Scegliere la povertà per non soccombere nella miseria

Cammino di Quaresima attraverso i commenti al Messaggio del Papa

       
Il Messaggio di papa Francesco per la Quaresima 2014 è come un “incendio” che scocca da una scintilla. La scintilla è un versetto della Seconda lettera ai Corinti: Si è fatto povero per arricchirci con la sua povertà (8,9). Per due volte risuona una stessa idea: povero (come scelta di disfarsi di una ricchezza) e povertà (di cui noi siamo arricchiti). Sul “povero” il papa si ferma nella prima parte (la grazia di Cristo) e sulla “povertà” costruisce la parte più abbondante, la seconda (la nostra testimonianza). Che un ricco si faccia povero per noi è un assurdo, è una sfortuna, è una pazzia. È la cosa più folle che possa succedere! C’è invece uno che si è fatto povero (pur essendo ricco). Che la povertà sia un arricchimento, è altrettanto inconcepibile per noi. Come si può diventare ricchi di una povertà?LA PRIMA FIAMMATA

Da questa scintilla parte il fuoco, una prima fiammata che riaccende il mistero della fede. Il papa si ferma brevemente in una prima parte che riguarda il “credo”, la sostanza della fede. Senza questo sguardo i credenti rischiano di chiacchierare sulla povertà, senza il Povero la fede dimentica la povertà. La sostanza della fede vede tutto qui lo stile di Dio: Dio si è svuotato nel grande mistero dell’incarnazione. Si fa piccolo, condivide la sorte (diventa nostro con-sorte), non solo è l’amore ma è anche l’Amante. Questo Dio che ha parlato e parla con l’alfabeto dell’umano, e il papa lo ricorda riproponendo una perla del Vaticano II: ha lavorato, ha pensato, ha agito, ha amato umanamente (Gaudium et spes, 22). Dio in Cristo si è fatto uno di noi. E noi? Perché fatichiamo così tanto a farci umani?Ma non solo lo stile di Dio, la fede legge nel Povero anche uno scopo (del farsi povero), che non è la povertà, ma una misteriosa ricchezza. Cristo si è fatto povero perché noi non cercassimo altra ricchezza che la nostra umanità. Ed è la salvezza che Cristo non fa “cadere” su di noi, dall’alto. È disceso perché la salvezza che lui porta ci venga incontro da un piano orizzontale, dall’orizzonte della vita stessa. Ogni salvezza non cade dall’alto, e ogni gesto salvifico non cade dall’alto. Basta che pensiamo all’elemosina, che a volte facciamo cadere dall’alto. Come la moneta “superflua” che cade dalla nostra abbondanza. La vera carità (quella che salva!) non è mai verticale.Questa prima parte del Messaggio suscita una domanda elementare, ma fondamentale per la fede: cos’è allora la povertà? È il modo di Dio per amarci. È lo stile, è il tocco di Dio, sempre più prezioso di ciò che ci mette in mano. È il suo farsi carne che non è mai carne che si fa da sola. Qui il papa non fa altro che riprendere il mistero di Gesù: il Figlio, colui che si riceve tutto dal Padre, che ha il sangue del Padre, che ha il nome del Padre, che ha il volto del Padre. Non siamo padroni né del nostro sangue, né della nostra radice, né dei lineamenti del volto. È una povertà o è una ricchezza essere figlio? Tutta la nostra mania di grandezza si infrange improvvisamente su una piccola ma grandissima evidenza: io non ci sono per merito mio! Siamo figli… e siamo solo figli. Tanto che Gesù un giorno dirà: non chiamate nessuno padre sulla terra… perché c’è solo un Padre e voi siete tutti figli, e dunque siete tutti fratelli. Nessuno può impossessarsi dell’origine, perché nessuno è stato l’origine di se stesso.Don Matteo Pasinato
teologo,
direttore dell’Ufficio della Pastorale sociale e del lavoro