Mercoledì 8 febbraio festa di Santa Bakhita. La giornata di preghiera contro la tratta di persone

 
Mercoledì 8 febbraio nella festa liturgica di Santa Bakhita la Chiesa celebra, per volere di Papa Francesco e con il particolare coinvolgimento della comunità Papa Giovanni XXIII, la Giornata Internazionale di Preghiera e Riflessione contro la Tratta delle Persone.
 
Le Chiese del Nord-Est si ritroveranno in modo particolare a Verona per una fiaccolata ed una veglia di preghiera che vedrà la partecipazione, insieme al Vescovo Zenti, del Patriarca di Venezia mons. Francesco Moraglia, del nostro Vescovo Beniamino, e del Vescovo di Adria e Rovigo mons. Pierantonio Pavanello (scarica il volantino della manifestazione).
 
La festa di Santa Bakhita assume quest’anno un significato particolare visti i settant’anni dalla morte della “suora moretta” il cui ricordo è ancora ben vivo a Schio e la cui devozione si va diffondendo anche tra i cattolici provenienti nel nostro territorio dai diversi paesi africani. Di seguito gli approfondimenti offerti dalla Voce dei Berici di questa settimana alla ricorrenza liturgica (vai ai testi per la celebrazione).
 
 
«Santa Bakhita ha sempre esortato a sperare nel “paron”, il Signore» 

Il 2017 è l’anno in cui ricorre il 70° anniversario della nascita al cielo di Giuseppina Bakhita. Questo basta per spiegare lo spirito con cui la comunità canossiana e quella cittadina si apprestano, dal 5 all’8 febbraio, a ricordare la “Santa Moretta”. Era arrivata a Schio nel 1902 e lì rimase fino alla sua morte, nel 1947. Da allora si è mantenuta e accresciuta quella continuità di devozione che negli anni questa figura aveva aggregato a sé. 70 anni non sono pochi e se dopo questo intervallo di tempo la sua memoria è ancora così viva, le ragioni ci sono. «Nascita al cielo è la sintesi della

sua presenza oggi e del significato che Bakhita ha per Schio e per la chiesa, in una lettura attualizzata della sua vita», spiega Suor Maria Carla Frison delle suore Canossiane di Schio «Una sorella ha detto che è semplicemente tornata da dove era venuta» – ha aggiunto. Questo 70° anniversario è strutturato in un triduo, dal 5 al 7 febbraio in cui a ogni giornata è abbinata una dimensione: memorie familiari, santità delle vocazioni, speranza sociale. «Ci sono molte persone – spiega suor Carla – che vengono a raccontare i loro ricordi legati a Bakhita». Poi c’è la dimensione dei giovani, «così cara alla santa che esortava i seminaristi ad andare in Africa a far conoscere Gesù». L’ultima dimensione è quella della cura per Schio, «il conforto anche in tempi difficili, come fu quello della guerra». “Una speranza possibile” è il motto che sintetizza i tre temi e «trova grande corrispondenza con quanto descritto nella “positio” (insieme dei documenti raccolti per la procedura di santificazione, ndr), che contiene una grande varietà di espressioni di Bakhita che rimandano alla speranza». «Il cielo – osserva la suora canossiana – non è dove ci sono le stelle, ma la presenza di Dio in mezzo a noi e anche Bakhita, speranza viva, lo è. Questo sono i santi. La novità di quest’anno è la messa delle 17 dell’8 febbraio, celebrata da due missionari in partenza per il Mozambico, Maurizio Bolzon e Davide Vivian rispettivamente delle parrocchie si SS. Trinità a Schio e Bassano, anch’essi un segno di speranza». Seguiranno altre iniziative, un concerto, una conferenza e una cena solidale, rispettivamente il 19 il 24 febbraio e il 4 marzo. L’esortazione di andare a portare Dio là dove non c’è richiama l’esperienza di Don Antonio Doppio e Don Giacomo Bravo, i due sacerdoti diocesani vicentini, morti tragicamente proprio nel Sudan in un incidente nel 2003. «Don Antonio, allora arciprete del Duomo di Schio era entusiasta di quel viaggio in cui avrebbe sostituito il vescovo impossibilitato ad andare. È venuto da noi tutto emozionato a darci la bella notizia. La preparazione, l’attesa, il saluto… ricordiamo con gioia tutto questo. I bambini avevano raccolto per lui dei soldi per comprare là degli asini. L’incidente mortale suscitò grande cordoglio, ma a distanza di anni la sapienza di Dio si è manifestata con la nascita del Comitato Schio-Sudan e adesso è una grande festa. Santa Bakhita, ha creato una comunità in terra e in cielo”. Rispetto alla validità oggi del messaggio di Bakhita suor Carla afferma che occorre «concentrarsi ancora sulla forte carica di speranza che lei ha sempre incarnato.Non ha mai smesso di esortare a “sperare nel ‘paron’, nel Signore”. Ogni mattina della novena che precederà le celebrazioni, ci sarà una frase di Bakhita sulla speranza, accompagnata dalla parola di Dio. “È fedele colui che ha promesso”. Le parole, che direbbe oggi Bakhita, sono queste. La misura della sua altezza è la misura del suo abbassamento. Ed è questa la grande consolazione che può offrire ancora oggi. Non c’è prova o difficoltà che non siano lì per darci molto di più di ciò che la vita ci chiede».  Una luce di speranza per gli immigratiBakhita è stata un’immigrata molto prima che si cominciasse a parlare di immigrati e soprattutto ad associare questa categoria di persone ai problemi e alla paura che generano diffidenza e discriminazione. Ma in tempi meno sospetti dei nostri, Madre Bakhita seppe non solo integrarsi e amare il luogo in cui era arrivata, ma anche guadagnarsi un posto nel cuore di chi aveva finito per accogliere ed amare quella “Madre Moréta” che veniva dal Sudan, ma parlava solo il dialetto veneto e si rivolgeva a Dio chiamandolo familiarmente “el paròn”. Quale valore può avere oggi, per gli immigrati che arrivano da noi, la figura di Santa Bakhita? Don Felix Akamonye che segue la comunità di africani anglofoni– nigeriani nella parrocchia di San Pio X a Vicenza, tocca con mano ogni giorno le difficoltà di tanti cattolici che non vengono propriamente accolti da altri cattolici. «Gli immigrati patiscono ancora molte discriminazioni e umiliazioni», racconta, «esperienze che anche Bakhita ha conosciuto. Ma ciò che colpisce di lei è che nonostantela schiavitù e la violenza è riuscita a mantenere un pensiero positivo. Per me lei rappresenta una luce in mezzo al buio e tale deve essere per tutti quei migranti, e sono tantissimi, che vogliono bene al nostro Paese e sono qui per fare qualcosa di buono per esso. Quelli che si comportano bene non vanno in tv, c’è visibilità solo per i casi negativi e questo mette gli italiani contro i migranti, crea un muro, offusca le tante luci che ci sono, i vantaggi reciproci di queste presenze.Il 70° di Bakhita è un’occasione per riflettere su tutto ciò: dopo la messa, incontro sempre tanti migranti, nigeriani, ghanesi e non sono quelli che si macchiano di delitti. Sono uomini e donne che cercano un rapporto con Dio e la comunità che li ospita”. 

Maria Grazia Dal Pra’