“Per ridire la grammatica della povertà, il papa ha anche inventato una parola nuova: inequità, che – primo caso nella storia – entra così nel vocabolario italiano con un motu proprio pontificio”.
Scherza con l’intelligenza e l’arguzia che gli sono proprie Luigi Accattoli, scrittore e vaticanista del Corriere della Sera invitato alla scuola del lunedì il 10 novembre.
A lui mons. Bordignon ha chiesto di continuare l’analisi della Evangelii Gaudium (“ma diciamolo in italiano, che è più bello e si capisce meglio: La gioia del Vangelo” – precisa il giornalista) soffermandosi sui numeri dal 186 al 216 che parlano della inclusione sociale dei poveri.
“Papa Francesco è bravo – dice Accattoli – ma non ha certo il dono della sintesi. I suoi documenti sono tra i più lunghi della storia del papato, a differenza delle sue omelie che sono, invece, sempre brevissime. Egli parla in modo profetico, non sistematico. Possiamo ritrovare, tuttavia, una sintesi del suo pensiero al numero 198, dove si capisce bene che la scelta di una chiesa povera per e con i poveri, è una scelta di natura teologica, perché riflette il principio dell’incarnazione: Cristo è venuto per essere fratello universale dei poveri, facendosi povero come loro”. Non dunque una Chiesa ricca che si occupa dei poveri, ma una chiesa povera che condivide la povertà, i problemi, le ferite dell’umanità.
Da dove viene questa scelta preferenziale per i poveri e per uno stile di povertà?
Accattoli risponde alla domanda ripercorrendo alcuni passaggi essenziali della storia della Chiesa recente per capire il programma pontificale di papa Francesco che consiste nel “realizzare una riforma missionaria della Chiesa che la renda capace di incontrare ogni povertà e periferia per portare ad esse il Vangelo della misericordia”.
Innanzitutto il radiomessaggio di Giovanni XXIII dell’11 settembre 1962; poi il capitolo 8 della Lumen Gentium; quindi i documenti scaturiti dalle Conferenze Episcopali dell’America Latina che videro Bergoglio sempre più protagonista: Medellin (1968), Puebla (1979), Santo Domingo (1992) e Aparecida (2007). Infine il Sinodo dei Vescovi del 2001 in cui Bergoglio fu relatore.
Innanzitutto il radiomessaggio di Giovanni XXIII dell’11 settembre 1962; poi il capitolo 8 della Lumen Gentium; quindi i documenti scaturiti dalle Conferenze Episcopali dell’America Latina che videro Bergoglio sempre più protagonista: Medellin (1968), Puebla (1979), Santo Domingo (1992) e Aparecida (2007). Infine il Sinodo dei Vescovi del 2001 in cui Bergoglio fu relatore.
“Per capire la radice ultima della scelta preferenziale di papa Bergoglio – conclude Accattoli – dobbiamo ricordare, però, soprattutto, le parole che il cardinale Hummes gli disse subito dopo l’elezione: non dimenticarti dei poveri. Sono parole bibliche, prese da Galati 2, 10, dove assumono un valore di autentificazione della fede e del ministero apostolico”. E’ dall’amore ai poveri che, fin dall’era apostolica, si evince la verità e la bontà di un ministero ecclesiale.
Alessio Graziani
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