«Giorni d’inferno ma anche una grande esperienza spirituale»

Don Gianantonio Allegri e don Giampaolo Marta raccontano la loro prigionia


Ascoltare il racconto di don Gianantonio Allegri e di don Giampaolo Marta è un’esperienza che commuove: ti colpiscono la fede, la serenità, la capacità di scherzare sulla loro stessa prigionia, ma soprattutto la forza d’animo con cui questi due uomini, questi due preti, hanno affrontato e ora descrivono 57 giorni della loro vita che mai potranno dimenticare.

“E’ stata un tempo di Quaresima e contemporaneamente di Avvento – dice don Gianantonio – perché come non mai abbiamo sperimentato i sacrifici e le privazioni, ma abbiamo anche vissuto un senso di attesa fortissimo, quello della liberazione”. Per quasi due mesi questo gruppo armato, che si ricollega agli islamisti di Boko Haram, li ha tenuti in ostaggio insieme alla canadese suor Gilberte Bussiér (74 anni) in un accampamento improvvisato tra la savana e la foresta in Nigeria. 
 
“Loro non sapevano che eravamo preti – continua don Giampaolo – e all’inizio pensavano che fossimo francesi. Ci hanno rapito in quanto occidentali, non per motivi direttamente legati a questioni religiose. Non ci hanno usato violenza fisica e non ci hanno mai fatto mancare l’acqua e il cibo necessari alla sussistenza. Abbiamo dormito sempre per terra, su una stuoia, con poche coperte e un telo per proteggerci quando sono iniziate le piogge. Spesso scherzavamo di questa nostra situazione, per alleggerire la tensione”. 
 
Quando li hanno rapiti, la notte del 4 aprile 2014, i 16 uomini armati che costituivano il commando che ha fatto irruzione nella missione rubarono anche alcuni oggetti che ritenevano di valore: computer, telefoni, un po’ di denaro. Tra le cose prelevate anche una sacca contenente oggetti misteriosi che, rivelandosi poi di nessuna utilità, furono consegnati ai rapiti. I guerriglieri non sapevano che si trattava del necessario per celebrare la Messa e così i nostri preti nei loro primi 4 giorni di prigionia hanno potuto celebrare l’Eucaristia, mentre i loro carcerieri si domandavano cosa mai stessero facendo. Poi la preghiera è continuata incessante: 3 rosari al giorno, sapendo e sentendo che anche in Italia si pregava per loro. 
 
“Nonostante vivessimo in condizioni assai precarie ed esposti a tanti pericoli (compresi i serpenti) non ci siamo mai ammalati – ha continuato don Giampaolo – e mai abbiamo perso la speranza. Certo qualche pensiero cattivo a volte attraversava il cuore, ma il fatto di stare tutti e tre insieme ci ha dato una forza grandissima”. 
 
E i rapitori? Chi erano questi uomini armati che li hanno prelevati e trattenuti in ostaggio fino alla notte di sabato scorso? La risposta serena di don Gianantonio è ancora una volta carica di amore e di saggezza: “Sono solo poveri ragazzi di uno dei Paesi più poveri della terra. La vita per loro non ha prospettive e così per pochi dollari si mettono al soldo di questi gruppi estremisti islamici che cercano di conquistare il potere.
 
Abbracciano un ideale sbagliato, una fede sbagliata che adora un dio violento, perché non hanno niente altro. Ma a guardarli negli occhi capisci che non sono diversi dai ragazzi delle nostre parrocchie e che in un contesto diverso sarebbero forse bravissimi giovani”. 
 
“Tutta questa vicenda – concludono don Leopoldo Rossi e don Maurizio Bolzon, anch’essi rientrati in questi giorni dal Camerun dove la situazione si è fatta ancora più esplosiva  – ci ha unito in modo straordinario. La parola fratelli ora è molto più concreta, autentica e ricca di significato”.
 
Don Alessio Graziani