Nel Cristo Risorto la speranza, la gioia e la fraternità: il video messaggio augurale del Vescovo alla diocesi

L'omelia della mattina di Pasqua in Cattedrale e la preghiera per le vittime del terrorismo

 
 

 
 
          

OMELIA DEL VESCOVO BENIAMINO NELLA DOMENICA DI PASQUA (Vicenza, chiesa cattedrale, 21 aprile 2019)             Carissimi fratelli e sorelle, consacrati e consacrate,          carissimi canonici, presbiteri, diaconi, amici ascoltatori di Radio Oreb, a tutti voi porgo l’augurio di buona e santa Pasqua!            “È risorto! È vivo!”, ecco l’annuncio che da duemila anni risuona nel mondo portando gioia e speranza. La Pasqua è la festa più importante della nostra fede cristiana. Tutto il cristianesimo si riassume in queste parole: “Cristo è risorto”. È la notizia più importante della Storia, quella che ha cambiato il corso dell’universo. Voglio ricordare le parole di Papa Benedetto XVI sulla risurrezione di Gesù: “E’ la più grande ‘mutazione’ mai accaduta, il ‘salto’ decisivo verso una dimensione di vita profondamente nuova, l’ingresso in un ordine decisamente diverso, che riguarda anzitutto Gesù di Nazaret, ma con lui anche noi, tutta la famiglia umana, la storia e l’intero universo. Per questo la risurrezione di Cristo è il centro della predicazione e della testimonianza cristiana, dall’inizio e fino alla fine dei tempi. Dalla risurrezione di Cristo emerge un mondo nuovo che penetra continuamente il nostro mondo, lo trasforma e lo attira a sé”.           Cerchiamo ora di comprendere e interiorizzare questo evento, come ci viene narrato dall’Evangelista Giovanni.           «Mentre era ancora buio, di buon mattino, Maria di Magdala si reca al sepolcro». La tomba è l’unico elemento concreto, visibile, che rimane a lei, dopo l’incontro con quell’uomo, Gesù, che le aveva cambiato la vita. Ma si trova di fronte a un fatto sorprendente, impensato: la pietra è stata tolta dal sepolcro. Immediatamente corre da Simon Pietro e dal discepolo che Gesù amava e dà una sua prima interpretazione di questo fatto: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto».           E, allora, corrono tutti e due, Simon Pietro e Giovanni, corrono perché una cosa del genere li colpisce nel mezzo del loro smarrimento doloroso, del loro lutto, della loro tristezza. Corrono perché vogliono vedere, toccare con mano quella pietra pesante che è stata rimossa, mentre avrebbe dovuto sigillare per sempre quella tomba. Corrono per rendersi conto di persona di quanto è accaduto, con la fretta di chi non può attendere un minuto in più. Corrono, ma le energie sono ben diverse, e così il più giovane arriva prima, ma aspetta il più anziano. Ed è dunque Simon Pietro che entra per primo nel sepolcro, un sepolcro inesorabilmente vuoto, in cui rimangono solo le tracce legate al corpo senza vita che vi era stato deposto: le bende e il sudario. Solo a questo punto entra anche l’altro discepolo, quello che Gesù amava, ma lui “vide e credette”.           Forse la radice di tutto è in quell’amore che Giovanni aveva accolto e custodito. Aprendosi a questo amore anche l’imprevisto, l’inatteso, l’insperato acquistano un senso. Anche noi, come Giovanni, siamo chiamati ad arrivare alla fede nella Risurrezione attraverso la via dell’amore accolto e donato.           Vivere la Pasqua di Cristo significa entrare sempre più nella logica di Dio, che è, prima di tutto, la logica dell’amore e del dono di sé che porta vita, è la logica del Vangelo.           Ma la fede pasquale nella Risurrezione di Gesù non è immediatamente offerta ai discepoli e a ciascuno di noi. Non è scontata. Essa chiede la disponibilità a compiere un cammino, essa mette in moto un processo di comprensione e di conversione. Il processo di Risurrezione e di Trasfigurazione del mondo e delle persone è già iniziato, è già in atto. Noi siamo chiamati a vivere una vita da risorti, e siamo impegnati a porre segni di risurrezione, come ha fatto Gesù, che ha curato e sanato i malati, ha perdonato i peccatori, ha recato la buona notizia ai poveri, ha proclamato un anno di grazia, contrassegnato dal ristabilimento della giustizia e della fraternità.           Stiamo vivendo un tempo difficile e complesso, per certi aspetti anche drammatico, denunciamo il commercio degli esseri umani, il commercio delle armi, il commercio delle droghe, l’inquinamento del pianeta, della nostra casa comune, il conflitto armato in Libia. Vogliamo ricordare, con grande preoccupazione, la nostra missione a Beira, in Mozambico, devastata da un ciclone che ha causato molte vittime ed enormi danni alle strutture. Questi fatti rischiano di lasciare nel buio la nostra vita personale e comunitaria, oltre che sociale. Come cristiani dobbiamo trovare la nostra forza e la nostra serenità nella preghiera intensa e fiduciosa. Dobbiamo tornare a Gesù, nostra luce, meditare il suo Vangelo, la sua vita, il mistero della sua Pasqua.          In noi agisce la potenza del Risorto e allora non c’è vicenda umana che non possa essere riscaldata dall’amore, non c’è abisso da cui non si possa risalire, non c’è morte che non possa essere riconsegnata alla vita.            In questo momento desidero porgere l’augurio di una Buona e Santa Pasqua a tutte le persone malate, anziane o sole che si trovano negli ospedali, nelle case di riposo, nelle comunità di accoglienza.           Porgo l’augurio pasquale alle autorità civili e militari che hanno il compito di promuovere il bene comune e la solidarietà tra tutte le persone.          Un augurio cordiale e affettuoso a tutti i fedeli delle nostre comunità cristiane, a quelli provenienti da altri paesi e a tutti gli abitanti del nostro territorio.          Il Risorto ci precede e ci accompagna lungo le strade del nostro mondo. Sia Lui la nostra speranza e la nostra vera pace. Buona e Santa Pasqua.  Avendo appreso dei drammatici attentati terroristici accaduti in Sri Lanka proprio nella mattina di Pasqua, il Vescovo ha espresso il dolore e la vicinanza alle vittime e ai loro familiari, invitando tutti i fedeli della diocesi ad una più intensa preghiera per la pace, la giustizia e la fraternità universale.