Verso la canonizzazione di mons. Farina. Tre domande a Suor Roberta Dalla Stella.

"Il fondatore ci insegna a vivere una carità generosa e intelligente"

 
Suor Roberta Dalla Stella, consigliera della Congregazione delle Suore Maestre di Santa Dorotea Figlie dei Sacri Cuori (per noi vicentini, semplicemente “le dorotee”), conosce bene la sua famiglia religiosa in quanto a fianco o per conto della Madre generale Suor Emma Dal Maso ha visitato molte delle case del proprio istituto: 1.300 suore presenti in quattro continenti (Europa, America Latina, Africa e India).

Suor Roberta, fra pochi giorni il vostro fondatore, mons. Giovanni Antonio Farina, sarà proclamato santo. Come vive questo momento la vostra grande famiglia religiosa?
Sicuramente vi è un grande fermento. La notizia è stata accolta con gioia ovunque vivono e operano le nostre suore. A Roma domenica arriveranno almeno 4 mila pellegrini da ogni parte del mondo e molti di questi passeranno in questi giorni anche per Vicenza. Solo dalla nostra diocesi partiranno oltre 30 pullman. Tra questi mi piace ricordare soprattutto i 70 giovani che si metteranno in viaggio già venerdì sera da Vicenza e che sabato a Roma presteranno servizio nelle mense della Caritas e nella parrocchia di Quarticciolo, una delle periferie “calde” della capitale. Questo per capire concretamente qual è il messaggio che anche oggi mons. Farina ci trasmette con la sua vita: una carità generosa e intelligente.

A chi si rivolge l’azione caritativa delle Suore dorotee oggi?
Il nostro fondatore ha pensato a noi come suore “maestre”, non tanto o non solo di conoscenza, ma soprattutto di vita. Ha voluto che fossimo presenti soprattutto nell’ambito della scuola, dell’educazione e dell’assistenza ai malati. Con questo stile cerchiamo di vivere una vicinanza alle situazioni di povertà del mondo di oggi, che sono molto diverse a seconda dei luoghi in cui operiamo. In Romania, in Brasile, in India, in Terra Santa o anche nel meridione d’Italia viviamo fianco a fianco con tante forme di povertà materiale, quasi di miseria.
Qui a Vicenza, dove siamo nate, portiamo avanti invece soprattutto l’attenzione educativa ai giovani (attraverso le nostre scuole e la pastorale giovanile), agli anziani malati e ai sordi che costituiscono ancora una presenza rilevante di persone. La gestione economica della nostra Congregazione è centralizzata e questo ci permette di sostenere anche materialmente le opere caritative nei Paesi più poveri.  Un problema, anche per noi è costituito certamente dal calo delle vocazioni, ma pensare che il nostro fondatore è partito con pochissime risorse umane e materiali ci spinge a confidare in Dio.

A proposito di vocazioni, qual è la situazione attuale della vostra famiglia religiosa? Che cosa spinge una giovane donna a diventare suora oggi?
 Attualmente la nostra congregazione ha 31 persone in formazione, mentre le suore giovani sono 76. Su 1.300 suore è chiaro che si tratta di una percentuale piccola, anche se il numero, di questi tempi, è comunque consolante. C’è una sofferenza per la consapevolezza che non sarà possibile tenere aperte a lungo tutte le case e le opere caritative ed educative della nostra famiglia religiosa. Tale situazione sta comunque stimolando una maggiore disponibilità e corresponsabilità dei laici che ci affiancano.
Le ragazze o giovani donne che chiedono di entrare nella nostra famiglia religiosa oggi hanno vissuti molto diversi di lavoro o di studio alle spalle. Chi inizia la formazione per diventare suora dorotea ha un’età che varia tra i 21 e i 39 anni. Ma tutte sono accomunate da un duplice desiderio: coltivare una relazione personale e profonda con Cristo e mettersi al servizio dei poveri.
E questo è ciò che abitava anche il cuore di mons. Farina e che credo, seppur in modi diversi, dovrebbe esserci in ogni cristiano.

Alessio Graziani