Il ruolo della comunità nell’accoglienza dei migranti

Gli interventi di don Callegari e don Sandonà hanno concluso la Scuola del Lunedì

 La registrazione dell’intervento di don Marino Callegari e don Giovanni Sandonà andrà in onda su Radio Oreb  (FM 90.2 o sul web):- venerdì 1° dicembre alle 11.00 e di nuovo alle ore 22.00- sabato 2 dicembre alle ore 10.Sarà successivamente disponibile su questo sito.  IL RUOLO DELLA COMUNITA’ CRISTIANA  NELL’ACCOGLIENZA DELLO STRANIERO don Marino Callegari, direttore della Caritas di Chioggia don Giovanni Sandonà, parroco dell’Unità pastorale di Sandrigo Vicenza, Centro “Mons. Arnoldo Onisto”, 27 novembre 2017   Ha iniziato don Marino Callegari, affermando che il tema della migrazione, dell’accoglienza dello straniero è fastidioso, dividente, inquietante le coscienze. A conferma di questo ha citato un dato riportato dal prof. Ilvo Diamanti nell’edizione odierna de “La Repubblica”, dove si sostiene che il 38% degli italiani nutre un sentimento di paura nei confronti dei migranti. E’ poi passato a raccontare, per meglio descrivere la realtà, i recenti fatti di Cona e Conetta, località della Provincia di Venezia e in Diocesi di Padova. Nel paese esiste una base militare dismessa, dove sono stati sistemati 1.100 migranti (ma in realtà sono circa 1.300). Nei giorni scorsi i sindacati di base hanno organizzato una marcia di protesta nei confronti delle autorità pubbliche, guidando 200 persone, presenti nella base, verso la Prefettura di Venezia. Si è trattato di una manifestazione, che, essendo durata più giorni, ha creato molti problemi, soprattutto di carattere logistico, e che ha evidenziato un disagio ed una fatica da non sottovalutare. La Chiesa triveneta ed italiana, interpellata dalla questione, ha dato linee chiare e definite, ma ciò non basta per affrontare difficoltà di vario genere, legate anche all’attuale situazione socio-politica. Ecco perché si rende necessario ed urgente far sì che i luoghi della prassi, dell’azione concreta di aiuto, siano sostenuti ed illuminati da luoghi di pensiero. Infatti, il pensiero chiede di metabolizzare quei principi teologici fondamentali, che non possono essere solo conosciuti, ma attualizzati. La categoria teologica da metabolizzare oggi, alla luce anche del Concilio Vaticano II, nella fattispecie la costituzione “Gaudium et spes”, è quella dei segni dei tempi. Si tratta di un lavoro, mancando il quale si lascia spazio soltanto all’atto emozionale, quando invece c’è necessità di un’azione pensata e confrontata. Ne consegue che il compito educativo, pedagogico chiede di essere recuperato per ricucire luoghi e spazi di pensiero ed azione all’interno di una società intontita, anestetizzata, piegata su se stessa.  Bisogna riscoprire, allora, i luoghi di pensiero, identificabili, nel contesto della società civile, nell’educazione civica e nei consigli pastorali, per quanto concerne la comunità cristiana. In queste sedi bisogna abbattere i luoghi comuni, che alimentano letture scorrette e distorte della situazione attuale, e riscoprire la storia delle persone, le cause dei problemi che viviamo. Un esempio, in tal senso, ce lo offre Caritas italiana con il progetto “Rifugiato a casa mia”, finalizzato a creare una nuova forma di accoglienza e di integrazione nei confronti dei rifugiati in regola con la normativa vigente. Don Giovanni Sandonà ha proseguito la riflessione, riprendendo il discorso dei segni dei tempi, senza la lettura seria ed attenta dei quali si improvvisano delle soluzioni ai problemi. C’è il rischio che questi segni vengano usati non per riflettere, ma per schierare le persone, come, purtroppo, fa spesso la politica. Abbiamo così delle soluzioni emergenziali, di breve respiro e con deboli risultati. E’, questa, una caratteristica delle istituzioni pubbliche ed internazionali (Unione europea, ONU) ed in questo panorama solo l’azione del Papa e della Santa Sede riescono a tenere vivo l’interesse sulla realtà della migrazione.  Oggi si fatica, dimostrando cecità, a comprendere che il fenomeno migratorio è strutturale, vale a dire durerà nel tempo, e se grazie agli immigrati è possibile oggi, per esempio in Italia, garantire il pagamento delle pensioni, è altresì vero che non si presta la dovuta attenzione alle cause della migrazione: clima, finanza, desertificazione, guerra. Questo fenomeno appare, oggi, ingovernabile, ma molto si potrebbe fare. Alcune iniziative intraprese (vedi sostegno alla Libia e alla Turchia) hanno favorito la creazione di muri geografici e psicologici, senza sortire risultati importanti. Tale politica rischia di rafforzare l’azione della mafia e della corruzione. Anche don Giovanni ha, quindi, sottolineato l’urgenza di curare una riflessione seria, anche per sconfiggere le paure crescenti nella popolazione con conseguenze imprevedibili. La Chiesa deve stare dentro questa realtà con una presenza profetica ed evangelica, incoraggiando la discussione, il confronto ed il dialogo. Parlando dei consigli pastorali, don Giovanni ha evidenziato che essi non possono essere intesi come versioni ecclesiali dei consigli comunali, i quali si reggono sul principio della maggioranza. I consigli ecclesiali chiedono obbedienza al Vangelo, la quale non si regge su maggioranze. Vivere l’obbedienzialità significa stare dentro la storia, curando la formazione (di base e permanente) e la relazione. Solo così sarà possibile un cambiamento culturale positivo. In questa logica si pone la proposta dell’accoglienza diffusa, capace di coinvolgere il territorio e di responsabilizzare i diversi soggetti coinvolti, manifestando così una crescita di civiltà.   Massimo Pozzer    

 Ascolta l’intervento