“Possiamo rimetterci in moto”.
Il ministro Flavio Zanonato alla Scuola del Lunedì

Sulla linea dei precedenti, anche il penultimo incontro del 2013 della Scuola del Lunedì per la formazione permanente del clero non ha mancato di offrire un momento di confronto qualitativamente elevato su un aspetto di assoluta attualità. E’ stato, infatti, “Il lavoro, piaga sociale” il tema analizzato dal ministro per lo Sviluppo economico Flavio Zanonato, la mattina del 25 novembre 2013, nel Centro “Arnoldo Onisto” di Vicenza (ascolta la relazione).

Premettendo che la crisi economica attuale va affrontata solo a partire da una sua ricollocazione in un contesto spaziale più ampio, corrispondente all’Europa, Zanonato ha citato in proposito tre percentuali: 7, 25 e 50. E ha spiegato: «Gli europei sono 490 milioni, il 7 per cento della popolazione mondiale; l’Europa produce il 25 per cento della ricchezza mondiale; infine, in Europa è concentrato il 50 per cento della spesa pubblica mondiale destinata all’ambito socioassistenziale».
 
E’ quindi l’esborso economico per mantenere lo Stato Sociale a incidere direttamente sugli elevati costi delle produzioni europee.
 
Di contro, i Paesi in cui l’assistenza sociale è debole o inesistente diventano competitivi poiché non ci sono costi aggiuntivi a gravare sul prezzo dei prodotti.
E laddove l’economia funziona – ha evidenziato il ministro – ci sono ricadute positive per tutta la popolazione, anche se non esiste lo Stato Sociale.
 
Considerando che, oltre alla vendita interna, è l’esportazione a garantire ricchezza, com’è possibile mantenere la nostra elevata qualità di vita se manca una produzione competitiva da immettere nel mercato nazionale e internazionale?

Più che una risposta, Flavio Zanonato ha offerto una serie di constatazioni derivate dai raffronti con la situazione degli altri Paesi europei.
 
Quattro i nodi problematici: in Italia sono più elevati il costo del lavoro, il costo dell’energia (pari al doppio della Francia e a una volta e mezza quello della Germania) e il costo del denaro, con la conseguente maggiore difficoltà di accedere al credito; pure «la burocrazia è più estesa».

Ma vi sono anche tre dati positivi: «Siamo il secondo Paese più industrializzato d’Europa, dopo la Germania; esportiamo più di quanto importiamo; il gettito fiscale supera la spesa pubblica». Buona parte delle nostre tasse, infatti, non serve per far funzionare lo Stato, ma per far fronte al debito elevato. 

Venendo a una delle piaghe sociali di questi anni, ossia la mancanza di lavoro, il ministro per lo Sviluppo economico ha ricordato i numeri di questo vero e proprio dramma: «In Italia abbiamo il 12,5 per cento di disoccupazione complessiva. Attenzione: disoccupato è chi ha perso il lavoro, non chi non ha mai lavorato!». Poi vi sono 4 milioni di cittadini in condizione di disagio lavorativo, cioè lavoratori precari. Infine, abbiamo 2 milioni e 200mila “neet”, ossia giovani che non studiano, non lavorano, né cercano un lavoro.

Che fare di fronte a questa situazione? Flavio Zanonato ha ribadito il dovere di impegnarsi nello sviluppo senza intaccare i valori di giustizia ed equità che appartengono alla nostra tradizione italiana ed europea. Perciò nessun gioco al ribasso per diventare competitivi: «Dobbiamo mirare al fatto che anche negli altri Paesi vi siano diritti sociali come i nostri».

Il ministro si è avviato alla conclusione invitando a tener conto dei punti di forza tipicamente italiani che possono «far ripartire la macchina dell’economia». «L’Italia – ha detto – ha prodotti innovativi e capacità di esportarli». A livello internazionale, poi, vi è grande considerazione per la qualità e la creatività italiane, tanto che «il brand Italia è il secondo al mondo». Il settore agroalimentare è in crescita. Infine, i patrimoni culturale, artistico e ambientale non smettono di alimentare il turismo.
 
Perciò, ribadendo che ci vuole «una diagnosi giusta per una terapia giusta», Zanonato non ha nascosto un certo ottimismo a riguardo di progetti di sviluppo «il più possibile oggettivi» a partire da «una analisi rigorosa della nostra situazione».
 
Luca de Marzi