Don Luca Bressan alla Scuola del Lunedì: sinodalità e discernimento per essere al passo con i tempi. Disponibile la registrazione audio

 

Il relatore ha esordito, sottolineando lo stretto legame sussistente tra sinodalità e discernimento ed affermando che, quest’ultimo, va affrontato a due livelli: uno informativo ed uno operativo. Posta questa premessa, don Bressan ha parlato della riforma della Chiesa, della quale si discute a partire dagli anni ’40 del secolo scorso con esperienze concrete (vedi la Mission de France)  e contributi importanti da parte di teologi del calibro di Hans urs von Balthasar, Yves Congar, Karl Rahner, Ghislain Lafont. Detta riforma necessita di un attento discernimento, che deve preoccuparsi non solo dell’aspetto organizzativo e strutturale della Chiesa, ma anche di altre dimensioni. Il relatore, citando l’intervento di Papa Francesco al Convegno della Chiesa italiana a Firenze nel 2015, dove il Pontefice parla di forma Ecclesiae, ha sostenuto che la riforma va intesa come discernimento, perché essa non interessa soltanto l’organizzazione democratica del pensiero, ma mette in moto il movimento degli spiriti (cfr. S. Ignazio di Loyola) per sintonizzare la storia umana con la storia della salvezza (cfr. card. Angelo Giuseppe Roncalli, patriarca di Venezia), condizione necessaria per realizzare la forma eucaristica della Chiesa, riferimento imprescindibile. Il discernimento, nella forma eucaristica, comporta quattro passaggi: l’individuazione del nucleo di partenza (il Vangelo e l’amore di Dio); l’elaborazione di strumenti per concretizzare il nucleo (stile); l’ascolto dello Spirito Santo che agisce nella storia; il funzionamento di quanto emerso e compreso (organizzazione). Tale dinamica va inserita in un contesto storico, dove la Chiesa non è più percepita come popolo di Dio, ma come una struttura codificata, un’istituzione tra le altre, che fatica ad essere accolta ed accettata dall’uomo contemporaneo (cfr. Luca Diotallevi – Fine corsa – EDB). Non solo la Chiesa, ma anche il presbitero, al suo interno, vede indebolita la sua figura. Queste realtà istituzionali  non fanno sentire la persona parte di un corpo, la Comunità ecclesiale, perché manca quello che il Papa chiama “l’odore delle pecore” , ossia la capacità di camminare con l’uomo d’oggi, condividendone la quotidiana fatica. L’assenza di un simile odore non è dovuta ad ignavia, a disinteresse, ma ad un modo sbagliato di porsi di fronte alla storia. Don Bressan ha, quindi, affermato che il cattolicesimo popolare, tipico del nostro Paese, è giunto al capolinea ed è urgente reagire per evitare di rimanere sotto le sue macerie. Esso va ripensato alla luce di quanto la vita dice all’uomo e alla Chiesa contemporanei. La sinodalità è uno strumento del quale avvalersi per rispondere alle richieste e alle domande del nostro tempo. Essa è forma per dare un futuro al cattolicesimo popolare, morto nella struttura a noi nota, ma vivo nella sua essenza, se la Chiesa si impegna a riscoprirsi come corpo, che si struttura secondo il Vangelo e, senza paura, scava in profondità per rispondere al Signore, che la interpella nell’oggi per annunciare la buona Novella. Ma la sinodalità è anche forma della Chiesa, che chiede di ripensare alla figura del presbitero, il quale non è realtà a sé, ma parte integrante del presbiterio in comunione con il vescovo.  E’ doveroso aiutare i preti a sentirsi parte di un corpo per evitare la nascita di vite parallele, pericolose e dolorose. La carità pastorale, scienza del discernimento, è la modalità da coltivare in questo senso. Tale cammino si impone alla Chiesa, se essa vuole avere un futuro, che sarà possibile solo in una logica generativa, di fecondità, capace di contrastare la logica della critica arida, sterile, diabolica. La sinodalità, per essere feconda, abbisogna di un discernimento fondato su tre principi: l’incarnazione (vivere nella storia), l’escatologia (essere proiettati verso il compimento), l’alleanza (vivere nell’amore trinitario di Dio).

Quanto finora detto, chiede un impegno preciso e convinto a pensare la Chiesa in modo nuovo nel suo cammino nella storia. Essa deve sempre più crescere nella logica di Dio, abbandonando quelle mondane; vincere la paralisi attuale puntando su un convinto processo di purificazione, di santificazione; investire nel primato della missione, ridimensionando radicalmente l’eccessiva preoccupazione per le strutture e l’organizzazione; credere nella forza dello Spirito Santo, che aiuta a superare le logiche umane e a non avere, quindi, paura della debolezza, della piccolezza. Il cattolicesimo popolare, dentro questo progetto, avrà un futuro. 
 
don Massimo Pozzer

 
Di seguito la registrazione audio dell’intervento: