OMELIA nella celebrazione Eucaristica con il Giubileo degli insegnanti e del personale delle Scuole Cattoliche Cattedrale, 8 marzo 2025

OMELIA nella celebrazione Eucaristica

con il Giubileo degli insegnanti e del personale delle Scuole Cattoliche

Cattedrale, 8 marzo 2025

Letture: Is 58,9-14; Sal 85; Lc 5,27-32

Carissimi insegnanti e personale delle scuole cattoliche, ci siamo riuniti in questa Cattedrale per celebrare l’anno giubilare. Ogni cinquant’anni il popolo di Israele era invitato a ristabilire la giustizia nei confronti delle persone e della terra per ritornare a vivere secondo il progetto di Dio creatore. Egli aveva donato a tutti la libertà e a ciascuno aveva affidato la terra per vivere. Nel corso degli anni qualcuno aveva dovuto vendere il terreno che aveva ricevuto perciò alcuni si erano arricchiti e altri si era impoveriti. Come pure alcuni erano stati ridotti in schiavitù mentre altri erano rimasti liberi.

Il giubileo si doveva celebrare al termine di sette settimane di anni. Il numero sette richiamava la creazione e il giorno nel quale Dio si riposò. Così l’israelita nel giorno di sabato doveva rispettare il riposo. Non solo lui, anche gli animali e pure la terra. Tutti si riposavano come Dio si era riposato il settimo giorno.

Ma il senso del settimo giorno era ritornare a Dio, per riconoscere che la terra è sua e gli uomini sono solo amministratori. Per confessare che l’uomo e la donna sono creature di Dio, uscite dalle sue mani quali esseri liberi di vivere e amare. Nell’anno 50mo, l’anno giubilare il popolo era invitato a ritornare a Dio e contemplando il suo volto rifletterlo anche nel volto dei fratelli e delle sorelle e imparare che la terra va rispettata (anche lei ha bisogno di riposo) e distribuita equamente a tutti essendo sua.

Sembra che l’anno giubilare così come si trova descritto nel libro del Levitico al capitolo 25 non si sia mai realizzato. Avrebbe costituito un terremoto sociale. Ma forse non poteva neppure accadere fino in fondo perché al popolo di Israele mancava il Messia che avrebbe finalmente reso possibile ciò di cui l’uomo realmente necessitava.

Per questo motivo l’evangelista Luca narra che Gesù all’inizio del suo ministero entra nella sinagoga di Nazareth, legge un passo di Isaia che parla dell’anno di grazia del giubileo e lo stesso Gesù afferma: Oggi si è compiuta e continua a compiersi questa parola che voi avete udito. È con Gesù che si è aperto una volta per tutte il giubileo che permette di ritrovare il vero volto dei fratelli e delle sorelle e il dono di abitare una terra che è di tutti.

Qual è la novità offerta da Gesù? Perché solo Lui poteva aprire un giubileo che non si concluderà fino alla fine dei tempi?

La risposta la possiamo intuire dal Vangelo. Ci è stato narrato che Gesù mentre camminava vide un pubblicano, un appaltatore delle imposte che pagava allo stato una certa somma come tassa, che poi esigeva per sé. Si chiamava Levi. Gesù lo invita a seguirlo. Ma questa sequela produce un terremoto nella vita di Levi: lascia tutto e segue Gesù. Un terremoto anche per i farisei e gli scribi del tempo. Levi deve aver scoperto davvero una perla preziosa in quell’incontro con Gesù e offre un banchetto al quale va pure Gesù. Levi non poteva invitare se non i suoi colleghi, altri esattori delle tasse e altra gente. Questo scandalizza i capi del popolo di Israele.

Gesù si immischia con questa gente che tutti sapevano essere approfittatori del prossimo. Condivide il pasto che è momento di comunione. Scribi e farisei hanno in mente un Dio che non si immischia con queste realtà “malate” dell’umanità: i peccatori. Invece Gesù sta proprio con loro, li cerca, li chiama a seguirlo perché non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Gesù è in grado di sradicare il peccato alla radice per offrire all’uomo una condizione nuova di libertà.

In che cosa consiste una tale libertà? Per Levi, ma è un tratto caratteristico del vangelo di Luca, la schiavitù era data dal suo attaccamento alle ricchezze (denaro, beni materiali…). Seguendo Gesù Levi accoglie il suo invito, che è un invito giubilare, disfarsi di questo attaccamento e praticare l’elemosina imparando a volgere lo sguardo e la compassione del cuore verso i poveri. Nella vita di Levi finalmente è ristabilita la giustizia, cioè il disegno originario di Dio. Finalmente “vede” la dignità di ogni uomo soprattutto dei poveri e distribuisce i beni, lui che si era arricchito, perché a tutti sia assicurato il necessario per vivere.

Nella ricchezza dei testi biblici che abbiamo ascoltato c’è ancora un aspetto che desidero sottolineare. Il profeta Isaia invita il suo popolo a non praticare il digiuno quale forma esteriore per acquistarsi la benevolenza di Dio. Il vero digiuno è condividere il pane con l’affamato, accogliere in casa chi non ha un tetto, vestire chi è nudo, non trascurare i tuoi parenti. E nel passo di oggi si aggiunge che il Signore risponderà all’invocazione di aiuto se aprirai il tuo cuore all’affamato, se sazierai l’afflitto di cuore. Bisogna fare attenzione a questo versetto perché letteralmente si dovrebbe tradurre: se tu dai all’affamato la tua anima. Ricorda una nota della Bibbia di Gerusalemme che il termine nepeš che normalmente si traduce con anima, questo termine designa anche “la vita”, “il desiderio”, “l’appetito”, quindi un termine con molte sfumature.

Dare all’affamato la propria, anima, la propria vita, il proprio desiderio, il proprio appetito, significa nutrirlo non di un cibo materiale e neppure di qualche idea. Significa dargli la possibilità di ricevere il gusto di una vita libera da ogni forma di dipendenza e schiavitù. Questo lo posso trasmettere solo con la mia testimonianza, con la gioia di insegnare, con la pazienza di comprendere la vera fame di chi mi viene affidato.

Qui possiamo riconoscere la missione degli insegnanti e degli operatori delle scuole cattoliche che non sono scuole confessionali. Sono scuole nelle quali, per vocazione, ci si prende cura anche della fame dell’anima dei nostri bambini, ragazzi e giovani.

Ed è così che, grazie all’essere discepoli di Gesù, possiamo a nostra volta prolungare la sua missione nel mondo per riconoscere il suo Volto nei volti dei nostri alunni e avvertire la compassione per la fame che si portano dentro, la fame della loro anima. In questo modo alimentiamola speranza nella promessa di una vita buona in ciascuno di loro.

vescovo Giuliano