Domenica la prima Giornata Mondiale dei Poveri: le riflessioni di Caritas e San Vincenzo sulla situazione in diocesi

 19 NOVEMBRE PRIMA GIORNATA MONDIALE DEI POVERI i servizi di Lorenza Zago sulla Voce dei Berici di questa settimana   Sempre più poveri. Papa Francesco: “Abbracciamoli”  Il Pontefice ha voluto la “Giornata dei poveri” per ribadire l’importanza di mettersi in ascolto del grido d’aiuto di chi vive in condizioni di povertà. Un grido che si fa sentire anche da Vicenza. Nel 2016 Casa San Martino, il dormitorio della Caritas diocesana di contrà Torretti, ha ospitato 346 persone per un totale di oltre 16mila e 373 pernottamenti. Mediamente 46 persone per notte. Senza contare le 1600 coperte donate a chi ha passato l’inverno all’addiaccio. Non solo: i volontari Caritas, più di mille l’anno scorso, hanno distribuito ben 26mila e 441 pasti caldi nella mensa di Casa Santa Lucia di via Pasi. «Ad oggi la situazione non è migliorata – dice il direttore don Enrico Pajarin -. Abbiamo riscontrato un aumento delle presenze nel nostro dormitorio. Purtroppo siamo di fronte a una cronicizzazione delle povertà». Poveri sempre più poveri, insomma, e sempre più italiani che dopo aver perso lavoro e casa faticano a reinserirsi autonomamente nella società. Per questa nuova Giornata Mondiale, Caritas – seguendo le linee guida di papa Francesco – ha fornito alle parrocchie alcuni suggerimenti pastorali per vivere in condivisione questo momento. «Il messaggio del Pontefice è molto chiaro – prosegue don Enrico -. È importante che le comunità incontrino i poveri, che venga dato un volto ai numeri e che si creino occasioni di conoscenza e solidarietà con chi vive in situazioni di disagio. Il Papa ci sta chiedendo di dedicare loro il nostro tempo». Indicazioni che anche le Conferenze della San Vincenzo condividono. «Cercheremo di sensibilizzare le persone nei confronti delle tante situazioni difficili che ci circondano – afferma Francesca Cazzaro, presidente della onlus attiva con 42 gruppi in Diocesi, di cui 15 in città, e che conta oltre 400 volontari -. Ogni gruppo domenica promuoverà diverse iniziative, come la raccolta di alimenti o di vestiario». Anche dalla San Vicenzo emerge uno spaccato particolarmente problematico non solo per quanto riguarda il capoluogo, ma per tutta la provincia. «Nel 2016 i nostri gruppi hanno assistito quasi 3700 persone in disagio economico, di cui 2478 stranieri. Tra questi c’è chi è in difficoltà perché ha perso il lavoro e non è più riuscito a pagare il mutuo rimanendo così senza un tetto, chi deve affrontare pesanti morosità, ci sono padri separati, migranti senza impiego e anche anziani – spiega la presidente -. Nella Valle del Chiampo, ad esempio, abbiamo riscontrato un aumento delle condizioni di disagio economico all’interno delle famiglie». «Povertà che aumenta anche per gli italiani, che spesso si sentono abbandonati o provano vergogna nel chiedere aiuto – conclude la Cazzaro -. Della San Vincenzo fa parte, poi, anche l’associazione Ozanam che gestisce il centro “Il Mezzanino” in contrà della Fascina a Vicenza e che ogni settimana serve 800 colazioni e 400 pasti ai poveri».