44 vicentini a Roma per la Giornata dei catechisti: “Gioia e gratitudine per le parole di Papa Francesco”

««Il catechista è cosciente che ha ricevuto un dono, il dono della fede, e lo dà in dono agli altri. E non se ne prende per sé la percentuale: tutto quello che riceve, lo dà!».

Il 27 settembre 2013, incontrando i 1.600 partecipanti al Congresso internazionale sulla Catechesi nell’Aula Paolo VI in Vaticano, Papa Francesco ha ribadito questa verità attraverso l’immagine del battito cardiaco. «Il cuore del catechista – ha detto – vive sempre questo momento di sistole-diastole: unione con Gesù – incontro con l’altro. Se manca uno di questi due movimenti non batte più, non può vivere».

Un concetto poi riproposto con altre parole nell’omelia di domenica mattina, 29 settembre 2013: «Il catechista è colui che custodisce e alimenta la memoria di Dio; la custodisce in sé stesso e la sa risvegliare negli altri».
 
UN PULLMAN ANCHE DA VICENZA
 
Tra le decine di migliaia di fedeli presenti in piazza San Pietro, c’erano anche 44 vicentini, in pellegrinaggio a Roma dal 27 al 29 settembre per partecipare alla Giornata dei catechisti.
 
«Assistere alla celebrazione della Santa Messa presieduta da Papa Francesco a cui hanno partecipato catechisti provenienti da tutto il mondo, “segno tangibile che il cristianesimo è vivo e continua a essere annunciato” come ha detto mons. Rino Fisichella, è stato il momento culminante di una grande emozione», racconta Isabella Marchetto della parrocchia di San Marco in Vicenza. Momento culminante – prosegue – perché «il pellegrinaggio dei catechisti della Diocesi di Vicenza si è snodato da Vescovìo, dove Pietro ha tenuto le prime catechesi, alla visita alla necropoli di San Pietro, dove abbiamo quasi toccato con mano la pietra fondante della nostra Chiesa (che ci ha ricordato quel “tu sei Pietro e su questa pietra fonderò la mia Chiesa”), passando per le Catacombe di Priscilla, in cui abbiamo fatto memoria dei primi martiri».
 
«Le riflessioni del Santo Padre – ricorda Silvana Andreatta di Tezze sul Brenta – ci hanno accompagnato lungo tutto il viaggio di ritorno e lo faranno per molto tempo ancora. Se da un lato Papa Francesco ci ha infuso nuovo entusiasmo per la nostra missione di catechiste, dall’altro non ha mancato di rammentarci che l’evangelizzazione esige coraggio e preparazione. Perciò dobbiamo essere umili e non smettere mai di formarci. Dobbiamo continuamente farlo come cristiani: se, infatti, non viviamo prima noi la fede, come facciamo a trasmetterla ai ragazzi? Dobbiamo avere un animo generoso, disponibile… Solo così essi possono vedere qualcosa di bello in noi: una bellezza che viene da Dio».
 
ESSERE CATECHISTI, NON FARE I CATECHISTI
 
Nei tre giorni romani dedicati ai catechisti, l’importanza della testimonianza è stata più volte evidenziata. Il Papa stesso ha raccomandato: «Essere catechisti, non lavorare da catechisti! Badate bene, non ho detto “fare” i catechisti, ma “esserlo”, perché coinvolge la vita».

Isabella Marchetto si è lasciata provocare da queste parole: «Penso a quando nelle nostre riunioni siamo più preoccupati di ciò che facciamo, piuttosto che di ciò che testimoniamo. Eppure si è catechisti non per mettersi in mostra, né per parlare di sé, ma per parlare di Dio, del suo amore e della sua fedeltà».

«Per questo – prosegue – Papa Francesco ci invita a vedere tutti come fratelli, ci esorta a essere uomini e donne esempi di pazienza e di perseveranza, che sanno affrontare le difficoltà, le prove, gli insuccessi con serenità e speranza nel Signore, ci chiede di essere persone capaci di comprensione e di misericordia».

«Perciò – conclude – quando alla fine della celebrazione in Piazza San Pietro, dopo lungo aspettare e un’alzataccia mattutina per “vedere il Papa da vicino”, notiamo che il Santo Padre si fa portare dalla papamobile incontro ai fedeli assiepati nella parte più lontana, verso Via della Conciliazione, ci diciamo che anche attraverso questo gesto egli ci testimonia che saranno “beati gli ultimi”».
 
LA MIGLIORE EREDITA’
 
I catechisti vicentini sono tornati a casa con il cuore colmo di gioia e di gratitudine. Il Papa li ha chiamati “educatori nella fede”, confermando così tutta la bellezza e l’importanza del loro servizio, perché «la fede è forse la migliore eredità che noi possiamo dare».
 
Luca de Marzi