Mons. Furian sta vivendo i suoi ultimi giorni da Vicario Generale. «Era bello vedere che arrivavo da estraneo e ripartivo da amico»



Per mons. Furian sono le ultime settimane da vicario generale, dopo la nomina del suo successore, don Lorenzo Zaupa, avvenuta nei giorni scorsi. L’avvicendamento vero e proprio avverrà per la metà di ottobre. Don Lorenzo, che giuridicamente è a tutti gli effetti il più stretto collaboratore del Vescovo, deve concludere le ultime cose nella parrocchia di Araceli, dove è parroco, prima di poter entrare come nuovo inquilino nell’ufficio della Curia, in piazza Duomo. Lo stesso vale per mons. Furian: il telefono continua a squillare, le cose da risolvere sono ancora tante, la lista quotidiana dei preti da contattare è lunga. E c’è da scommettere che mons. Ludovico terrà con sè, nella mente e nel cuore, tutte le situazioni che ha toccato con mano in questi otto anni da vicario generale. Un periodo iniziato a giugno 2007 con il Vescovo di allora mons. Cesare Nosiglia e proseguito fino a oggi, con mons. Beniamino Pizziol. Un tempo che ha visto mons. Furian svolgere anche l’incarico di Vescovo facente funzioni, tecnicamente “amministratore diocesano”, in quei mesi (nove) rimasti scoperti tra la partenza di Nosiglia e l’ingresso di Pizziol. «Sono contento di essere arrivato in fondo, di aver concluso questo servizio – racconta mons. Furian, che a 75 anni (compiuti il 12 febbraio) ha raggiunto il limite di età previsto per l’incarico -. Ringrazio i Vescovi con cui ho lavorato e i preti che ho avuto come collaboratori nel lavoro quotidiano».

L’avventura di mons Furian come vicario generale è iniziata dopo quattro anni da parroco a San Pietro di Schio. «Era la mia prima vera esperienza pastorale – racconta -. Sono entrato in parrocchia dopo la morte improvvisa dell’arciprete mons. Antonio Doppio, su invito di mons. Nonis». Prima di Schio ci sono stati gli anni dedicati al Seminario di Vicenza: 37 in tutto, da insegnante prima e poi anche da preside e rettore del Minore. «Non avrei mai creduto di diventare vicario, anche perché non ero un uomo di curia. La mia esperienza era tutta legata al seminario, dove mi consideravo una sorta di “metalmeccanico”». Per inciso, non c’era computer o caldaia rotti che non riprendessero a funzionare dopo l’intervento di mons. Furian. Insegnante di matematica, ha avuto centinaia di studenti, alcuni dei quali oggi sono preti. Un legame che certamente ha aiutato l’ormai ex vicario nel suo lavoro quotidiano.

«Non ho bilanci da fare di questi otto anni, li farà il Vescovo. Se mi guardo, neanche troppo indietro, però, i pensieri corrono ai problemi di una Chiesa diocesana nei quali mi sono immerso giorno e notte. È un tempo speciale questo che stiamo vivendo, pieno di difficoltà. Ma vedo cose belle e positive di una Chiesa che è segno di servizio e di dialogo, che vuole stare dentro al mondo».

Terminato l’incarico di vicario generale, mons. Furian ha già dato la sua disponibilità al Vescovo per dare ancora una mano nel servizio pastorale laddove ce ne fosse bisogno. Prima, però, è necessario prendersi una pausa. «Sento il bisogno di fermarmi e di mettere davanti al Signore tante omissioni e tanti silenzi. Chiedo che sia Lui a riempire i vuoti e a guarire le ferite che posso aver lasciato con i miei sbagli, i miei silenzi o le mie decisioni. Per il futuro, sento forte l’odore delle pecore, delle periferie e sono disponibile a dare una mano, dove mi verrà chiesto». In questi anni mons. Furian si è immerso nelle preoccupazioni e nelle fatiche della Diocesi. Ma non sono mancati i momenti belli. «Ero felice quando, superando le preoccupazioni, riuscivo a sentire in pienezza l’affetto per i fratelli preti. Oppure quando tornavo da qualche riunione nelle parrocchie constatando la crescente responsabilità dei laici. Confesso che in quelle occasioni mi divertivo a cantare mentre guidavo». Un posto tutto speciale lo hanno le cresime. «Ne avrò celebrate migliaia e mi sono sempre impegnato ad incontrare i ragazzi prima di conferire il sacramento. Era bello vedere che arrivavo da estraneo e ripartivo da amico. Tanto che, ancora oggi, se qualcuno di loro mi incontra per strada si ferma a salutarmi».

L’ultimo pensiero non può che essere rivolto a don Lorenzo Zaupa, che mons. Furian chiama affettuosamente “il cireneo”: «Gli auguro di essere capace di superare le pressioni dei problemi e di fare le cose con gusto, di mettersi volentieri a servizio dei fratelli preti. E che possa sperimentare la collaborazione con il Vescovo e i preti collaboratori come l’ho sperimentata io».



Articolo da La Voce dei Berici di questa settimana