Quattro giovani profughi del Mali da due settimane sono ospiti del Vescovo. Un’accoglienza che fa bene

 
Sono quattro, vengono tutti dal Mali e sono arrivati in Italia a ottobre. Sono i profughi ospitati, a partire dai giorni scorsi, nella casa dell’ortolano, un appartamento adiacente al Palazzo vescovile e messo a disposizione del Vescovo di Vicenza Beniamino Pizziol, che mercoledì sorso ha incontrato per la prima volta i nuovi “inquilini”.

L’impegno della Chiesa vicentina per dare una prima risposta all’emergenza dei profughi fa così un altro passo, accanto a quelli già compiuti nelle scorse settimane da alcune parrocchie e congregazioni religiose. Diverse comunità parrocchiali si stanno interrogando e stanno verificando le condizioni concrete per rendere effettiva un’accoglienza che è comunque complessa e delicata. I tempi non sono brevi e non può essere altrimenti anche per la necessità di coinvolgere in modo adeguato le singole comunità.

Quella della “casa dell’ortolano” è un’altra disponibilità che si pone accanto alle altre. Per i quattro giovani qui accolti si tratta di una sistemazione dove attendere che la Commissione per il diritto d’asilo di Verona, alla quale fa riferimento la Provincia di Vicenza, si pronunci sul rilascio del permesso di soggiorno. Kamara Maka, 32 anni, Sako Mamadou, 24, Diarra Silamaka, 23 e Camara Arouna, 20 anni. Sono arrivati in Italia dalla Libia, fuggendo dalla situazione sempre più critica che il Mali sta vivendo a causa della guerra civile. Parlano principalmente francese e la lingua del loro Paese di origine. Nei mesi trascorsi in Italia un po’ di italiano l’hanno imparato, soprattutto il più giovane, Camara Arouna. Tutti hanno vissuto in Libia per diverse settimane, cercando di lavorare e ottenere i soldi per la traversata in mare. Si sono conosciuti quando sono arrivati in Italia. da allora hanno sempre vissuto insieme, con Kamara Maka, il più anziano, nelle vesti di “fratello maggiore”. Prima sono stati alloggiati a Bolzano Vicentino, poi hanno vissuto per un periodo in un appartamento di Lonigo, successivamente a Santorso e, infine, sono arrivati a Vicenza, nell’appartamento messo a disposizione dal vescovo Beniamino.

Attorno a questa iniziativa di accoglienza, realizzata con il supporto di Caritas, si è creato un gruppo di volontari, una dozzina in tutto, che si occupano di fare compagnia ai quattro giovani, aiutarli un po’ con l’italiano e “introdurli” alla vita quotidiana di una città come Vicenza, molto diversa dalle città a cui erano abituati in Africa. L’appartamento è piccolo ma pulito e accogliente. Su porte, finestre, utensili e mobili sono appese etichette con il nome italiano: un piccolo vocabolario casalingo. Al momento i volontari sono alla ricerca di quattro biciclette che potrebbero consentire un minimo di mobilità in autonomia.

Con l’arrivo dei profughi nell’appartamento del Vescovado, la Chiesa vicentina continua così a dare risposta all’appello rivolto dal Vescovo, in febbraio. In occasione di un incontro con il clero a Monte Berico, mons. Pizziol aveva invitato i parroci ad interrogarsi seriamente con le parrocchie sulla possibilità di dare accoglienza a qualcuno dei profughi in arrivo nel Vicentino, vista la gravità dell’emergenza umanitaria che ha il Mediterraneo come teatro, spesso tragico, e l’Italia come primo approdo. L’appello del Vescovo era già stato preceduto dalle esperienze delle parrocchie di Araceli a Vicenza e di Corlanzone, oltre alla parrocchia dei Giuseppini di Montecchio Maggiore e alle Orsoline di Breganze, dove sono già ospitati due gruppetti di profughi. In seguito è arrivata la parrocchia di San Pietro apostolo, a Novale.

«È un’occasione importante per le parrocchie e le nostre comunità per vincere la diffidenza e l’egoismo costruendo validi percorsi di accoglienza e accompagnamento – spiega Alessandra Pozza, referente Caritas per l’accoglienza dei profughi -. È un lavoro complesso, che richiede pazienza e attenzione ai dettagli. Ma, soprattutto, deve essere un’occasione di evangelizzazione sul tema dell’accoglienza a 360 gradi per essere pronti, come comunità cristiana ad accogliere tutti quelli che ne avessero bisogno, non solo i profughi».

Andrea Frison
 
 
 Articolo da La Voce dei Berici di questa settimana