Il vescovo Giuliano nella Messa di chiusura del Giubileo: “La speranza si riconosce camminando”

Omelia a conclusione dell’Anno Giubilare – S. Famiglia di Nazaret

Cattedrale, 28 dicembre 2025

Letture: Sir 3, 3-7.14-17 Sal 127 Col 3,12-21 Mt 2,13-15.19-23

Fratelli e sorelle,

oggi, nella festa della Santa Famiglia di Nazaret, chiudiamo l’Anno Giubilare con un’immagine che i nostri ragazzi ministranti ci hanno consegnato con semplicità e verità: la speranza si riconosce camminando. Loro sono andati “alla ricerca della speranza” nel nostro territorio vicentino, e tornano con gli occhi pieni di volti, di storie, di mani che si tendono, di luce accesa anche quando tutto sembra buio.

E questo è già Vangelo. Perché “Pellegrini di speranza” è un modo di vivere. È scegliere di non restare fermi davanti al male, alla fatica, alle ferite del mondo. È credere che Dio continua a passare, e che lascia segni concreti: una porta aperta, una casa che accoglie, un letto caldo, un sorriso che non giudica, un lavoro insegnato, una preghiera fedele, una dignità restituita. Segni concreti di speranza.

Oggi la liturgia ci dona di celebrare la Famiglia di Nazaret. Anche loro sono stati pellegrini, costretti dal tiranno Erode che si sente minacciato nel suo potere. Conoscono la paura, l’incertezza, la fuga nella notte, la terra straniera. Maria, Giuseppe e Gesù sono stati una famiglia migrante. E proprio così ci dicono che la speranza non è per chi è già al sicuro: la speranza è pane per chi è in viaggio, è riparo per chi è scacciato, è futuro per chi ricomincia.

I ragazzi oggi ci hanno raccontato una mappa di speranza fatta di testimonianze: santi e testimoni che hanno dato luce all’istruzione, agli ammalati, ai poveri; comunità che nel silenzio della carità non fanno rumore ma fanno casa, che accolgono; donne e uomini liberati dalle schiavitù e capaci di liberare; realtà che custodiscono mamme e bambini, che sfamano e accolgono, che ridanno un nome e una dignità; giovani che lavorano ogni giorno per la pace; missionari e missionarie che ricordano a tutti che annunciare Gesù è offrire speranza.

Se dovessimo riassumere tutto in una frase, potremmo dire così: la speranza ha un volto, e spesso ha le mani sporche di servizio.

Allora, mentre chiudiamo l’Anno Giubilare, non chiudiamo ciò che il Giubileo ha acceso. Oggi non è un traguardo: è un mandato. Invito tutti, dai più piccoli ai più grandi, dai Ministranti ai volontari dell’Unitalsi, a portare a casa tre piccoli impegni, semplici e forti:

  1. Custodire la speranza in casa: che le nostre famiglie diventino luoghi dove ci si ascolta, ci si perdona, ci si rialza. Nazaret ci insegna che la santità è fatta di giorni normali vissuti con amore.

  2. Riconoscere Cristo nei poveri: negli anziani soli, nelle mamme in difficoltà (a volte ad accogliere un figlio), nei migranti, in chi non ha un posto dove dormire. Ogni volta che accogliamo uno di loro, accogliamo Gesù in viaggio.

  3. Diventare artigiani di pace: in famiglia, a scuola, al lavoro, in parrocchia, in oratorio, nello sport, in strada.

E allora la chiusura di oggi diventa una promessa: Dio non smette di seminare speranza, e noi non smetteremo di cercarla e di portarla.

Ora compiremo un piccolo gesto: vogliamo sentirci uniti nel dolore e nell’invocazione a tante famiglie che soffrono a causa della guerra: bambini, anziani, persone fragili. Il coro eseguirà uno dei testi musicali più accorati del grande musicista Johann Sebastian Bach: dona nobis pacemdona a noi la pace, posto a conclusione dell’Agnus Dei della Messa in si minore. Si ripeterà più volte dona nobis pacem e siamo invitati a ripetere dentro di noi “dona a noi la pace”.

Tu, Signore, che hai offerto la tua vita per liberarci da ogni forma di male: dona a noi la pace. Dona pace eterna ai 116 migranti abbracciati dalle onde del Mediterraneo la vigilia di Natale e sepolti per sempre dalla nostra indifferenza eretta a sistema securitario.

Dona la pace alle famiglie sfollate di Gaza, alle famiglie prive di acqua e luce dell’Ucraina. Dona tu Signore la pace di cui noi uomini e donne del terzo millennio sembra che non siamo più capaci nemmeno di sognare. Dona nobis pacem.

+ vescovo Giuliano