Una Chiesa sinodale, misericordiosa, povera…in riforma permanente

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La ripresa della Scuola del lunedì per la formazione permanente del clero ha visto questa mattina lunedì 20 ottobre una grande partecipazione di preti, religiose e laici che hanno affollato l’aula accademica del Centro pastorale mons. Onisto. La teologa Serena Noceti (Facoltà Teologica dell’Italia Centrale) ha fornito in modo lucido e appassionato alcune piste interpretative per la lettura dell’Esortazione Apostolica Evangelii gaudium di papa Francesco, “un testo complesso, ma scritto con linguaggio semplice e accorato, un vero documento programmatico che deve essere ben compreso nella sua portata e nelle sue conseguenze”. 

 Attraverso questo testo, le cui parole non possono che essere comprese alla luce dei gesti del primo anno di pontificato di papa Francesco, è evidente – secondo la teologa fiorentina – la volontà di risimbolizzare cosa vuol dire essere Papa ed essere Chiesa nel mondo di oggi: “papa Francesco crea attesa, perché con le sue parole e le sue azioni non cessa mai di sorprenderci”.
 
Le parole che ricorrono maggiormente nell’Evangelii gaudium sono “riforma”, “novità”, “inizio”. Ma si tratta di una novità relativa, perché papa Francesco rimanda indiscutibilmente alla visione di Chiesa del Concilio Vaticano II, offrendone una revisione e una riassunzione consapevole.
 
“La chiesa post-conciliare – ha spiegato la Noceti – aveva dimenticato alcune parole fondamentali della Lumen Gentium, come “popolo di Dio”, “sensus fidelium”, “tradizione come processo dinamico”. Oggi queste parole tornano al centro della riflessione e chiedono di essere ascoltate e ridette con convinzione”.
 
C’è un’ecclesiologia che vive ancora del modello tridentino dell’autorità delegata, verticistico e unidirezionale, plasmato per un contesto rurale e fondato soprattutto sui processi di sacramentalizzazione dei bambini. A questo modello, oggi antistorico e inefficace, il Concilio Vaticano II ha opposto quello di Chiesa come popolo di Dio e comunione dei credenti. Tale modello nuovo (ma in realtà antico perchè fondato sul Vangelo), piuttosto dimenticato in Europa, è stato di fatto maggiormente incarnato e vissuto in America Latina, dalla quale proviene papa Francesco. 
 
 L’Evangelii gaudium si sofferma notevolmente a leggere i “segni dei tempi” (espressione cara a Giovanni XXIII e recuperata con decisione da papa Francesco).
 
L’uomo oggi si dimostra più consapevole della propria libertà, della propria coscienza e della propria identità. Tale svolta antropologica che ha posto al centro la persona in modo inedito ha avuto per conseguenza la fine dei grandi sistemi sociali e concettuali, ma anche alcune derive legate al narcisismo, all’individualismo e al consumismo.
 
Viviamo in una complessità che non può essere indebitamente semplificata, ma che va assunta nelle sue potenzialità e ricchezze e nella consapevolezza dei suoi limiti e fragilità. Per questo la Chiesa, per annunciare il Vangelo in modo credibile ed efficace (che è la sua ragione ultima di esistere) non può che essere decentrata, sinodale, misericordiosa, povera.
 Caratteri che richiedono uno stato di riforma permanente.
 
“Essendo la Chiesa una istituzione eterogenea – ha spiegato la teologa – per poter cambiare esse deve vedere un mutamento non solo di strutture, ma anche di relazioni e di mentalità. E tali cambiamenti saranno possibili solo nella misura in cui saranno i leader a viverli in prima persona. Come papa Francesco ha testimoniato fin dal primo giorno”.

Don Alessio Graziani
 
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