi non li sappiamo ancora e per la gestione diretta stiamo aspettando indicazioni, anche se è in programma un sopralluogo della Croce Rossa  – spiega Don Carlo Guidolin, rettore del Seminario Vescovile -. Ciò che speriamo è di poter dare il nostro contributo concreto, andando al di là della semplice struttura». Dall’altro lato, però, c’è l’antitesi di questa accoglienza toccando il punto più basso finora della questione profughi nella provincia berica.  Venerdì 28 ottobre 18 richiedenti asilo sono stati lasciati per ore al freddo nella stazione dei treni di Vicenza ad aspettare che qualcuno aprisse la sala non riscaldata di un negozio sfitto dove passare la notte.
Il giorno dopo con altri 18 migranti si è rischiato il bis: dopo ore su un pullman di fronte alla caserma Sasso, dove erano stati identificati, hanno trovato accoglienza provvisoria all’istituto Baronio, presso l’associazione Mediterraneo. Alle spalle hanno un inferno: viaggi a rischio naufragio sui barconi, il salvataggio sulle navi militari, l’arrivo a Messina o Catania, e poi dopo poche ore il viaggio in pullman, l’attraversamento notturno dell’Italia e Vicenza, dove arrivano con addosso i vestiti leggeri che avevano sul barcone, le ciabatte ai piedi, nemmeno la possibilità di farsi una doccia o di lavarsi i denti.
Prima ancora hanno vissuto lunghe fughe dai loro paesi d’origine: Nigeria, Ghana, Bangladesh, Guinea, Mali e Ciad nel caso del primo gruppo; Bangladesh, Guinea, Gambia, Mali e Mauritania nel secondo. L’arrivo di barconi in prossimità delle coste siciliane favorito dalle buone condizioni meteo (ne sono arrivati di più in ottobre che in luglio, contro i pronostici) ha esaurito i posti letto delle strutture convenzionate con la Prefettura di Vicenza, mandando in tilt il sistema dell’accoglienza. Sembra urgente la creazione di un hub, un centro di primo smistamento che funzioni da valvola di sfogo nei momenti di picco.
Il prefetto Eugenio Soldà intendeva realizzarlo in un capannone sfitto della zona industriale di Dueville, che poteva “contenere” 100 profughi, ma il proprietario della strutttura ha fatto dietrofront negando la sua disponibilità. Nell’ultimo consiglio comunale l’amministrazione, a prescidere dalla rinuncia del proprietario del capannone, si è detta contraria e «perplessa riguardo all’idea che centinaia di esseri umani si trovino ammassati in strutture incapaci di offrire una risposta adeguata alle loro necessità», definendo il territorio «già saturo di richiedenti asilo» e dicendosi favorevole solo a «un’acccoglienza diffusa e co – progettata». Insomma, il no è al metodo. Toni molto diversi, invece, quelli dei comitati “Prima Noi” e “Vicenza ai vicentini” che soffiano sul fuoco e quelli della Lega Nord che promette di replicare il “modello Goro” – il paesino della provincia di Ferrara dove i cittadini hanno fatto le barricare contro l’arrivo di un pullman di donne che avevano attraversato il Mediterraneo su un barcone malmesso. E intanto, anche in Prefettura il clima è sempre più teso: «Sono stato abbandonato da tutti – si è sfogato Soldà –. Persino dai parroci, ai quali pure mi ero rivolto, ma che nella maggior parte dei casi ci hanno sbattuto la porta in faccia».
Il vescovo Beniamino Pizziol, sabato 29 di fronte alle due emergenze in due giorni, ha invece ribadito la linea dell’accoglienza e appoggiato il progetto di hub provinciale (sollecitato, fra gli altri, anche dal sindacato di polizia Siulp, che lamenta come l’improvvisazione la paghino i dipendenti della questura in primis). «Abbiamo bisogno di luoghi dove, quando l’emergenza lo richiede, si possa accogliere quelli che arrivano, e da lì distribuirli – ha detto il vescovo –. Cerchiamo di metterci tutti nella disponibilità. Don Milani diceva: uscire da un problema da soli è egoismo, uscirne insieme è la vera politica». Giulio Todescan Lorenza Zago