“Bene Comune”: un bene per tutti e senza rivalità

I grandi temi dell'enciclica Laudato Si'

Continua l’approfondimento del settimanale diocesano La Voce dei Berici  sulle dieci parole chiave dell’enciclica Laudato Si’ di papa Francesco.
Questa settimana è la volta del “bene comune“.

Leggendo Laudato si’ troviamo almeno 28 volte il riferimento al bene comune, con una doppia direzione. La prima riguarda l’occhio di ogni persona, invitata a non chiudersi nel proprio bene privato, giacché “tutto è connesso”, “tutto è collegato”, “tutto è in relazione” (formule che risuonano 10 volte nell’enciclica).

Il bene comune non è qualcosa che vedo, un paesaggio davanti a me. Il bene comune è nell’occhio di chi guarda, è una “maniera di vedere”, che quando guarda non lascia fuori nulla dallo sguardo: vede tutti e vede tutto. Solo dentro a questo sguardo ognuno può dare la “misura” al proprio bene. Solo partendo dal bene comune è scandaloso che «le risorse diventino proprietà del primo arrivato o di quello che ha più potere: il vincitore prende tutto» (n. 82). Se il primo che arriva si prende una sorgente d’acqua, o il più potente si impadronisce dell’energia elettrica, o del servizio sanitario, o della scuola… può prendersi tutto? Quando diciamo di no ad una privatizzazione di alcuni beni che sono “comuni”, lo facciamo perché abbiamo nell’occhio un orizzonte che “misura” la logica del privato ad ogni costo.

La seconda direzione del bene comune è riservata alla politica. Vi sono parole graffianti rivolte alla politica nell’enciclica (n. 54: debole; n. 57: distratta; 165: lenta e non all’altezza) ma vi sono anche forti inviti (n. 177: incoraggiare le buone pratiche; n. 178: pensare a lungo termine; n. 197-198: invece che essere succube dell’economia promuovere un dialogo, assumersi la responsabilità di rompere logiche perverse…). Ma, a differenza della direzione personale, la politica non si accontenta dello sguardo comune, lo promuove, crea consenso e azione attorno a progetti che siano realmente comuni (di tutti, per tutti e con tutti).
Il n. 157 della Laudato si’ (vedi il riquadro a lato) fa molto pensare.

Il bene comune non può essere l’orizzonte (personale e politico) di cui abbiamo detto, se non all’interno della pace sociale. Quando si esasperano i conflitti, creiamo la peggior premessa al bene comune, anziché aprire l’orizzonte lo chiudiamo in una lotta infinita tra interessi.
Questa lotta annienta reciprocamente le energie, invece che convogliarle nel bene di tutti. La pace sociale, al contrario, significa: stabilità e sicurezza di un ordine. Il disordine è il caos umano che si ripercuote nel cosmo facendolo ritornare caos (secondo la Bibbia Dio è partito dal caos per creare un cosmo, dal disordine per fare ordine… noi riusciamo a fare il contrario).

E come realizzare un ordine? Il papa non ha dubbi che la giustizia distributiva sia la ragione principale della violenza e della conflittualità. Pertanto distribuire meglio le risorse (senza opulenza da una parte e miseria dall’altra), distribuire le responsabilità (senza colpevoli da una parte e innocenti dall’altra), distribuire le iniziative (tutti assumano il compito di iniziare qualcosa insieme). Distribuirci meglio le risorse, le responsabilità e le iniziative: questa è la premessa giusta.
Il papa in coda all’enciclica, nella preghiera finale, invoca l’illuminazione dei «padroni del potere e del denaro perché amino il bene comune». È urgente chiedere la grazia di persone che “amano” il bene comune, perché il suo disprezzo (la terra comune, l’aria comune, l’acqua comune, la salute comune…) è un disprezzo che viene da un amore orientato da un’altra parte: il potere e il denaro.

Il papa non prega perché “ragioniamo” sul bene comune, ma perché lo amiamo, e un segno che lo amiamo è prenderci cura di questo mondo che è stato creato per tutti, permette a tutti di continuare a vivere. E se tutti ne abbiamo cura diventerà un bene “consumabile” senza consumarlo, e godibile senza privare nessuno dello stesso piacere. Perfino gli economisti sono convinti che c’è un bene non rivale (disponibile a tutti senza concorrenza) e non esclusivo (tutti hanno la libertà di condividerlo). Penso che il creato possa essere quel bene di cui aver cura, senza rivalità e con libero accesso di tutti.

Ma c’è un’ultima direzione che il papa offre sul bene comune. Che non sta solo nell’occhio che vede “tutto in relazione”, e nemmeno in una sana e coraggiosa politica lungimirante. Questa terza direzione sta nell’occhio del papa, da sempre, ed è la politi­­ca che gli insegna il vangelo: «Contemplare l’immensa dignità del povero è un’esigenza fondamentale per l’effettiva realizzazione del bene comune» (n. 158). Perché? Perché solo se c’è il povero ci sono davvero tutti! Nel mio sguardo e nei programmi della politica.

Don Matteo Pasinato
Direttore Ufficio Pastorale Sociale e del Lavoro