“Un predicatore che non si prepara è un irresponsabile e un disonesto”.
Non usa mezze parole don Chino Biscontin alla Scuola del lunedì introducendo l’incontro sull’omelia alla luce delle parole che papa Francesco ha inteso dedicare a questo tema nella Evangelii gaudium (n° 111 – 134).
Perché tale giudizio netto e tranciante?
“Perché nell’omelia è Dio stesso che vuole raggiungere il suo popolo con la sua Parola attraverso le nostre parole. Dunque predicare è un’azione sacramentale in cui, a differenza degli altri sacramenti, non vale il principio dell’ex opere operato: la preparazione e la santità di vita del predicatore sono fondamentali perché l’omelia risulti un’intensa e felice esperienza dello Spirito, un confortante incontro con la Parola, una fonte di rinnovamento e di crescita”.
Dall’ecclesiologia di comunione formulata dal Vaticano II e riproposta ora con forza da papa Francesco derivano poi alcune indicazioni anche per l’omelia che risulta, in questa prospettiva, il frutto di una coralità ecclesiale. Il predicatore che vive la Chiesa come esperienza di comunione, ascolta, dà voce e nutre la fede del popolo. Per questo la predica non può ridursi a dottrina o ad esegesi, ma deve lasciar trasparire la gioia e la gratuità dell’incontro.
“Il predicatore – ha detto don Biscontin – deve essere un contemplativo, ma non solo della Parola di Dio, ma anche della vita del popolo, riconoscendo in questa i segni della presenza e dell’azione di Dio e narrandoli alla gente. Quando prepariamo l’omelia, non dovremmo chiederci che cosa mai diremo alla gente, ma che cosa Dio vuole dire a noi in quella liturgia”.
A conclusione dell’incontro, don Chino ha fornito anche alcune indicazioni concrete ai presenti: una buona omelia non deve mai superare gli 8 minuti (tempo massimo di attenzione per una persona che ci ascolta); deve usare un linguaggio semplice e chiaro; ai concetti astratti deve preferisce le immagini prese dalla vita quotidiana.
Alessio Graziani
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