La liturgia come esperienza di ospitalità: don Paolo Tomatis alla Scuola del Lunedì

 
La registrazione dell’intervento di don PAOLO TOMATIS andrà in onda su Radio Oreb  (FM 90.2 o sul web):

– venerdì 17 novembre alle 11.00 e di nuovo alle ore 22.00- sabato 18 novembre alle ore 10. 

 L’OSPITALITA’ LITURGICA nel QUADRO della MOBILITA’ UMANAdon PAOLO TOMATIS Direttore Ufficio Liturgico diocesi di TORINO  Vicenza, Centro “Mons. Arnoldo Onisto”, 13 novembre 2017    Il tema dell’ospitalità applicato alla liturgia è ricco di suggestioni, dal momento che non può esservi una liturgia cristiana che non sia per sua natura “esperienza ospitale di ospitalità”: l’icona biblica di Emmaus lascia intuire il delicato percorso di passaggi e soglie attraverso cui coloro che si aprono all’ospitalità si scoprono finalmente ospitati dall’ospite divino, inatteso e desiderato. La nostra prospettiva cercherà di analizzare il tema di una liturgia ospitale in relazione soprattutto alle persone e ai gruppi che provengono da altri paesi e da altre culture. Il faro, come sempre, è quello del Concilio Vaticano II, che nella Costituzione liturgica Sacrosanctum Concilium ha aperto la strada a una liturgia capace di ospitare le culture. La liturgia rinnovata del Vaticano II non prevede una rigida uniformità, ma cerca di rispettare e favorire le qualità, le doti, le ricchezze culturali della diversità dei popoli. Inculturazione e adattamento, creatività nella fedeltà, promozione di una partecipazione consapevole, attiva e fruttuosa (SC 11) sono i compiti assegnati a tutte le comunità, tanto più a quelle che ricevono il dono di condividere la fede con uomini e donne provenienti da culture diverse.   La globalizzazione delle culture e l’incontro dei popoli fa sì che anche nelle nostre comunità vi siano situazioni nuove che attendono di essere considerate anche dal punto di vista liturgico: –           l’immigrazione, che non più essere considerata un’emergenza, ma una realtà strutturale, che può diventare per le nostre Chiese non solo un fatto da accogliere e gestire, ma una risorsa, un “segno dei tempi”, una ricchezza da non sprecare, per arricchire le nostre liturgie, o semplicemente per farle essere ciò che sono chiamate ad essere: luoghi ospitali di partecipazione possibile e desiderabile; –          la domanda di battesimo da parte di adulti stranieri, che esige un accompagnamento qualificato, anche di tipo liturgico; –          la presenza di sacerdoti stranieri, di religiose e religiosi in formazione, che torneranno prevedibilmente nei loro paesi al termine del cammino formativo; –          la presenza di sacerdoti diocesani e religiosi italiani, che tornano dopo anni di servizio all’estero nella loro Chiesa di origine; –          la presenza di poveri mendicanti “profughi” o “di professione”, alle porte delle chiese. Sono questi tra i principali esempi di luoghi e figure che richiedono una riflessione attenta, volta a progettare un’autentica ospitalità liturgica, capace di valorizzare l’indole delle diverse culture, accogliendone gli stimoli positivi e vigilando sui possibili fraintendimenti. 1.            Saper leggere i “segni dei tempi” –          la spinta di EG, per una “fraternità mistica” (EG 92); –          alcuni rilievi, a partire da una esperienza concreta (Torino, 2007): o   difficoltà di sentirsi famiglia e di fare casa; o   esigenza di partecipazione e inclusione dei propri valori culturali e religiosi; o   varietà di attese in riferimento alla varietà culturali. –          attese specifiche delle diverse culture: o   est europeo: musica, icona, riverenza per il sacro; o   l’india e il sud-est asiatico: il silenzio e il rispetto; l’ospitalità come ambiente sinestetico (fiori, profumi e candele]; o   la Cina: ossequio e armonia, senso dell’ordo e valore della Tradizione, simpatia per il latino; o   l’America latina: l’incarnazione e i tratti della religione popolare; o   l’Africa: la dimensione etnica, la potenza della danza e dei tamburi, la dimensione dello Spirito e l’importanza dei mediatori; o   l’occidente europeo: la spontaneità, il sentimento, l’immediatezza, ma pure l’ordine e il senso della cerimonia (Gran Bretagna, Stati uniti); o   gli Stati uniti del melting pot e la sorpresa di un cattolicesimo etnico. –          tratti comuni delle culture in cerca di ospitalità: l’esigenza “popolare” (EG 122-126) o   il valore del tempo disteso; o   la dimensione cosmica del contatto con la natura; o   l’importanza del corpo; o   la lingua “materna” (EG 139); o   la dimensione festiva (EG 24). 2.            Principi per un discernimento pastorale –          il principio cristologico e sacramentale della fraternità; –          il principio pneumatologico ed ecclesiologico dell’unità nella cattolicità; –          il principio liturgico della santità ospitale di Dio nell’ospitalità santa dei discepoli; o   un doppio adattamento: della liturgia ai singoli, dei singoli alla liturgia; o   una duplice tensione, tra attestazione/implicazione culturale e contestazione/eccedenza evangelica (Gal 3,28); o   una doppia ospitalità, dell’assemblea e del Signore. 3.            L‘integrazione possibile e desiderabile –          l’assemblea liturgica, luogo di ospitalità umano-divina: o   la partecipazione attiva come inclusione; o   l’attenzione ai codici di una liturgia più sensibile e affettuosa; o   i ministeri dell’assemblea, tra accoglienza e raccoglimento; –          l’integrazione dei singoli e dei gruppi: o   coinvolgimento nei servizi/ministeri; o   l’attenzione al calendario liturgico “proprio”; o   l’ospitalità della Parola nella propria lingua e dell’animazione del canto; o   l’iniziazione alla vita sacramentale della comunità; o   l’ospitalità ecumenica. 4.            Conclusione: per una nuova tappa della riforma liturgica    Ascolta l’intervento di don Paolo Tomatis alla scuola del lunedì