Le parrocchie di Novale e Schio rispondono all’appello del Vescovo: “Noi ci siamo”

Accolti i primi profughi nelle canoniche

 
Tre giovani del Mali ospitati a Novale, anche Poleo si prepara ad accoglierne
 
Senza clamore, qualcosa si muove. Novale, parrocchia del valdagnese con poco meno di 5mila abitanti, ha aperto le porte e dato la disponibilità per ospitare qualche profugo.
Così da un paio di settimane tre giovani del Mali tra i 22 e 28 anni sono ospiti nella canonica di Novale. È la risposta della parrocchia a questa emergenza e all’appello lanciato settimane fa dal vescovo Beniamino Pizziol.
«Siamo ai primi passi del percorso di accoglienza» spiega il parroco don Vincenzo Faresin. Anche questa parrocchia del valdagnese deve fare i conti, infatti, con la fatica di gestire un problema complesso che ha molti elementi di cui tener conto. Certo il primo aspetto è dare un tetto a questi disperati. «Abbiamo ricavato alcune stanze autonome all’interno della canonica », spiega il parroco. Ma ora si tratta di mettere in campo una rete di collaborazioni e attività in modo da facilitare l’inserimento di questi giovani nel contesto locale.
«Con il Consiglio pastorale, la Caritas e i volontari che si sono lasciati coinvolgere da questa sfida – si è costituito a tale scopo il gruppo “Novale accogliente” -, stiamo valutando di come dare concretezza a un progetto complessivo di accoglienza che permetta a questi giovani, per esempio, anche di rendersi utili alla comunità, per sentirsi membri e non solo ospiti ed essere così meglio attrezzati ad affrontare il loro futuro, dopo la sosta qui da noi che sarà solo temporanea. Il cammino è lungo, si tratta di fare un passo alla volta».
 
E a proposito di passi don Vincenzo prima di aprire le porte della canonica ha coinvolto il consiglio pastorale passato e quello nuovo, in una riflessione e in un dibattito che hanno portato l’organismo di partecipazione ad esprimersi a favore della decisione. Il seme lanciato dal Vescovo Beniamino Pizziol, che a sua volta ha messo a disposizione dei profughi un appartamento annesso al palazzo vescovile, non è caduto su un terreno arido. Anzi, ha cominciato a dare i suoi germogli. A Novale come anche a Schio, dove don Andrea Mazzon ha risposto: «Noi ci siamo». E non è stata una risposta data a livello personale neppure quella del parroco di Poleo e Sacro Cuore. «Dopo la lettera del vescovo, ne abbiamo discusso in congrega, dove sono state evidenziate soprattutto le difficoltà legate all’uso delle canoniche per un progetto di accoglienza di qualche profugo. Siamo tornati quindi a parlarne in consiglio pastorale e qui c’è stata invece l’apertura a questa possibilità. Un’apertura, non lo nascondo, che mi ha in parte sorpreso». Gli spazi utilizzabili sono due: in tempi più brevi la canonica di Poleo, già oggi sede di un’associazione onlus, e quella di Sacro Cuore, struttura che però richiederebbe alcuni interventi preventivi.
 
Non ci sono invece ancora certezze sui tempi e su quanti potrebbero essere gli ospiti, dal momento che ogni canonica può accogliere dalle 2 alle 5 persone. «La costituzione dell’unità pastorale, due anni fa, ha lasciato questi due spazi liberi, a nostra disposizione, con la possibilità di utilizzarli oggi per scopi sociali, per le associazioni o per i bisognosi, e con questo termine non intendo solo i profughi – sottolinea don Andrea -. Si tratta di una nuova opportunità per praticare concretamente quell’accoglienza che la Chiesa predica da sempre.
Non siamo ingenui di fronte ai problemi e alle difficoltà che potranno esserci, ma non possiamo rimanere insensibili a quanto sta accadendo. Abbiamo quindi deciso di mettere in piedi delle domande; aspettiamo ora di vedere le risposte». Nel frattempo sono stati avviati contatti con la Caritas per capire e studiare forme e modi di una possibile accoglienza. «Noi possiamo fornire gli spazi», spiega ancora il parroco, «ma non fare da mediatori culturali e seguire gli ospiti nel loro cammino. Esistono associazioni e cooperative con le quali si possono fare accordi per la gestione dei servizi a chi ha bisogno, che qui potrebbe trovare ospitalità e magari anche qualche piccola mansione da svolgere: utile alla comunità e all’integrazione».

Lauro Paoletto
Vincenzo Grandi
  
Articolo da La Voce dei Berici del 10 maggio 2015