Scuola del Lunedì: la convivenza oggi è vissuta da molti come un’alternativa al fidanzamento, non al matrimonio [Disponibile l’audio dell’incontro]

 

“E’ possibile che la gioia dell’amore si realizzi pienamente nell’istituto matrimoniale?”: ha preso le mosse da questa domanda l’intervento di don Giuseppe Pellizzaro (apprezzato docente di Teologia morale nel Seminario di Vicenza) alla Scuola del lunedì del 7 novembre. Per tentare di dare una risposta all’interrogativo il relatore ha proposto una approfondita disamina sul significato dei termini “fidanzamento”, “convivenza” e “matrimonio” cercando di mettere in luce il significato di queste esperienze nel contesto socio culturale odierno. Fidanzamento: inteso come istituzione che preparatoria ad un’altra istituzione definita (il matrimonio) di fatto non esiste più. La parola stessa “fidanzatoa” ha ceduto sovente il passo al meno impegnativo “il mio ragazzoa”. Anche se i segni del fidanzamento permangono (il dono dell’anello, la presentazione alle famiglie di origine), la scelta di stare insieme è vissuta dando il primato alla dimensione privata, al legame affettivo, alla capacità di autodeterminazione dei singoli. Per la Chiesa il fidanzamento resta tuttavia un tempo preziosissimo per conoscersi, in cui passare dall’innamoramento superficiale ad un amore più profondo e duraturo. Si vedrebbe l’utilità di ridare valore al tempo del fidanzamento anche attraverso una specifica ritualità. Convivenza: per molti ha sostituito il fidanzamento aggiungendo la scelta della vita insieme prima del matrimonio. E’ interessante notare come soprattutto negli ultimi anni la convivenza non è più percepita come un’alternativa al matrimonio, ma come un tempo di preparazione ad esso. Se esistono ancora coppie che scelgono di convivere perché rifiutano l’impegno matrimoniale per ragioni psicologiche o ideologiche (ma in questo caso sarebbe più corretto parlare di unioni di fatto allora piuttosto che di convivenza), molte coppie scelgono di convivere fondamentalmente per ragioni economiche e lavorative, oppure per conoscersi meglio, ma comunque avendo nel cuore un progetto di vita matrimoniale. Questo porta evidentemente alla necessità di un discernimento più attento nella valutazione morale e pastorale delle diverse situazioni. Ma aldilà di ogni distinguo, la convivenza può essere un luogo adeguato per vivere un amore autentico? Matrimonio: è l’istituto che supera sia una visione eccessivamente romantica che la paura o il sospetto nei confronti dell’amore di coppia. Nel matrimonio si incontrano due altruismi; gli sposi affermano la volontà di amarsi per sempre, donandosi l’uno all’altra senza riserve. L’amore della coppia non teme di manifestarsi pubblicamente e proprio in questo si rafforza e diventa Vangelo per altri. La scelta di convivere potrebbe celare la volontà di “tenere una porta aperta”, cosa che, anche inconsciamente, può indebolire la fiducia reciproca e l’unione della coppia. Nel matrimonio tali paure vengono meno, si accoglie l’altra persona consapevoli anche dei suo limiti, ma desiderosi di amarla senza se e senza ma. Don Pellizzaro ha concluso il suo intervento citando il n° 163 di Amoris Laetitia: “Non possiamo prometterci di avere gli stessi sentimenti per tutta la vita. Ma possiamo certamente avere un progetto comune stabile, impegnarci ad amarci e a vivere uniti finché la morte non ci separi, e vivere sempre una ricca intimità. L’amore che ci promettiamo supera ogni emozione, sentimento o stato d’animo, sebbene possa includerli. È un voler bene più profondo, con una decisione del cuore che coinvolge tutta l’esistenza”.

Don Alessio Graziani