“Perdi il lavoro, perdi la casa e ti ritrovi per strada” Ore 19.30 di un lunedì di novembre, al civico 8 di via Pasi c’è movimento. Siamo a Casa Santa Lucia, la struttura della Caritas che offre il servizio mensa a chi vive in condizioni di disagio economico a Vicenza. È ora di cena, nell’atrio almeno dodici persone aspettano di poter entrare e altrettante stanno entrando dai cancelli. A cenare qui, questa sera, sono in tutto 54 persone. Gli stessi che, più tardi, saranno ospitati a Casa San Martino, il dormitorio di Caritas in contrà Torretti. Ci sono volti giovani, di chi non ha nemmeno vent’anni, e altri pieni di rughe. Ad accoglierli Aristide, uno degli operatori, che registra il loro ingresso e controlla i documenti. Nei mesi più freddi, dal 1 novembre al 31 marzo, però, sono ammessi anche gli irregolari. Ma non tutti quelli in attesa entrano per cena: c’è chi è stato sospeso perché ha avuto dei comportamenti inadeguati. «Qui accogliamo tutti, ma vale sempre la regola del rispetto reciproco», dice Lorenzo Facco, educatore di Caritas. Seduti, in tavole da quattro persone, chiacchierano. Il dialetto vicentino si mescola all’accento meridionale e alle parole di chi non parla ancora bene l’italiano. C’è chi ha perso il lavoro e non ha più una casa, ci sono migranti che stanno cercando un impiego per mantenere il permesso di soggiorno, chi è in attesa di essere rimpatriato, chi è seguito dal dipartimento dipendenze dell’Ulss, e anche chi per scelta ha deciso di vivere per strada. Tutti uomini, perché è a loro che è rivolto questo servizio. Dalle cucine escono i volontari che dal lunedì al venerdì preparano cene e pasti per Casa Santa Lucia: questa sera pastasciutta al pomodoro. Nell’ufficio di Lorenzo Facco è un via vai di persone: da un giovane africano che chiede una mano per pagare l’abbonamento dell’autobus per andare a lavorare a un signore iraniano che racconta che ha saputo che suo figlio è rimasto ferito nel terremoto che ha colpito l’Iran in questi giorni, a chi chiede di potersi fare una doccia anche se è arrivato in ritardo. Arriva il secondo, patate lesse e uova sode. A Casa Santa Lucia, che è anche sede del segretariato sociale, dei laboratori occupazionali e che ha uno spazio lavanderie, ogni giorno si incrociano centinaia di storie. Storie come quella di Lien Mbowe, 18 anni. Dal Gambia è arrivato in Italia da solo nel 2015. Ha un strano accento siciliano, fino a qualche mese fa viveva a Caltagirone e faceva parte di un progetto Sprar per minori. In Sicilia ha frequentato il liceo scientifico e per un po’ ha lavorato in un negozio, poi gli hanno detto che al Nord si sta meglio ed è partito. «Sono arrivato a Vicenza un mese fa, per tre giorni ho girato per la città senza sapere dove andare – racconta con lo sguardo spavaldo, ma che fa tenerezza -. Mi hanno parlato della Caritas e mi sono presentato qui. È un punto di riferimento e sto bene, però ho bisogno di trovare un lavoro». Ed è lo stesso bisogno che ha Massimiliano, 40 anni di Vicenza. Il cognome non se la sente di dirlo e con timidezza inizia a raccontarsi. Per sette anni ha lavorato in una grossa azienda in zona Fiera, poi sei mesi fa non gli hanno più rinnovato il contratto. «Per un periodo ho lavorato in una pizzeria, ma non mi pagavano – dice -. Quando sono rimasto senza casa, un amico mi ha ospitato, ma ora non può più farlo, perciò una settimana fa mi sono ritrovato per strada». Massimiliano ha un diploma da saldatore e ha anche un bimbo di 9 anni che non vede tanto quanto vorrebbe. Passa le giornate tra colloqui in agenzie interinali e a suonare i campanelli delle aziende della città. Ha quel sorriso di chi ha voglia di riscattarsi e allo stesso tempo tanta paura di un altro fallimento. «Adesso vado a Casa San Martino a dormire, forse guarderò la partita o magari vado a letto subito. Da quando ho perso il lavoro mi sento molto stanco».